Trecentosessantacinque giorni per rimettere in piedi un Paese in crisi posson bastare? Non solo economia per far fronte all’emergenza, ma anche lacrime per i pensionati, studenti sfigati, e precari choosy. Il bilancio dei tecnici è cominciato in trend positivo: non potevano fare peggio del governo che li aveva preceduti. Ma hanno rispettato le attese o deluso i cittadini? Lo abbiamo chiesto a cinque autorevoli commentatori, tutti d’accordo sulla necessità di ridimensionare le altissime aspettative della vigilia.
In cambio di rigore e sacrifici, il governo tecnico non ha saputo dare all’Italia ciò di cui aveva bisogno. “Insoddisfacente” la spending review, “fumo negli occhi” la legge anti-corruzione, “inefficace” la lotta all’evasione, “eccessivo” l’aumento delle tasse, “timide” le liberalizzazioni, “nessuna strategia” per l’offerta né per l’industria, “dimenticati” ambiente e cultura, per non parlare della scuola e dell’università.
Un rendiconto molto misero per un esecutivo che, nella continua ricerca dell’equilibrio di una strana maggioranza, non ha avuto il coraggio di cambiare direzione dopo una stagione politica durata 18 anni. Infatti l’11/11/11 non sarà ricordato solo per l’eccezionale ripetizione numerica, ma anche per l’addio di Silvio Berlusconi. L’ufficialità arrivò il giorno dopo. E domani, cosa ci attende?
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UN ANNO FA eravamo in piena emergenza, l’Italia era sul punto di una grave crisi finanziaria. Il governo Monti ha avuto il merito di rassicurare i mercati con manovre finanziarie molto robuste, con impegni chiari sul pareggio di bilancio e con alcune riforme. La riforma delle pensioni ha definitivamente risolto il problema degli equilibri previdenziali. Il giudizio è positivo anche sulla recente riduzione del numero di province. Ma molti sono i dubbi sull’azione di governo nel suo insieme: il risanamento è stato realizzato con un eccessivo aumento delle tasse e questo ha avuto un profondo effetto recessivo. La riforma del mercato del lavoro è stata gestita malissimo e il risultato è deludente. Scarsa la lotta all’evasione e assente quelle ai costi eccessivi della politica. Liberalizzazioni timide sulle professioni ma nessun coraggio sui monopoli delle reti. Poca attenzione per l’industria e in generale nessuna strategia per l’offerta. Poca attenzione per la giustizia sociale. Zero su scuola e università. È ora di tornare alla politica.
PARTITA de caballo llegada de burro. Così dicono gli spagnoli. L’inizio fu folgorante: “Vi comunico che, per mia scelta personale, non riceverò alcun stipendio per la mia funzione di presidente del Consiglio”. E poi l’Italia, di nuovo e dopo tanto tempo, accolta nel consesso internazionale. Lo stesso Monti, serenamente autorevole, che ricorda a Sarkozy e a Merkel che, sì, l’Italia farà i compiti a casa ma proprio lui, qualche tempo prima, aveva avviato, come Commissario europeo, una procedura di infrazione contro la Germania per le stesse colpe che i due rimproveravano all’Italia. E ancora il salvataggio dalla bancarotta; con lacrime e sangue, certo; ma cosa ci si poteva aspettare dopo 30 anni di clientelismo e corruzione? Poi e arrivata la spending review: 30 province appena e le altre ancora lì a sprecare soldi e assicurare clienti alla politica; e 30 tribunali su più di 100 che avrebbero dovuto esser soppressi. Un incidente di percorso? Ma no, è arrivata la nuova legge sulla corruzione. Fumo negli occhi: reati finti, prescrizione garantita, niente falso in bilancio e auto riciclaggio. Giudizio complessivo? A coda di topo (che comincia grossa e finisce fina fina).
da Il Fatto Quotidiano dell’11 novembre 2012