Dopo quello al Viminale, ecco il corvo del Miur. Un documento inviato al Fatto Quotidiano mette in subbuglio molti dirigenti del ministero guidato da Francesco Profumo. L’anonimo, probabilmente un funzionario di ruolo, in un centinaio di pagine molto circostanziate racconta il “sistema” che avrebbe infettato da tempo uno dei centri di spesa principali del governo: la Direzione Generale della Ricerca, responsabile dell’erogazione di 6,2 miliardi di contributi comunitari a fondo perduto, 3 miliardi di budget statale e un miliardo l’anno di fondi ordinari per gli enti di ricerca. Una montagna di soldi, anche per il sud, in parte già finiti al centro di alcune inchieste per truffa, dal dissesto dell’Idi romana al Gruppo Silva che dirottava al nord i fondi europei per il meridione.
Truffe, favori e consulenze
Stando al dossier anonimo quelle vicende sarebbero soltanto la punta dell’iceberg. Nelle carte, infatti, il corvo indica decine di altre aziende che avrebbero beneficiato di finanziamenti pur non avendo requisiti . Un sistema messo in piedi da una vera e propria “cricca” che, ai piani alti del Miur, avrebbe offerto una sponda sistematica alle truffe. Una storia tutta da raccontare, ma che è speculare a quella che – solo due settimane fa – ha sconvolto il ministero dell’Interno, portando alle dimissioni del numero due della Polizia, Nicola Izzo, “autorità di gestione” dei fondi comunitari per “Sicurezza e sviluppo”. In quel caso si trattava di appalti per l’acquisto di impianti tecnologici, nel caso del Miur il fronte è invece quello della Ricerca e dello sviluppo (Pon) e la posta in gioco sarebbe molto più alta: diverse centinaia di milioni di euro. L’anonimo fa nomi e cognomi di funzionari e collaboratori infedeli, consulenti rapaci, riferisce di tangenti (certo, tutte da dimostrare), scambi di favore, appalti pilotati, assunzioni e consulenze. Tutto per aumentare il valore intrinseco dei progetti e renderli “priori-tari” su altri o per bypassare il filtro dell’affidabilità economico-finanziaria delle società proponenti, riammettendo gli stessi progetti bocciati dagli esperti indipendenti incaricati dal ministero. “Compagini di progetti che vinceranno sono organizzate dall’interno, prima ancora dell’avvio dei bandi”, si legge. Pratiche rese possibili da una sistematica forzatura delle norme e dei ruoli nelle strutture deputate alla validazione dei progetti e al successivo controllo, in cambio di utilità diverse, dal semplice fare carriera all’ottenere danaro o consulenze dalle stesse imprese. Ricorrono parentele, amicizie, legami tra professionisti e consulenti in palese conflitto d’interessi, spesso cementati dalle stesse origini calabresi. Spuntano anche i nomi dei più stretti collaboratori dei ministri Gelmini e Profumo, si indicano società in quota a partiti e singoli politici, sulle quali sarebbe caduta una pioggia di quattrini grazie a meccanismi oliati di corruzione e scambio. Qualcosa era emerso un anno fa, con il giallo delle assegnazioni-lampo del ministro Gelmini a pochi giornidallacadutadelgovernoBerlusconi (che sarà oggetto della prossima puntata di Report).
Macroscopico poi il caso Sicilia, dove 600 milioni di euro sono stati bloccati dalla Ue, proprio per il sospetto di assegnazioni irregolari e carenza di controlli interni sulle procedure di spesa. Tutte vicende che hanno messo via via in allarme il Parlamento che, più volte, ha sollevato dubbi e sospetti. Negli ultimi tre anni deputati e senatori hanno depositato ben nove interrogazioni parlamentari ma nessuna, a oggi, ha trovato risposta da parte del governo passato e di quello in carica. Un muro impenetrabile. Le risposte potrebbero arrivare allora proprio da quelle carte inviate al Fatto Quotidiano che stanno destando l’interesse della magistratura.
Non solo l’affaire dell’Idi
La notizia del “corvo” arriva come una doccia fredda al ministero, che però non esclude che le segnalazioni abbiano fondamento: “Abbiamo avuto problemi con alcuni casi specifici come l’Idi – spiega il direttore generale Emanuele Fidora, interpellato ieri – ma sono qui da marzo e non ho avuto sentore di altre anomalie. La denuncia anonima va presa con le pinze, ma la casistica che riporta sembra così circostanziata da far temere che qualcosa di vero ci sia”. Ma a che livello? “Può capitare, in effetti, che tra gli esperti nominati dal Miur e le società proponenti emergano difficoltà interpretative su bilanci e validità dei progetti. Capita anche che per un parere negativo della banca venga chiesta la revisione del giudizio. Ma sarebbe gravissimo se riscontrassimo che soggetti scartati in fase di preselezione, in sede scientifica o economica, siano stati poi riammessi contro il parere degli esperti. Siamo pronti a valutare quelle segnalazioni caso per caso”. Soprattutto se l’approvazione dei progetti è avvenuta in cambio di altre “utilità”.
Il lavoro delle procure
Il dossier ha subito sollevato l’interesse dei magistrati che stanno indagando sulle truffe con i fondi europei in diverse regioni d’Italia. Soprattutto se consentisse di spostare la latitudine delle indagini in corso, dai soggetti esterni che hanno beneficiato dei finanziamenti illegittimi alle strutture amministrative preposte all’erogazione e al controllo. La Procura monregalese che ha in mano l’inchiesta sul gruppo Silva, ad esempio, sta disponendo proprio in questi giorni il rinvio a giudizio di alcune persone coinvolte a diverso titolo: se risultasse che il Miur non è solo parte lesa, ma soggetto attivo nella commissione dei reati, per alcuni indagati potrebbe scattare il reato associativo e non solo la truffa aggravata. Anche gli inquirenti di Roma e la Guardia di finanza di Catanzaro sono in allerta: “Indagando su imprese beneficiarie e consulenti esterni incaricati dal ministero – spiegano fonti investigative – abbiamo accertato un primo e secondo livello, ma appurare l’esistenza di un terzo livello, all’interno degli stessi ministeri competenti, è difficilissimo. Abbiamo ricevuto segnalazioni di soggetti che a Roma prenderebbero percentuali sulle pratiche andate a buon fine, ma nessuno finora ha avuto il coraggio di dichiararlo in atti o fornire nomi su cui indagare. Forse quelle carte potrebbero fornire i primi indizi utili per accertare complicità ai piani più alti”.
da Il Fatto Quotidiano del 17 novembre 2012