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Marmellate multate: “Senza zucchero”, quella scritta che dice il falso

I consumatori, temendo per la linea, comprano molto volentieri gli alimenti cosiddetti "light". Peccato che spesso quello che dicono le pubblicità e le scritte sui prodotti non corrisponda a verità, come nel caso di Zuegg e Hero, aziende sanzionate dall'Antitrust
Marmellate senza zucchero
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Ultima di una lunga serie, la sanzione è arrivata lo scorso luglio anche per due note aziende produttrici di marmellate. Quella scritta che indica la totale assenza di zuccheri è stata giudicata ingannevole, perché induce a un consumo a cuor leggero “tanto non si ingrassa”. Zuegg e Hero sono in buona compagnia: l’Antitrust, che le ha multate rispettivamente con 100mila e 200mila euro, ha passato in rassegna negli ultimi anni diversi nomi del panorama italiano in fatto di industria alimentare. Per esempio, Galbusera e Colussi hanno dovuto pagare complessivamente 300mila euro per aver scritto sulle confezioni dei biscotti che questi riducevano il colesterolo.

Perché si possa apporre la dicitura “Senza zucchero” nel prodotto non ce ne deve essere più dello 0,5%. Le marmellate in questione contengono una quantità di succo concentrato d’uva tale che gli zuccheri totali si aggirano attorno al 33-38%: in pratica nessun guadagno in termini di calorie rispetto a un vasetto di marmellata tradizionale. Siamo così abituati a prodotti light (gli scaffali dei supermercati, dai freschi ai surgelati, dai biscotti alla pasta, ne sono invasi) che non ci interroghiamo più sulla veridicità dei claim pubblicitari. Quanti di noi spendono un minuto del proprio tempo a leggere l’etichetta? Eppure basta pochissimo per accorgersi che la tanto nota frase che giustifica un’immagine che è “solo rappresentativa del prodotto” forse non è messa lì tanto a caso.

E sempre a proposito di scritte, anche il “Diet” esposto sulle confezioni delle marmellate Hero andrà eliminato. La normativa europea permette di utilizzare la dicitura solo per i cibi destinati ad una alimentazione non comune e previo riconoscimento del Ministero della Salute. Ma non ci sono sugli zuccheri a farci temere per la linea: anche sui grassi il consumatore ha bisogno di essere rassicurato. Anche qui la confusione regna sovrana: perché un alimento possa essere definito “low fat”, dice ancora la legge europea, i grassi devono essere inferiori al 3%. Per essere denominato “light” o “reduced fat” deve contenere meno del 30% dei grassi totali o saturi rispetto alla versione originale e più saporita (pensiamo agli yogurt o ai formaggi spalmabili, tanto per fare un esempio). Allo stesso modo – e qui viene il bello – se i grassi sono superiori al 20% del peso, il prodotto dovrebbe essere definito “ad alto tenore di grassi”. Strano, di queste etichette ci sembra di non averne mai viste troppe.

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