Era uno dei pilastri del Movimento 5 Stelle. Una forma di valutazione dal basso delle attività politiche, portata avanti con un confronto faccia faccia con il cittadino: le dimissioni in bianco, due volte all’anno, davanti ad attivisti con la facoltà di licenziare o di rinnovare la fiducia all’eletto. Ora non si potrà più fare. Con un colpo di spugna Beppe Grillo ha proibito ai consiglieri a 5 stelle di rimettere il proprio mandato alle assemblee semestrali.
Una scelta che cambia le carte in tavola nella partita che si sta giocando in Emilia Romagna tra le due fazioni del Movimento, i fedelissimi e gli eretici. Dopo il j’accuse di Federica Salsi davanti all’aula del consiglio comunale di Bologna di ieri, negli uffici del Movimento 5 stelle il clima è gelido e le facce scure. Il pensiero corre già al 14 novembre, data in cui è stata fissata l’assemblea semestrale. E che salvo rinvii, dato che Massimo Bugani punta a farla slittare, dovrebbe essere teatro della resa dei conti interna al Movimento. Massimo Bugani sa che con il gesto di ieri ha allargato la frattura interna tra le due anime e che l’appuntamento non sarà una passeggiata: “Andrò avanti con il mio lavoro, ma se verrà a mancare la fiducia non ho nessun problema a fare un passo indietro”. Ipotesi di dimissioni che ora, però, con le nuove disposizioni arrivate da Grillo, si fanno più remote.
Il 14 novembre ci si aspetta comunque un redde rationem. “Il movimento è chiamato alla prova. Sono prontissimo a farmi da parte”. E se fino a qualche giorno fa le richieste di dimissioni erano arrivate solo per Salsi, ora a rischio ci sono anche i suoi compagni di gruppo, Bugani e Marco Piazza. Tra gli attivisti c’è chi non ha apprezzato il gesto simbolico ma di fortissimo impatto di ieri, quando durante la seduta del consiglio comunale si sono allontanati da solito posto per andarsi a sedere lontano dalla collega. Durante la seduta, lei non ha battuto ciglio, si è alzata e ha letto un lungo discorso d’accusa, snocciolando tutti gli insulti ricevuti dai simpatizzanti di Grillo negli ultimi giorni. Poi è uscita a in Comune e non ci è più tornata.
La giornata di oggi l’ha trascorsa nell’azienda di grafica e cartellonistica del marito, a Granarolo Emilia, in provincia di Bologna, dove lavorava prima di prestarsi alla politica. Raggiunta tra gli uffici e i capannoni dell’azienda familiare, appare serena, disponibile al confronto, ma non vuole vedere giornalisti, e a ogni domanda si trincera dietro un “no comment”. Il colpo di ieri è arrivato, certo, ma non per questo sembra voler ritrattare le questioni tirate fuori in aula, e prima di ieri in un’intervista in cui aveva definito Grillo una persona “maschilista” figlio della “peggiore cultura berlusconiana”.
Anche lei aspetta l’assemblea della prossima settimana, ma senza particolare agitazione, e se chiederanno la sua testa valuterà cosa fare. Del resto anche Grillo con il suo ultimo post è stato chiaro: nessun obbligo, le dimissioni si possono decidere solo dopo aver tastato il parere di tutti gli iscritti. “Il consigliere, il sindaco o il parlamentare – ha scritto sul blog – non ha alcun obbligo di rimettere il mandato periodicamente. Nel caso questo avvenisse deve essere preceduto da un’informazione pubblica e dettagliata del suo operato sul portale del Movimento, con una votazione estesa a tutti gli iscritti del comune e della regione di rifermento, o dell’intero corpo elettorale in caso del Parlamento”. Un intervento che sembra voler blindare sia il ruolo di Bugani sia quello di Salsi, e che di fatto svuota di funzioni decisionali le assemblee e i meet up, organismi da sempre considerati pilastri di quella democrazia diretta promossa dal Movimento.
Da tempo in Comune Salsi e Bugani vivevano da separati in casa. Il clima ora non potrebbe essere più teso: con il gesto di ieri sono venuti a galla contrasti che si trascinavano da mesi e la questione di Ballarò è stata solo la miccia che ha fatto esplodere qualcosa covata nel profondo. Quello appare davanti ora è un bivio: “Se il movimento va in questa direzione di queste dichiarazioni di non democrazia – mette in chiaro Bugani – se continua a prestare il fianco per farsi attaccare da partiti che non hanno nulla di democratico, prenderò atto che in Emilia Romagna sono io il problema e chi la vede come me. Però credo che non si possa andare avanti così”.