Dopo il dodecalogo del perfetto pentastelluto (copyright Vauro) pubblicato sul suo blog, ci permettiamo un decalogo di consigli non richiesti a Beppe Grillo.
S come sorridere. Quando nessuno lo prendeva sul serio, Grillo faceva benissimo a prendersi sul serio. Ora che tutti lo prendono sul serio, dovrebbe tornare a ridere o almeno sorridere, anche di sé. I musi lunghi e i denti digrignati li lasci ai politici, che del resto ne hanno ben donde.
F come forza. Come insegna il celebre slogan di Mitterrand, “Una forza tranquilla”, non c’è forza senza tranquillità. La forza di Grillo è troppo aggressiva, dunque ansiogena e poco rassicurante. Anche per i suoi giovani candidati ed eletti, che spesso appaiono terrorizzati dagli anatemi del Capo. Un abbraccio pubblico a Favia o alla Salsi, con annessa spiegazione delle critiche ai loro comportamenti, gioverebbe.
I come insulti. Molti di quelli che Grillo riserva alla casta politica e ai suoi trombettieri a mezzo stampa e tv sono sacrosanti. Ma ora la casta è morente e anche i suoi turiferari iscritti all’Albo si sentono poco bene: il dispetto più feroce, d’ora in poi, è ignorarli.
G come giornalisti. Attaccare quelli che ti criticano è un malvezzo dei politici peggiori, infatti càpita quasi soltanto in Italia. Molto meglio confutare le critiche nel merito.
T come televisione. Tutti i massmediologi concordano: il grillino nei talk show dei politicanti è come il cane in chiesa. Fuori posto. Secondo la massima di Arthur Bloch: “Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza”. Però vietare sempre e comunque a candidati ed eletti di andare in tv è un errore da matita blu: la libera stampa, quando è libera e rappresenta i cittadini, ha diritto di fare domande e obiezioni, e il candidato e l’eletto hanno il dovere di rispondere.
R come rete. Il web è un canale fondamentale per trasmettere i messaggi, anche perché interattivo. Ma molti italiani, per età, formazione, provenienza geografica, il computer non ce l’hanno e/o Internet non lo frequentano. Leggono i giornali, ascoltano la radio, guardano la tv. E votano come i giovani internettari. Chi si candida al Parlamento non può ignorarli né tagliarli fuori, anche perché sono il grosso degli astenuti.
P come programma. Non è vero che M5S non ce l’ha, basta cliccare sul blog alla voce “Programma”. Ma è ancora uno scarno elenco di buone intenzioni, senza spiegazioni sul “come” e sul “con quali soldi”. E mancano voci decisive come la lotta alla criminalità economica, prima causa della crescita zero dell’Italia; lotta alla criminalità organizzata, seconda causa; riforma della giustizia per farla funzionare a costo zero, anzi guadagnandoci. Tanti magistrati e giuristi potrebbero dare consigli interessanti per rimpolpare il programma.
E come euro. Invocare un “referendum sull’euro” è dire tutto e niente: come si vive con l’euro lo sappiamo, come si vivrebbe tornando alla lira (sempre che sia possibile) non lo sa nessuno. I salti nel buio sono controproducenti, perché spaventano gli elettori. Urge spiegazione, possibilmente convincente.
C come candidati. Inevitabile mettere in lista i pentastelluti iscritti fino a un anno fa, per evitare l’assalto last minute di opportunisti e riciclati. Ma il bello dei ragazzi di M5S, la giovane età e l’inesperienza, è un vantaggio in Parlamento, mentre al governo è un handicap. Lì ci vuole gente esperta e competente: indicare al più presto i nomi di chi, in caso di vittoria elettorale, sarebbero il premier e i ministri.
R come riccioli. Potare quelli del guru Gianroberto Casaleggio: perderebbe subito tutto il suo luciferino alone di mistero.
Il Fatto Quotidiano, 11 Novembre 2012