Tornano le manette per i giornalisti che diffamano. L’aula di Palazzo Madama ha approvato con voto segreto l’emendamento della Lega che prevede il carcere fino a un anno per chi diffama a mezzo stampa con l’attribuzione di un fatto preciso, cioè “il caso più grave”, precisa il leghista Sandro Mazzatorta, firmatario della norma. L’emendamento della Lega è passato con 131 sì nonostante il parere negativo del governo. Sono stati invece 94 i no e 20 gli astenuti. “Questa norma passa con un voto anonimo – commenta il responsabile Giustizia dell’Idv Luigi Li Gotti – voi della Lega avete ottenuto un grande risultato politico”, aggiunge. Li Gotti ha detto sì alla richiesta di Luigi Zanda (Pd) di sospendere i lavori per capire come procedere ora sul ddl. Richiesta condivisa anche dal capogruppo dell’Udc Giampiero D’Alia.
Ma la replica della Lega alle critiche è tutto tranne che un pentimento: “Sul decreto sulla diffamazione a mezzo stampa, il cosiddetto decreto ‘salva Sallusti’, l’Aula del Senato, finalmente con uno spunto d’orgoglio, vota con ampia maggioranza un emendamento della Lega che reintroduce la galera per i diffamatori abituali, contro il parere di relatore e governo”. Così il senatore della Lega Fabio Rizzi che ha aggiunto: “E’ il primo atto di responsabilità di un Parlamento finora prostrato ai voleri di questo governo golpista, che deve prenderne atto ed autosospendersi, per il bene della nazione, andare a casa e smetterla di fare danni”.
Nello specifico, l’emendamento approvato prevede la reclusione fino a un anno in alternativa a multe da 5mila a 50mila euro, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa. La proposta modifica la legge sulla stampa in vigore dal ’48 che a oggi, per la diffamazione a mezzo stampa commessa con l’attribuzione di un fatto determinato, prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e una multa. Nel testo del Carroccio si legge: “All’articolo 1, comma 1, lettera e) dopo le parole ‘si appplica la pena’ inserire le seguenti parole ‘della reclusione fino ad un anno o'”.
Ad appoggiare la richiesta di voto segreto erano stati, nel pomeriggio, 55 senatori (ne basterebbero 20) su iniziativa del gruppo della Lega Nord. Di qui una sospensione dei lavori per verificare la ammissibilità della richiesta e poi il voto che ha reintrodotto il carcere. Resta da capire, a questo punto, cosa ne sarà della legge nel suo complesso. Del resto, l’iniziativa di mettere mano alla legge sulla diffamazione era nata proprio per eliminare l’ipotesi di reclusione, dopo la condanna a 14 mesi inflitta al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti,arrivata a fine settembre. E appare evidente, al momento, che l’accordo politico tra i capigruppo, che aveva riportato il testo in aula dopo l’ennesimo sì di massima in commissione è del tutto naufragato. Per sciogliere i nodi, il presidente del Senato, Renato Schifani, ha convocato la Conferenza dei capigruppo per domani alle 12. L’aula del Senato ha dunque sospeso l’esame del ddl. Ma non sembrano esserci molte prospettive, se anche il relatore del testo, il Pdl Berselli arriva a dire che la legge è su un binario morto. “In modo assolutamente trasversale – ha detto – sono esplose tensioni che si erano manifestate nelle precedenti convocazioni dell’assemblea. Al di fuori di qualsiasi regia”. Altrettanto chiara la reazione della capogruppo al Senato del Pd, Anna Finocchiaro: “Avevamo lavorato – conclude – alla ricerca di un equilibrio che viene completamente stravolto dalla reintroduzione del carcere per i giornalisti. A questo punto si impone che il provvedimento venga ritirato”.
Gli altri emendamenti – Fino alla sospensione di questa sera, in effetti, il Senato aveva continuato a lavorare al testo, apparentemente senza intoppi. Approvato in Aula con il parere favorevole del relatore, ad esempio, l’emendamento a firma del Democratico Vincenzo Vita con il quale si chiudeva all’ipotesi delle “rettifiche fiume” temute dalla stampa. Con l’emendamento si stabilisce infatti che, in caso di diffamazione, la rettifica debba essere pubblicata con riferimento alla notizia cui si riferisce con lo stesso rilievo e nella medesima collocazione, purché contenuta nel limite delle “trenta righe”.
Le reazioni – “Mi sento meno solo. Con la legge approvata dal Senato a San Vittore finiremo in tanti”. Così il direttore del ‘Giornale’, Alessandro Sallusti, ha commentato su Twitter. Mentre parla di pagina nera della democrazia l’Fnsi: “I malpancisti forcaioli, dietro il muretto a secco del voto segreto chiesto da Lega e Api, hanno scritto una pagina vergognosa votando per la reintroduzione del carcere per i giornalisti, che veniva cancellato da una proposta di riforma dell’attuale normativa. La legge in discussione sulla modifica delle norme per i reati a mezzo stampa, a questo punto, non ha più alcun senso: è peggiorativa rispetto alla precedente ed è in totale contrasto con la giurisprudenza europea”.