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Cina, Terre rare e il mito della ‘green economy’

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Almeno una volta al mese, camminando per strada, vengo avvicinato, con cauta gentilezza, da un volontario di Greenpeace. L’individuo mi mostra una cartelletta spiegandomi che Greenpeace si impegna per molti progetti importanti, tra cui le energie rinnovabili come le fonti eoliche. Quando ho tempo, guardo sorridente il volontario e gli chiedo: “Dimmi cosa è il neodimio? Quanto contano per voi i metodi estrattivi? Dove viene estratto?”. Il gentile volontario mi guarda perplesso, e con umile curiosità mi chiede sempre informazioni. Tempo permettendo passo 10 minuti a spiegargli cosa sia il Neodimio. Oggi ho deciso di fornirvi una semplice chiave di lettura per farvi comprendere cosa vi sia al cuore della ‘green economy’.

Il neodimio fa parte di un gruppo di 17 elementi mediamente radioattivi e tossici chiamati generalmente Terre rare (in inglese Rare Earth Elements abbreviato Ree). Attualmente il 90-95% di questi materiali viene estratto in Cina, principalmente nell’area di Baotou e di Xiangu. Ho di recente scritto un’analisi sull’importanza di questi minerali per tutta la moderna tecnologia, dagli impianti eolici agli apparati bellici avanzati.

Tuttavia oggi voglio concentrarmi sulla strettissima relazione che intercorre tra le Ree e la green economy.

Le Toyota Prius che vedete sfrecciare nelle nostre città hanno un cuore pulsante composto di ferro, neodimio e boro. È un magnete, le cui proprietà fisiche e chimiche lo rendono uno strumento fondamentale per le macchine “ecologiche”. Un magnete identico, di dimensioni maggiori, è al centro di ogni torre eolica che vedete.

Io non sono contro l’economia verde, è un business che offre grandi possibilità per tutti (forse perfino per l’ambiente stesso!), ma suggerisco di riflettere un attimo sugli aspetti geopolitici che circondano questo settore. Attualmente i carburanti fossili per produzione di energia (carbone, gas) sono disponibili in vaste quantità in tutto il mondo. Parliamo di carbone. Siamo soliti considerarlo molto inquinante; tuttavia è stato scelto dalla “Verdissima” Germania come soluzione per produrre elettricità a basso costo per le sue industrie. La Germania ha creato relazioni con la Mongolia, che possiede vasti giacimenti di carbone, al fine di avere rifornimenti stabili per i prossimi 10 anni!

Nulla vieta quindi di esplorare il settore della “economia verde”. Molti “esperti” dovrebbero conoscere l’intera filiera di produzione e comprendere i rischi impliciti nell’affidarsi a tecnologie di cui ignoriamo tutte le ramificazioni.

La Cina, in 20 anni di attività estrattiva, ha costruito un nucleo di conoscenze tecniche ed esperti che, solo con ingenti investimenti, le compagnie non cinesi potranno eguagliare, nel breve periodo.

Le Ree, una volta estratte con costi ambientali non indifferenti, devono essere raffinate con processi così complessi da eguagliare l’alchimia. I siti di raffinazione, come accaduto di recente all’impianto dell’australiana Lynas in Malesia, destano preoccupazione per le potenziali scorie e fumi tossici.

La Cina ha di recente lanciato una piattaforma per il commercio di Ree nel tentativo di mantenere il monopolio su questi minerali.

Con queste premesse, la prossima volta che qualcuno comincia a descrivervi i vantaggi della “green economy”, voi chiedete cosa è il Neodimio, se sa da dove proviene, cosa sono la Baotou Steel o la Xiangu Copper (le maggiori compagnie minerarie cinesi nel settore delle Ree). Se tale “esperto “ vi guarda con aria perplessa, stringetegli la mano e salutatelo. Magari suggeritegli una bella ricerca in Google.

 

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