Hanno i parenti di San Marino. Un padre, una madre, o un nonno, poco importa. Ma grazie a questo legame hanno diritto di andare a votare nella repubblica del Titano. Arrivano da Francia, Stati Uniti e Sud America, e riempiono pullman e taxi. Che cosa sanno della politica locale? Poco. Nella maggior parte dei casi nulla. Semplicemente accettano di accollarsi il viaggio perché vitto e alloggio sono a spese dei partiti. Basta fare una crocetta sul simbolo giusto e un giretto gratis nella bella Italia non te lo nega nessuno. È la grande polemica delle elezioni di San Marino, nel piccolo stato, dove su 30 mila abitanti, circa 15 mila sono residenti all’estero. Una fetta consistente in tempo di elezioni.
Basta sedersi in un’osteria del centro per incontrare un gruppo arrivato dagli Stati Uniti. “È gente che viene qui solo per votare – racconta una signora di origini americane, che sembra conoscerli bene – e hanno i viaggi pagati. Vengono a votare, ma non capiscono niente, queste sono le persone che rovinano il paese”. Nel giro di pochi minuti gli stranieri vengono raggiunti da un politico locale che dice: “No mistakes”. Non fate errori. E lo ripete due volte, raccomandandosi di fare attenzione durante il voto. Cosa abbiano deciso in cabina elettorale non lo possiamo sapere, così come non possiamo sapere se la pressione ha avuto il suo effetto. Se dietro c’è un reato, questo sarà la magistratura a stabilirlo.
Nel corso della giornata nel parcheggio dei pullman è un continuo andare e venire Nel giro di mezz’ora, scendono almeno 50 francesi. Non sanno una parola di italiano e rispondono tagliando corto: “Siamo qui per votare”. Vengono da Parigi, Grenoble e altre parti della Francia. Fino alla confessione ottenuta dopo numerose domande: “Sentite, – dice uno dei passeggeri, – io non sono di qui, sono venuto per votare. Non so niente. Non voglio dire il nome del politico, diciamo che c’è più di un partito dietro l’organizzazione dei viaggi”. Ma non è il solo ad ammettere il lato nascosto della situazione. Nella sede di uno dei principali partiti locali non hanno dubbi: “È il Nuovo Partito Socialista a occuparsi dei viaggi. Noi non abbiamo soldi, ma loro probabilmente hanno pagato anche l’alloggio”.
Chiedendo dettagli direttamente ai Socialisti, si viene spediti da Paride Andreoli. 56 anni, copresidente del Nuovo partito socialista di San Marino e storico politico locale: “Questa cosa la può sapere solo lui”, dice uno dei suoi collaboratori. Nel suo ufficio, alla domanda se esistono pullman organizzati dalla Francia, il presidente socialista risponde “Sì, ci risultano. Come si chiamano i suoi parenti di cognome? Io li conosco tutti perché sono stato a Grenoble da segretario”. Ma quando ci si presenta come giornalisti nega e smentisce ogni dichiarazione: “Sono illazioni che sono in giro da anni. Il partito socialista ha fatto una grande campagna e i viaggi organizzati non hanno niente a che fare con noi”.
Se a San Marino la politica sembra ferma alla prima repubblica, con i principali partiti politici (Democrazia Cristiana e Partito Socialdemocratici) coalizzati insieme, anche le pratiche sono quelle di altri tempi. A scuotere il Titano a fine settembre, una tangentopoli locale che ha dimostrato gli stretti legami tra mafia e politica locale e la candidatura alle elezioni di numerosi movimenti civici. Per questo, si pensava, il voto quest’anno sarebbe stato sorvegliato speciale, con l’Osce, Organization for security and co-operation in Europe, in città per verificare che tutto si svolgesse per il meglio. La realtà si rivelerà altra cosa. Vince le elezioni San Marino Bene Comune (Socialdemocratici, Democrazia Cristiana e Alleanza Popolare) con il 50,7% dei voti; seconda la lista “Insieme per il paese” che, composta da partito socialista, Unione per la Repubblica e Moderati Sanmarinesi, ottiene il 22,8%; buono il risultato di “Cittadinanza Attiva” con Sinistra Unità e Civico10 (16,8%) e il movimento coalizzato Rete (6,8%). 21 000 i votanti e poco più di 1900 gli elettori provenienti dall’estero.
Alcuni dei quali avrebbero potuto votare sotto pressione. “Da parte nostra non c’è la volontà di criminalizzare il voto estero – racconta uno dei candidati del movimento Rete Roberto Ciavatta, – magari venissero tutti e magari potessero votare anche per posta elettronica. L’impressione però è che le comunità più numerose siano contattate da politici uscenti e venga loro organizzato un viaggio in cambio di un voto. Ci sono diverse comunità di sanmarinesi in Sud America, in America e in Francia. Spesso e volentieri sono famiglie povere, si fanno un paio di settimane e per loro è positivo”. Una vacanza per poter ricattare un voto, raccontano i militanti. “Sono impressioni, i dati sono pochi e quando li abbiamo avuti li abbiamo denunciati. Nel 2006 abbiamo documentato la cosa, e io e Gian Nicola Berti abbiamo fatto una denuncia contro un esponente di spicco della Democrazia Cristiana, ma queste denunce sono rimaste lettera morta. C’è stata una svalutazione della vendita del voto, anche qui da noi”. Denunce che non trovano mai un seguito e si perdono, dove la parte più difficile è avere voglia di cambiare uno status ormai consolidato da cui tutti, prima o poi possono trarre vantaggio. “A San Marino, – conclude Gian Matteo Zeppa di Rete, – ci vuole davvero coraggio per andare dentro la cabina elettorale e dare un voto diverso”.