In attesa dei nuovi aiuti di Stato per quasi 2 miliardi di euro, il Monte dei Paschi di Siena continua a perdere una montagna di soldi, tanto che il saldo del rosso al 30 settembre 2012 è di 1,665 miliardi di euro. Un risultato che si confronta con l’utile di 303,5 milioni registrato nello stesso periodo del 2011 e il rosso di 1,61 miliardi di metà anno e sul quale pesano svalutazioni per complessivi 1,574 miliardi, inclusa la svalutazione integrale, per 15,2 milioni netti, del valore del marchio Banca Antonveneta.
Quello, cioè, dell’istituto veneto che la gestione di Giuseppe Mussari, oggi presidente dell’Abi, la Confindustria dei banchieri, comprò nel 2007 a un prezzo talmente alto da affondare la banca senese e la fondazione Mps suo principale azionista. Al punto che la magistratura nei mesi scorsi ha aperto un’inchiesta che recentemente ha coinvolto lo stesso Mussari, mentre la fila di banchieri e politici coinvolti nell’operazione e sottoposti agli interrogatori degli inquirenti si allunga ogni giorno che passa.
La banca nei nove mesi paga anche i prestiti a clienti non affidabili, dato che nel periodo le rettifiche di valore per deterioramento di crediti si sono attestate a circa 1,3 miliardi, (+56% sul 30 settembre 2011). Nel dettaglio, a fine settembre i crediti alla clientela del Monte dei Paschi ammontavano a circa 145 miliardi, stabili sui livelli del primo semestre. Di questi i crediti deteriorati sono circa 17 miliardi (il 12% circa). Nel trimestre si è registrato un incremento dei crediti dubbi per 1,4 miliardi soprattutto a causa dell’aumento degli incagli (+781 milioni).
In occasione dell’approvazione dei conti, il cda della banca, che ieri ha deliberato la fusione di Antonveneta in Banca Mps, ha confermato la chiusura di 100 filiali entro la fine dell’anno e l’uscita di 70 dirigenti sui cento complessivi previsti sempre entro fine 2012. La banca “del” Pd intende inoltre completare entro il 2013 (in anticipo di due anni) la chiusura di tutte le 400 filiali previste dal piano industriale. E questo nonostante le trattative con i sindacati si siano arenate da tempo su un binario morto.
Sullo sfondo, la vera questione che scotta, quella dei nuovi aiuti di Stato per 1,9 miliardi di euro, che di fatto porteranno il Tesoro a rientrare nell’azionariato della banca, in quanto è già chiaro che l’istituto non sarà in grado di far fronte agli interessi da pagare. Secondo il direttore finanziario Bernardo Mingrone, i cosiddetti Monti bond verranno emessi dal Monte dei Paschi “entro le prossime sei settimane”, ossia entro la fine dell’anno. Sulle condizioni dell’emissione che verrà sottoscritta dal Tesoro per 3,4 miliardi – somma che comprende i precedenti Tremonti Bond per 1,9 miliardi già emessi che verranno così sostituiti – Siena è ufficialmente ancora all’oscuro: “E’ oggetto di confronto tra il ministero dell’Economia e la Commissione Europea“, ha detto Mingrone. L’operazione è infatti da mesi sul tavolo della Commissione che sta vagliando la regolarità degli aiuti.
“Entro il 31 dicembre andrà emesso il nuovo strumento finanziario che verrà sottoscritto dal ministero dell’Economia. Ovviamente siamo in dialogo costante sia con l’autorità di vigilanza che con il Mef per gli ultimi punti da strutturare per l’operazione che comunque è ancora in discussione tra il Mef e la Commissione Ue”, ha detto Mingrone in riferimento agli aiuti che oltre a ristrutturare il precedente debito con lo Stato, serviranno a colmare il deficit di capitale residuo rispetto a quello individuato a fine giugno dall’autorità bancaria europea, l’Eba che Mps non è riuscita a coprire con i propri mezzi.
“Il decreto legge – che ha autorizzato l’aiuto di Stato per Montepaschi – non specifica il coupon (il tasso d’interesse, ndr) e questo è oggetto di negoziazione con il Mef”, ha aggiunto il direttore finanziario spiegando che la banca ha come riferimento sia il tasso d’interesse pagato sui Tremonti bond, sia quello che è stato richiesto per “altre operazioni analoghe di ricapitalizzazione da parte degli Stati a cui ci possiamo riferire”. Per questa ragione Mps, ha spiegato Mingrone, sarebbe molto sorpresa se dovesse “pagare un coupon particolarmente diverso da quello visto in recenti operazioni simili”.
Ma soprattutto resta una divergenza di valutazione tra quanto previsto nel decreto e quanto vuole la Commissione Ue per l’eventualità appunto che la banca debba emettere nuove azioni per pagare la cedola, se non avrà, come sembra salvo miracoli, utili a sufficienza per versare la somma. In merito al valore da attribuire alle azioni, infatti, “il decreto si riferisce al patrimonio netto e questo è il principale punto di negoziazione tra il Mef e l’Unione europea. E’ nota la posizione della Commissione europea che prevede che queste operazioni vengano fatte al valore di mercato“.
Un tema piuttosto delicato, quest’ultimo, visto che dopo il crollo di oggi (-5,14% a 0,2 euro) il titolo di Banca Monte dei Paschi di Siena in soli otto mesi ha bruciato oltre il 50% del suo valore che è ben al di sotto di quello di libro, circa 1 euro, al quale verrebbero di fatto acquistate le azioni se la Commissione europea decidesse di fare un’eccezione accettando la valutazione proposta dal Tesoro nel decreto che ha varato i Monti bond. In pratica, quindi, se passasse la linea Monti-Grilli, in cambio degli aiuti lo Stato diventerebbe azionista della banca strapagando le azioni. Per di più avendo in cambio una quota inferiore.