Appare sullo sfondo delle primarie come il convitato di pietra del Don Giovanni. Rischia di essere il secondo argomento di discussione dopo quello sulle regole. Pierferdinando Casini ancora una volta sembra avere il ruolo del jolly. Le canta a tutti (a destra e a sinistra), vuole, vuole sempre e fortissimamente vuole solo il Monti bis e lo ripete come il rosario. Critica tutti gli altri eppure, con i partiti che precipitano sul traguardo delle politiche di primavera, proprio per tutti gli altri resta sempre nella lista delle cose da fare: “Allearsi con Casini”.
Lo vorrebbero molti tra i moderati del Pdl che sognano un partito in formato Ppe all’italiana che almeno avrebbe l’effetto di risolvere la tempesta perfetta che contraddistingue il centrodestra da qualche tempo a questa parte. Ma il nome del leader dell’Udc continua a rimbalzare in tutti i dibattiti delle primarie del centrosinistra: al confronto tra i “Fantastici 5” su Sky, ma di nuovo ieri sera nel duello tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. E tutto ciò ha effetti, per giunta, inimmaginabili. L’unico infatti che, nel centrosinistra, continua a riproporre l’ipotesi di un “dialogo” con l’Udc è proprio l’ex comunista, Bersani appunto.
A petto di una riproposizione di un “compromesso storico” trentacinque anni dopo, a nessun altro viene in mente di governare con Casini. Non lo vuole Vendola, e questo si sapeva, perché comunista lo è rimasto fino a pochi anni fa. Ma non lo vuole neppure il candidato che sembrerebbe più vicino alle posizioni “moderate” dell’Unione di Centro. Cioè Renzi.
Per spiegare le posizioni di Bersani e di Renzi basta tornare al confronto di ieri sera su Rai Uno tra i due candidati arrivati al ballottaggio delle primarie di coalizione. Renzi vuole (e crede) in un Pd che sia autosufficiente: e l’autosufficienza, sperabilmente (dal punto di vista del sindaco di Firenze), potrebbe valere anche nei confronti di Sinistra Ecologia e Libertà, volendo. Bersani ha avuto buon gioco a ricordare, a quel punto, che la pretesa autosufficienza del Pd ha portato il partito al crash test delle elezioni del 2008 quando Walter Veltroni guidò la forza politica del “ma anche” all’incredibile sconfitta con un distacco così negativo da apparire inedito, peraltro scegliendo come alleati due forze politiche (i Radicali inseriti nelle liste democratiche, l’Italia dei Valori che si presentò autonomamente) con le quali il gruppo parlamentare del Pd non ha certo avuto un rapporto idilliaco in questi 5 anni di legislatura.
Per contro la replica di Renzi è stata facile perché sotto gli occhi della storia politica recente: i “carrozzoni” (l’Ulivo con Rifondazione e poi l’Unione) hanno portato alla caduta di entrambi i governi guidati da Prodi. Nel primo caso (1998) per mano di Rifondazione Comunista (Vendola compreso, ha ricordato maliziosamente il “rottamatore”), nel secondo caso (2008) per mano di Mastella, Dini e di altri dell’area di centro, quelli che solitamente si autodefiniscono “moderati” e affidabili. Essere padroni di se stessi, è il ragionamento di Renzi, è un po’ più comodo. Insomma, Casini è “un agente di commercio – riflette Renzi – che deve prendere i voti moderati per conto del Pd. Una sorta di franchising. A me non va bene. Se voglio i voti moderati, vado io a conquistarmeli”.
La conseguenza è che, laddove per Bersani Casini può essere uno con cui parlare, per Vendola e Renzi diventa un modo per “insultarsi”. Vendola lo fa capire con una sorta di aforisma: “Renzi non ha bisogno di prefigurare l’alleanza con Casini. Renzi è Casini”. Poi spiega: “I miei sostenitori possono votare per uno che è reticente sulla tragedia del popolo palestinese? Possono votare per uno che è marcatamente liberista?”. E il riferimento è a Renzi, non a Casini. Per contro il sindaco di Firenze rilancia Casini addosso a Vendola: “Vuole che le faccia l’elenco degli accordi di Vendola con Casini? Ci sono decine di Comuni in Puglia dove Udc e Sel sono insieme. Perché non prende la dichiarazione di Vendola a Telese su La7 che diceva di essere orgoglioso di aver preso i voti della destra? Per me essere di sinistra non significa fare gli accordi con don Verzè…”.
E allora perché corre e ricorre Casini, pure cinque anni dopo? Per dire il vero se lo chiede anche lui stesso. “Matteo Renzi è ossessionato da un’alleanza che nessuno gli chiede” ha commentato oggi stesso. “Renzi si occupi – ha aggiunto – dei problemi degli italiani che sono molto più seri”. Casini se lo chiede, ma basterebbe uno sforzo di memoria: “l’alleanza che nessuno chiede” fino a pochi mesi fa sembrava cosa praticamente fatta. Mancavano – sembrava di capire – solo le firme. Tutti si affollavano a spiegare la bontà del patto. Casini in testa, tanto che arrivò a un endorsement con lauto anticipo per Bersani, definendo Renzi “più a destra” di lui stesso. Poi con un po’ di fatica i militanti del Pd hanno aiutato i dirigenti a stropicciarsi gli occhi e a svegliarsi: “Ma che erba fumano?” chiedeva smarrita la base. Da qui l’alleanza forse “più naturale” con Sel.
Resta poi che l’Udc continua ad avere un irresistibile appeal elettorale nonostante, secondo i sondaggi ma anche secondo gli ultimi test elettorali, non superi – a voler essere ottimisti – il 7-8 per cento, una quota elettorale peraltro erosa, dicono gli istituti di rilevazione, dalla lista che vuole presentare il manifesto “verso la Terza Repubblica” di Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Riccardi e Raffaele Bonanni. Certo, “l’utilità” che vede Bersani nella stampella centrista si materializzerebbe semmai dopo le elezioni e non prima. Il problema, infatti, sta in buona parte nella riforma della legge elettorale: se passa, per avere un premio di maggioranza (e governare con una certa sicurezza) serve il 40 per cento e Pd, Sel e Psi non lo raggiungono (se non con un exploit imprevedibile); se non passa, resta il Porcellum e la governabilità prodotta dalla legge partorita dalla mente di Calderoli ha avuto ripetute prove in questi anni.
Tutto questo, certo, dovrebbe poi essere coniugato con la realtà: e cioè che tutta Sel e buona parte del Pd hanno idee che difficilmente possono “dialogare”, per usare il verbo di Bersani, con l’Udc. E lo stesso Bersani dovrebbe accogliere, nel caso, un’ipotesi di Monti bis (che lui nega sempre), con un governissimo e una grande coalizione, perché Casini non parla d’altro. E così i riflettori, per allargare la possibile maggioranza e renderla meno esigua, potrebbe essere uno sguardo, ancora una volta, leggermente a sinistra: che ruolo avrà l’area “arancione”? Che ruolo l’Italia dei Valori che annuncia grandi rinnovamenti?
Così, cinque anni dopo, Casini sembra di nuovo destinato a due ruoli. Quello del terzo polo (minuscolo). Ma soprattutto da una parte è la Bella di Torriglia. E in questo caso lui se ne fa una ragione: “Sono sempre in minoranza – ha detto oggi, scherzando ma non troppo – Troverò il modo di andarci anche stavolta. Dopo la stagione passata ormai sono rassegnato ad andare in minoranza”. Dall’altra parte, invece, continuerà a vestire i panni del possibile ago della bilancia, del metronomo che si affaccia a destra e poi a sinistra, in modo da fare sempre sentire, da una parte o dall’altra, il proprio peso. L’ultimo esempio? La nomina di Mario Orfeo al Tg1.
Politica
Casini-sinistra: dalla quasi alleanza ai no incrociati. E ora ci crede solo Bersani
Il leader dell'Udc resta il convitato di pietra nel dibattito delle primarie del centrosinistra, nonostante porti in dote pochi voti. Ma l'unico che ancora propone il dialogo con i centristi è il segretario democratico e non Renzi (che vorrebbe puntare all'autosufficienza). L'effetto, alla fine, è che l'ex presidente della Camera continua a fare l'ago della bilancia
Appare sullo sfondo delle primarie come il convitato di pietra del Don Giovanni. Rischia di essere il secondo argomento di discussione dopo quello sulle regole. Pierferdinando Casini ancora una volta sembra avere il ruolo del jolly. Le canta a tutti (a destra e a sinistra), vuole, vuole sempre e fortissimamente vuole solo il Monti bis e lo ripete come il rosario. Critica tutti gli altri eppure, con i partiti che precipitano sul traguardo delle politiche di primavera, proprio per tutti gli altri resta sempre nella lista delle cose da fare: “Allearsi con Casini”.
Lo vorrebbero molti tra i moderati del Pdl che sognano un partito in formato Ppe all’italiana che almeno avrebbe l’effetto di risolvere la tempesta perfetta che contraddistingue il centrodestra da qualche tempo a questa parte. Ma il nome del leader dell’Udc continua a rimbalzare in tutti i dibattiti delle primarie del centrosinistra: al confronto tra i “Fantastici 5” su Sky, ma di nuovo ieri sera nel duello tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. E tutto ciò ha effetti, per giunta, inimmaginabili. L’unico infatti che, nel centrosinistra, continua a riproporre l’ipotesi di un “dialogo” con l’Udc è proprio l’ex comunista, Bersani appunto.
A petto di una riproposizione di un “compromesso storico” trentacinque anni dopo, a nessun altro viene in mente di governare con Casini. Non lo vuole Vendola, e questo si sapeva, perché comunista lo è rimasto fino a pochi anni fa. Ma non lo vuole neppure il candidato che sembrerebbe più vicino alle posizioni “moderate” dell’Unione di Centro. Cioè Renzi.
Per spiegare le posizioni di Bersani e di Renzi basta tornare al confronto di ieri sera su Rai Uno tra i due candidati arrivati al ballottaggio delle primarie di coalizione. Renzi vuole (e crede) in un Pd che sia autosufficiente: e l’autosufficienza, sperabilmente (dal punto di vista del sindaco di Firenze), potrebbe valere anche nei confronti di Sinistra Ecologia e Libertà, volendo. Bersani ha avuto buon gioco a ricordare, a quel punto, che la pretesa autosufficienza del Pd ha portato il partito al crash test delle elezioni del 2008 quando Walter Veltroni guidò la forza politica del “ma anche” all’incredibile sconfitta con un distacco così negativo da apparire inedito, peraltro scegliendo come alleati due forze politiche (i Radicali inseriti nelle liste democratiche, l’Italia dei Valori che si presentò autonomamente) con le quali il gruppo parlamentare del Pd non ha certo avuto un rapporto idilliaco in questi 5 anni di legislatura.
Per contro la replica di Renzi è stata facile perché sotto gli occhi della storia politica recente: i “carrozzoni” (l’Ulivo con Rifondazione e poi l’Unione) hanno portato alla caduta di entrambi i governi guidati da Prodi. Nel primo caso (1998) per mano di Rifondazione Comunista (Vendola compreso, ha ricordato maliziosamente il “rottamatore”), nel secondo caso (2008) per mano di Mastella, Dini e di altri dell’area di centro, quelli che solitamente si autodefiniscono “moderati” e affidabili. Essere padroni di se stessi, è il ragionamento di Renzi, è un po’ più comodo. Insomma, Casini è “un agente di commercio – riflette Renzi – che deve prendere i voti moderati per conto del Pd. Una sorta di franchising. A me non va bene. Se voglio i voti moderati, vado io a conquistarmeli”.
La conseguenza è che, laddove per Bersani Casini può essere uno con cui parlare, per Vendola e Renzi diventa un modo per “insultarsi”. Vendola lo fa capire con una sorta di aforisma: “Renzi non ha bisogno di prefigurare l’alleanza con Casini. Renzi è Casini”. Poi spiega: “I miei sostenitori possono votare per uno che è reticente sulla tragedia del popolo palestinese? Possono votare per uno che è marcatamente liberista?”. E il riferimento è a Renzi, non a Casini. Per contro il sindaco di Firenze rilancia Casini addosso a Vendola: “Vuole che le faccia l’elenco degli accordi di Vendola con Casini? Ci sono decine di Comuni in Puglia dove Udc e Sel sono insieme. Perché non prende la dichiarazione di Vendola a Telese su La7 che diceva di essere orgoglioso di aver preso i voti della destra? Per me essere di sinistra non significa fare gli accordi con don Verzè…”.
E allora perché corre e ricorre Casini, pure cinque anni dopo? Per dire il vero se lo chiede anche lui stesso. “Matteo Renzi è ossessionato da un’alleanza che nessuno gli chiede” ha commentato oggi stesso. “Renzi si occupi – ha aggiunto – dei problemi degli italiani che sono molto più seri”. Casini se lo chiede, ma basterebbe uno sforzo di memoria: “l’alleanza che nessuno chiede” fino a pochi mesi fa sembrava cosa praticamente fatta. Mancavano – sembrava di capire – solo le firme. Tutti si affollavano a spiegare la bontà del patto. Casini in testa, tanto che arrivò a un endorsement con lauto anticipo per Bersani, definendo Renzi “più a destra” di lui stesso. Poi con un po’ di fatica i militanti del Pd hanno aiutato i dirigenti a stropicciarsi gli occhi e a svegliarsi: “Ma che erba fumano?” chiedeva smarrita la base. Da qui l’alleanza forse “più naturale” con Sel.
Resta poi che l’Udc continua ad avere un irresistibile appeal elettorale nonostante, secondo i sondaggi ma anche secondo gli ultimi test elettorali, non superi – a voler essere ottimisti – il 7-8 per cento, una quota elettorale peraltro erosa, dicono gli istituti di rilevazione, dalla lista che vuole presentare il manifesto “verso la Terza Repubblica” di Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Riccardi e Raffaele Bonanni. Certo, “l’utilità” che vede Bersani nella stampella centrista si materializzerebbe semmai dopo le elezioni e non prima. Il problema, infatti, sta in buona parte nella riforma della legge elettorale: se passa, per avere un premio di maggioranza (e governare con una certa sicurezza) serve il 40 per cento e Pd, Sel e Psi non lo raggiungono (se non con un exploit imprevedibile); se non passa, resta il Porcellum e la governabilità prodotta dalla legge partorita dalla mente di Calderoli ha avuto ripetute prove in questi anni.
Tutto questo, certo, dovrebbe poi essere coniugato con la realtà: e cioè che tutta Sel e buona parte del Pd hanno idee che difficilmente possono “dialogare”, per usare il verbo di Bersani, con l’Udc. E lo stesso Bersani dovrebbe accogliere, nel caso, un’ipotesi di Monti bis (che lui nega sempre), con un governissimo e una grande coalizione, perché Casini non parla d’altro. E così i riflettori, per allargare la possibile maggioranza e renderla meno esigua, potrebbe essere uno sguardo, ancora una volta, leggermente a sinistra: che ruolo avrà l’area “arancione”? Che ruolo l’Italia dei Valori che annuncia grandi rinnovamenti?
Così, cinque anni dopo, Casini sembra di nuovo destinato a due ruoli. Quello del terzo polo (minuscolo). Ma soprattutto da una parte è la Bella di Torriglia. E in questo caso lui se ne fa una ragione: “Sono sempre in minoranza – ha detto oggi, scherzando ma non troppo – Troverò il modo di andarci anche stavolta. Dopo la stagione passata ormai sono rassegnato ad andare in minoranza”. Dall’altra parte, invece, continuerà a vestire i panni del possibile ago della bilancia, del metronomo che si affaccia a destra e poi a sinistra, in modo da fare sempre sentire, da una parte o dall’altra, il proprio peso. L’ultimo esempio? La nomina di Mario Orfeo al Tg1.
C'era una volta la Sinistra
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Approvata all'unanimità la relazione della segretaria del Pd, Elly Schlein, in Direzione.
Roma, 27 feb. (Adnkronos Salute) - Piccole ombre o filamenti che sembrano fluttuare nel campo visivo, specie quando si guardano sfondi luminosi o chiari, come un cielo azzurro o un foglio bianco. Si presentano così le miodesopsie, un disturbo visivo molto comune e fastidioso a cui è dedicato 'Mosche volanti e problemi alla retina: cosa c'è da sapere'. Si tratta del primo episodio del vodcast ‘Guardiamoci negli occhi’, una serie dell’Oculista Italiano realizzata da Adnkronos - pubblicato oggi e disponibile nella sezione podcast di Adnkronos.com e su l’oculistaitaliano.it - che approfondisce in modo semplice, autorevole e diretto, le principali problematiche della vista e suggerisce accorgimenti che possono aiutare a mantenere gli occhi in buona salute, grazie al contributo di esperti, medici oculisti, ricercatori e professionisti del settore farmaceutico.
Insieme a Vittorio Picardo, specialista in oftalmologia e a Carmelo Chines, direttore della testata L’Oculista Italiano, presenti in studio, sono intervenuti Scipione Rossi, professore e responsabile dell'Unità operativa di Oculistica dell'ospedale San Carlo di Nancy, Roma e Tommaso Candian, specialista dell’Unità operativa complessa di Oculistica dell'Ospedale S. Antonio di Padova.
Spesso innocue, le miodesopsie - questo il termine tecnico del sintomo - possono essere il segnale di patologie più gravi della retina. All’origine delle mosche volanti “può esserci l’invecchiamento dell’umor vitreo, o corpo vitreo, la sostanza gelatinosa che si trova tra il cristallino e la retina - spiega Picardo - ma anche la miopia o alcuni traumi oculari, come la classica pallonata. Nella maggior parte dei casi tali condizioni non sono preoccupanti, ma non vanno mai sottovalutate perché il vitreo può anche sporcarsi a causa di un problema retinico, come la maculopatia, come la maculopatia diabetica. "Il diabete danneggia i piccoli vasi sanguigni della retina, che diventano come rubinetti che perdono - chiarisce Rossi - Questo porta a emorragie o accumulo di liquidi negli strati retinici, con conseguenze potenzialmente gravi sulla vista. Le terapie moderne prevedono iniezioni intravitreali, che aiutano a riassorbire questi liquidi, migliorando la visione e controllare l’evoluzione della malattia". Oltre a monitorare i sintomi, Chines consiglia alcune buone abitudini per la salute degli occhi: "Una dieta ricca di antiossidanti, come i flavonoidi del mirtillo, può aiutare a stabilizzare il vitreo - ricorda - È importante anche una buona idratazione e l’uso di occhiali da sole con filtri adeguati, per proteggere gli occhi dalla luce intensa". (VIDEO)
Se le mosche volanti compaiono improvvisamente o si associano a lampi luminosi, definiti fosfeni, diventa più urgente rivolgersi all’oculista perché "possono essere il segnale di un campanello d'allarme della retina che inizia a strapparsi - avverte Picardo - Se la retina si strappa dal vitreo, può anche staccarsi e il distacco di retina è una condizione che purtroppo trasferisce il paziente da un ambulatorio oculistico, a una sala operatoria". A tale proposito Candian evidenzia che, "quando il distacco è in fase iniziale, il laser può essere risolutivo. Nei casi più avanzati, invece, si ricorre alla chirurgia mini-invasiva, con strumenti di precisione, come microsonde, che permettono di riattaccare la retina in modo efficace e con un recupero sempre più rapido".
È sicuramente importante la prevenzione e il riconoscimento tempestivo dei sintomi, ma è "fondamentale la relazione che c'è tra un paziente il proprio oculista - conclude Chines - imparare un dialogo diverso con l’oculista, prendere coscienza della situazione e ascoltare i suoi consigli". Maggiori dettagli consigli e approfondimenti su 'Mosche volanti e problemi alla retina: cosa c'è da sapere', il primo episodio del vodcast di 'Guardiamoci negli occhi', online sulla sezione podcast di Adnkronos.com, sul canale YouTube di adnkronos.com e su l’ oculistaitaliano.it.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Serve un salto quantico" in Europa e "spero domenica a Londra vadano anche per fare questo" e per farlo "serve un vero protagonismo delle istituzioni europee e non di singoli Paesi". Così Elly Schlein nella replica alla Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "No alle caricature che ci fanno da fuori. Non siamo per il finto pacifismo di Trump perché dentro la pace di Trump c'è l'idea della resa, dei ricatti e degli interessi economici. E non siamo con l'Europa per continuare la guerra che è quello di cui ci accusa Salvini e anche qualche nostro alleato... Noi pensiamo che siamo chiamati a fare di più su una posizione chiara per un'Europa unita di pace". Così Elly Schlein nella replica alla Direzione Pd.
Milano, 27 feb. (Adnkronos) - "Chiedo ai fautori della separazione delle carriere che criticano questa giornata di astensione dicendo che vogliamo difendere poteri e privilegi: guardate che la riforma attribuirà una rilevanza esterna, con conseguenti poteri e privilegi, a questa nuova casta di pm superpoliziotti che non dovrà rispondere a nessuno: né all'esecutivo, né ad un organo unitario rappresentativo dell'intera magistratura". E' uno dei passaggi dell'intervento di Luca Villa, procuratore capo presso il Tribunale per i minorenni di Milano, nel giorno dello sciopero dei magistrati contro le riforme costituzionali in tema di giustizia.
"Avremo pm che si valuteranno e giudicheranno tra di loro senza quei rompiscatole e semina-dubbi dei giudici e senza nemmeno quel giudice interno che ti dice che prima ancora che pubblico ministero sei un magistrato ed il fine ultimo del tuo agire non è ottenere la condanna ma contribuire con gli altri soggetti processuali a distinguere il vero, dal verosimile e dal falso. E inoltre: come ve lo spiegate che proprio nelle Procure si sta registrando una adesione così massiccia allo sciopero? Si é mai visto in Italia qualche funzionario pubblico che dice 'non voglio più potere, né maggiori privilegi'?" aggiunge.
"Non so come andrà a finire, lascio ad altri le elevate citazioni di Calamandrei e dei tanti nostri padri nobili, ma se andrà in porto la riforma riservo ai fautori della separazione delle carriere, che credono ancora all’importanza dei valori democratici sottesi alla nostra Costituzione, il più modesto Nanni Moretti nel 'Sol dell’avvenire': 'Un giorno vi sveglierete e piangerete, rendendovi conto di ciò che avete combinato'" conclude Villa che nella sua carriera - più che trentennale - ha svolto entrambi i ruoli di giudice e pubblico ministero.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Dobbiamo riconoscere gli errori fatti dall’Europa in questi ultimi anni. Era ed è sacrosanto sostenere l’Ucraina. Ma è sempre mancato un pezzo: quello dell’iniziativa di Pace. Nel nostro vuoto europeo oggi arriva il cinismo di Trump che ci spiazza tutti. Ma quel vuoto lo abbiamo lasciato noi. Abbiamo lasciato la parola Pace alla destra americana. Incredibile. Doveva essere l’Europa a promuovere una grande iniziativa di Pace. Osservo con amarezza che la commissaria Kallas ancora ad inizio 2025 ha parlato di 'vincere la guerra'. È una posizione che considero fuori dal mondo". Lo ha dichiarato Roberto Speranza intervenendo alla direzione nazionale Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "La vittoria di Trump segna fortissimo un confine. Quello tra la forza e la ragione. Tra un esasperato egoismo e il rispetto dell’altro, tra una libertà consapevole e una libertà anarchica dovuta alla potenza materiale, economica e guerresca. Il suo video su Gaza gronda del sangue che sarebbe necessario per farne una realtà. Questo confine va protetto con un cambiamento profondo dell’Europa, che dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere". Così Goffredo Bettini all'iniziativa 'Dialogo tra socialismo e cristianesimo: una via autentica' in corso a Roma.
"L’Europa in questi anni si è appiattita su un atlantismo di pura obbedienza. Ha perso la sua autonomia, il suo profilo culturale, il senso della sua missione nel mondo. La sua radice del Dopoguerra, socialista e cristiana. Invece di essere ponte tra diverse civiltà e raccordo tra diverse nazioni, ha rilanciato sempre l’iniziativa degli Stati Uniti d'America, aggiungendo qualcosa in più. Anche l’Italia. Tradendo, così, la sua tradizionale politica di dialogo nel mondo e nel Mediterraneo. Da Andreotti fino a Craxi".
"Avendo perso sé stessa, avendo creduto solo nel suo alleato, oggi l’Europa si trova silente e balbettante. Certo: si doveva aiutare l'Ucraina con le armi, ma bisognava invocare comunque la pace e la trattativa. Invece si è invocata solo la guerra, accompagnata da un linguaggio esasperato per sostenerla e per illudersi di vincerla. La guerra non è mai neutra. Anche chi la pratica con buone ragioni lascia materiali tossici, difficili poi da smaltire. La guerra impone che il tuo avversario sia descritto sempre come un pazzo, o un mostro, il peggio dell’umano. Nella guerra non si comprendono mai le ragioni storiche che hanno mosso popoli e nazioni ad ingaggiarla".
"Ecco dove è mancata l’Europa. Ed oggi -continua Bettini- si trova trascinata dai suoi stessi errori ad invocare ancora la guerra, quando si può aprire uno spiraglio di pace; invece di domandare unità: quale pace? Una pace che renda conto del sacrificio umano e materiale del popolo ucraino e del fatto che lo stesso Zelensky è stato spinto dall’Occidente. Una parte del quale, la più potente, nel suo stile mercantile, gli chiede ora un risarcimento economico delle spese sostenute".
"Una pace doppiamente imperiale. Di Trump e Putin, nel disprezzo del Vecchio Continente. Si tratta finalmente di liberare il nostro sguardo europeo da ulteriori condizionamenti. Di realizzare una difesa comune, per un ruolo di deterrenza, di equilibrio, di pace in un mondo sconvolto. Di rispondere a Trump, aprendosi all’India, alla Cina, alle sponde africane. Smontando finalmente l’idiozia di un Occidente unito, libero e democratico contro il resto del mondo autocratico".
"Ci sono tanti Occidenti. Anche l’Occidente è macchiato di sangue e di barbarie. Nell’Occidente è nato il pensiero che ha voluto la Shoah, che noi aborriamo. E nel resto del mondo non ci sono solo sgozzatori fanatici, ma tante e diverse civiltà che intendono affacciarsi nell’arena mondiale".