La riforma pensionistica chiesta dalla Troika è incostituzionale. Così la Corte dei Conti greca sul terzo memorandum, in fase di approvazione dal Parlamento ellenico, che costituisce la spina dorsale delle misure propedeutiche alla concessione della nuova tranche di aiuti da 31 miliardi, per evitare un default ormai nei fatti già avvenuto. E la Borsa ellenica crolla del 6,5% facendo tornare l’incubo dracma.
I magistrati dell’Alta Corte hanno infatti giudicato fuori dal dettato costituzionale il taglio delle pensioni (il quinto dall’inizio della crisi) e l’innalzamento di due anni dell’età pensionabile da 65 a 67 anni, in quanto la misura chiesta dai creditori internazionali si pone in palese contrasto con “l’obbligo costituzionale di rispettare e proteggere la dignità umana nell’osservanza dei principi di uguaglianza e proporzionalità professionale”.
La decisione dei magistrati contabili, vincolante per l’esecutivo, si abbatte come un fulmine nel già terso cielo greco, con la maggioranza del premier Samaras che perde pezzi: se ieri il primo articolo del memorandum era passato nonostante l’astensione di Venizelos e Kouvellis, oggi si registrano due defezioni. Lasciano il Pasok i deputati Kassis e Xenogiannopoulou, tanto che il leader socialista nel corso di un’infuocata assemblea nella sede di Ippokratus arriva a minacciare che chi non voterà il piano sarà fuori dal partito.
Nel frattempo la giornata prosegue con il tracollo della Borsa, che nella capitale ellenica riporta un indice generale preoccupante, con il settore bancario che perde più di tutti (meno 12%), a fronte di un calo complessivo del 6,5% già di per sé imponente. Delle aziende quotate, 117 sono in negativo, 19 in positivo, mentre 14 invariate. Ma a spaventare i cittadini greci, che torneranno in piazza per uno sciopero generale il 6 e il 7 novembre, è la portata del nuovo memorandum sul quale il titolare delle finanze Iannis Stournaras ha già detto che “la Troika non ha fatto alcun passo indietro”, ammettendo che le concessioni sulla pelle dei cittadini sono quindi state avallate solo dal governo greco.
I tagli non ammontano più a 11,5 miliardi di euro fino al 2014, ma sono saliti a 18,8 miliardi con il cuscinetto di un biennio in più: significa che il memorandum, se dovesse essere approvato la prossima settimana dalla Camera, “scadrebbe” nel 2016. Anche se, come molti analisti osservano, non risolve a monte il problema ellenico, dal momento che i 31 miliardi promessi dalla Troika e che dovranno essere avallati dall’Eurogruppo del 12 novembre, saranno sufficienti alle casse dello Stato per soli sei mesi. E comunque dopo quella data si ripresenterà il problema di sempre in Grecia, che costituisce una costante dall’inizio della crisi ad oggi: il denaro. E che fino ad oggi nessuna cura è riuscita a sanare.
Del resto le parole della cancelliera Merkel “nessun paese con un debito all’80-90% del pil può essere indipendente”, non lasciano spazio a interpretazioni. Sullo sfondo le previsioni per il 2013 sono nefaste, con il sesto anno consecutivo di recessione, dati che saranno confermati pressoché intatti nel 2014 come da bilancio presentato ieri in parlamento dal ministro delle Finanze. Gli investimenti pubblici e privati saranno decurtati del 25%, come d’altro canto i servizi basilari alla persona, ovvero meno assistenza sanitaria, meno welfare, via gli ammortizzatori sociali.
Ma ad alzare il barometro della crisi è l’assoluta instabilità politica: “Governo appeso a un filo” titola il popolare quotidiano Kathimerinì, e il perché è presto detto. Andando alla conta finale, e anche senza i voti del Dimar di Kouvellis, il premier Samaras punta ad ottenere il “sì” al pacchetto della Troika con i soli voti di Nea Dimokratia e Pasok, ma il nodo oggi prende il nome di transfughi. Ovvero quei deputati di entrambi gli schieramenti che non sono affatto sicuri di certificare con un voto parlamentare il passaggio di misure che considerano peggiori dell’attuale debito ellenico che ammonta oggi a 369 miliardi di euro e che nessun prestito ponte potrà mai oggettivamente sanare.
Timori confermati anche dai numeri. Secondo una ricerca della Camera di Commercio ellenica l’80% degli intervistati è pessimista sulla soluzione della crisi, il 42% crede che ci sarà il default se non arriverà l’ulteriore prestito di cui si discute in questi giorni, l’86% pensa che la riduzione del costo del lavoro come da memorandum non aiuterà ad aumentare le occasioni occupazionali. Mentre il 78% non è soddisfatto di come i politici greci hanno negoziato le misure con la Troika.
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