La Fiat metterà in mobilità 19 dipendenti della fabbrica di Pomigliano. Questa la risposta del Lingotto all’ordinanza della Corte d’Appello di Roma che obbliga l’azienda ad assumere i 19 dipendenti di Fiat Group Automobiles iscritti alla Fiom che hanno presentato ricorso per presunta discriminazione. ”E’ proprio una vergogna, Marchionne non perde occasione per cercare di dividere i lavoratori. Adesso dichiara anche guerra alla magistratura per far pesare sui giudici la situazione che si sta creando”, ha commentato a caldo Mario Di Costanzo, iscritto Fiom che dovrebbe essere assunto entro il 28 novembre.
La casa di Torino “ha da tempo sottolineato che la sua attuale struttura è sovradimensionata rispetto alla domanda del mercato italiano ed europeo da mesi in forte flessione e che, di conseguenza, ha già dovuto fare ricorso alla cassa integrazione per un totale di venti giorni. Altri dieci sono programmati per fine novembre”, ha detto la società di Sergio Marchionne in una nota precisando di essere “consapevole della situazione di forte disagio che si è determinata all’interno dello stabilimento, sfociata in una raccolta di firme con la quale moltissimi lavoratori hanno manifestato la propria comprensibile preoccupazione”.
Il riferimento è alla petizione firmata nei giorni scorsi dall’81% dei i 2.143 lavoratori dello stabilimento, anche se secondo gli stessi organizzatori della raccolta, il documento “non è finalizzato a tenere fuori i colleghi della Fiom”, ma a “non far uscire nessuno degli assunti”. Non l’ha letta così la Fiat che nella nota con cui ha annunciato il provvedimento sottolinea che “l’impegno dell’azienda è quello di individuare la soluzione che consenta di eseguire l’ordinanza creando il minor disagio possibile a tutti quei dipendenti che hanno condiviso il progetto e, con grande entusiasmo e spirito di collaborazione, sono stati protagonisti del lancio della Nuova Panda”.
Lancio che però non ha avuto il successo sperato, tanto che nello stabilimento che avrebbe dovuto essere il modello per Fabbrica Italia, le ore di cassa integrazione si susseguono l’un l’altra da tempo. Ma per il gruppo di Marchionne il punto è un altro. “FIP non può esimersi dall’eseguire quanto disposto dall’ordinanza e, non essendoci spazi per l’inserimento di ulteriori lavoratori, è costretta a predisporre nel rispetto dei tempi tecnici gli strumenti necessari per provvedere alla riduzione di altrettanti lavoratori operanti in azienda. A tale fine oggi è stata avviata una procedura di mobilità per riduzione di personale di 19 unità ai sensi della Legge 223/91”.
Potrebbero però non esserci i requisiti per avere la mobilità per i 19 lavoratori. La legge prevede infatti che per ottenere l’indennità si sia in possesso di almeno 12 mesi di anzianità aziendale di cui almeno sei di effettivo lavoro. E nella newco di Pomigliano, come ha ricordato il segretario nazionale Uilm, Giovanni Sgambati, le prime assunzioni sono state effettuate a novembre 2011.
Requisiti o meno, “si tratta di una procedura chiaramente ritorsiva, chiaramente antisindacale e chiaramente illegittima, perché i motivi addotti nella nota resa pubblica dalla Fiat non giustificano nessun licenziamento, anche in considerazione del fatto che l’Azienda ha firmato un accordo nel quale assumeva l’impegno a riassumere tutti i lavoratori del Gian Battista Vico in Fabbrica Italia Pomigliano”, ha detto Giorgio Airaudo, segretario nazionale della Fiom responsabile del settore auto. “La Fiom”, conclude Airaudo, “respinge con forza ogni licenziamento poiché tutti i lavoratori devono rientrare al lavoro e invita tutti i sindacati a respingere questo ulteriore tentativo di dividere i lavoratori”.
”Siamo di fronte ad un ennesimo inaccettabile ricatto”, hanno fatto eco i segretari generali Cgil di Campania e Napoli, Franco Tavella e Federico Libertino. “Solo ieri la Fiat aveva dichiarato che non avrebbe chiuso nessuno stabilimento. Oggi mette in campo un palese ricatto a danno di tutti i lavoratori, pur di non accettare e delegittimare una sentenza del Tribunale del nostro Paese. Auspichiamo che tale miserevole comportamento venga rispedito al mittente anche dalle altre organizzazioni sindacali”, hanno ricordato. “Questa posizione evidenzia che il gruppo Fiat non ha alcuna intenzione di dare risposta alle centinaia di lavoratori ancora fuori dal ciclo produttivo”.
A fare da sponda all’azienda è stata invece la Cisl. “Da due o tre anni dura un gioco al massacro prodotto dalla Fiom, in combutta con i poteri della finanza, che non perdonano alla Fiat di approvvigionarsi finanziariamente fuori dall’Italia”, ha detto il segretario generale, Raffaele Bonanni. “In Europa il mercato dell’auto si è dimezzato e questo ha avuto ripercussioni fortissime sulla produzione”, ha aggiunto precisando che di fronte a ciò “noi abbiamo fatto il nostro dovere: Pomigliano era chiusa da anni, ora la metà dei dipendenti è tornata lavorare per un prodotto che non si costruiva più in Italia ma in Polonia”. Il sindacalista rivendica anche l’accordo fatto a Grugliasco “per un’azienda che da 6 anni non aveva un’ora di lavoro, e ora siamo lì a costruire la nuova Maserati”. Nonostante questo, afferma, “siamo stati contrastati in tutti i modi”. Per Bonanni, “l’accusa che si è fatta alla Fiat è di non aver mantenuto la parola di raddoppiare la produzione” ma, continua, “il progetto si è dovuto fermare per un restringimento della base di mercato. Chiunque abbia buon senso non poteva che ritenere possibile un riposizionamento”.
Intanto più che su Pomigliano, Fiat sarebbe concentrata sul Kazakhstan. Lo ha reso noto, secondo quanto riporta l’agenzia Interfax, il ministero degli Affari esteri kazako, al termine di un incontro tra l’ambasciatore di Astana in Italia, Andrian Elemesov, e alcuni manager del gruppo secondo i quali dei rappresentanti della casa automobilistica “hanno espresso il loro interesse a costruire un impianto di assemblaggio e a lanciare servizi di post-produzione delle auto Fiat e dei veicoli industriali Iveco” in Kazakhstan.