Antonio Di Pietro va all’attacco. Il leader dell’Idv repliche alle accuse di Report (anche se non cita mai la trasmissione di Rai 3) e sul suo blog presenta le “visure catastali, dalle quali ci si può facilmente rendere conto che i figli non sono affatto proprietari di ’15 case’ ma solo di due appartamentini” comprati con i miei “risparmi” e quelli di mia moglie. Per Di Pietro, infatti, le accuse sul “suo ingente patrimonio” sono “perle di disinformazione” e “scientifica opera di killeraggio politico”. Nei giorni scorsi il presidente dell’Italia dei Valori aveva già replicato alle contestazioni che riguardavano l’uso dei fondi del partito.
Ma il suo messaggio tocca anche le corde della politica, dopo la rivolta di alcuni notabili dell’Idv, tra cui il capogruppo alla Camera Massimo Donadi. Sostiene di “rispondere ad alcune delle molte ‘perle’ di disinformazione diffuse in questi giorni in merito ad un mio presunto e inesistente ‘ingente patrimonio immobiliare’. In verità, più che di disattenta informazione, trattasi di scientifica opera di killeraggio politico, portata avanti da chi vuole, a tutti i costi e da anni oramai, distruggere il mio nome e tentare di bloccare l’azione politica di Italia dei Valori, partito di cui sono stato il fondatore e sono ancora il Presidente”, scrive replicando così apparentemente a chi nel partito gli chiede un passo indietro.
“Per oggi mi limito ad illustrare le proprietà immobiliari che fanno capo ai miei figli Anna ed Antonio Giuseppe (detto Toto). Il resto nei prossimi giorni – scrive – Sui giornali e nelle televisioni sono stati attribuiti ad Anna ben 8 immobili e a Toto 7. Vale a dire 15 case”. Immobili – aggiunge – che, “con artifizi linguistici e raggiri comunicativi, io avrei acquistato per loro con i soldi dei rimborsi elettorali ricevuti dal partito IdV, e anche di questo gli autori dovranno rispondere davanti alle competenti sedi giudiziarie”.
Di Pietro allega le visure catastali dei figli, precisando che per scoprire la verità bisogna andare avanti e non fermarsi alla prima pagina. “Certo, nella prima pagina della visura catastale, si legge che Anna è titolare di 7 fabbricati a Milano e Toto di altri 6 – spiega – Risulta, inoltre, che entrambi siano intestatari di un ulteriore “fabbricato” a Bergamo – prosegue – Ma se si ha l’accortezza di “girare” le pagine successive delle singole visure catastali, ci si può facilmente rendere conto che, in realtà, i miei figli non sono affatto proprietari di “15 case” ma solo di due appartamentini, con annesso unico garage, entrambi siti al quarto piano di un condominio popolare di recente costruzione in zona Bovisa a Milano. Tutte le altre particelle immobiliari, indicate nell’estratto catastale, invece, altro non sono che “aree urbane” dell’intero condominio cedute al Comune di Milano per “servizi pubblici” (marciapiedi, parcheggi pubblici, svincoli e strade di accesso, giardinetti pubblici al servizio di tutta la collettività locale, etc.)”. “Ebbene sì, ai miei figli, Anna e Toto, ho in effetti donato, con atto notarile del 30 giugno 2008, un appartamento con annesso garage a Milano, immobile che in fase di costruzione e al momento del rogito ho fatto frazionare in due porzioni (fisicamente con un muro di cartongesso e catastalmente come da atto notarile) in modo che siano loro un domani a decidere se abitarci in due famiglie, oppure in una sola” continua l’ex magistrato. Tutto pagato, precisa, con “miei proventi personali, frutto del mio lavoro, dei miei risparmi e dei miei investimenti e, soprattutto, dei tanti risarcimento danni che, in tutti questi anni, ho ricevuto da parte di chi è stato condannato dall’Autorità giudiziaria competente per le continue e ripetute diffamazioni e calunnie commesse ai miei danni, al solo scopo di annientarmi professionalmente, dapprima come magistrato e poi come politico”.
Poi gli immobili di Bergamo: “Non si tratta affatto di due appartamenti, ma di uno solo, peraltro cointestato non solo a loro due ma anche alla loro madre avv. Susanna Mazzoleni (cioè mia moglie). E, in effetti, trattasi dell’appartamento che mia moglie si è comprata, a coronamento del suo lavoro trentennale, e che ha voluto, appunto intestare oltre che a se stessa anche ai figli. Io, quindi, con questo acquisto non “c’azzecco” proprio nulla!”.
E ancora. La precisazione sulla frase “sbilenca” pronunciata durante l’intervista a Report: “Mia moglie non è mia moglie”. “Susanna Mazzoleni è sì mia moglie ma va valutata e rispettata per quello che è, per ciò che vale e per il suo mestiere e non per il semplice fatto che sia mia moglie. Susanna è una qualificata docente universitaria ed un’affermata professionista legale che lavora da oltre 30 anni (cioè da prima che io la conoscessi). Ha un proprio avviato studio legale e proviene da una benestante famiglia di professionisti bergamaschi (padre anch’egli avvocato e nonno notaio). Insomma, Susanna Mazzoleni ha di suo e si è fatta da sola: quindi, ben poteva e può permettersi, dopo una vita di lavoro, di comprarsi un appartamento, intestandolo a sè e ai propri figli. Non aveva e non ha certo bisogno di me per attuare i suoi sogni, nè me ne ha mai fatto richiesta”.
Insomma, niente da nascondere. Eppure, scrive Di Pietro, “ci ritroviamo con Anna e Toto che fanno fatica pure a uscire di casa perché si sentono mortificati per le accuse, gli insulti e le umiliazioni che arrivano sulle loro pagine Facebook, come se fossero dei riciclatori di professione di denaro sporco. Anche per difendere il loro onore, non intendo arrendermi né indietreggiare e affronterò quest’altra prova del destino con più determinazione di prima. Lo devo alla mia famiglia ma anche alle migliaia di militanti di Italia dei Valori che hanno dato e stanno dando l’anima per il partito e che sono anche in queste ore intorno ai banchetti di raccolta delle firme per i 4 referendum contro la Casta e a favore dei diritti dei lavoratori”.