Primarie addio? Probabilmente sì. ”Ho sentito Berlusconi e abbiamo concordato di convocare la prossima settimana l’ufficio di presidenza per assumere le decisioni riguardo alle primarie e l’assetto migliore da presentare nella prossima campagna elettorale”, ha detto in serata Angelino Alfano dopo aver sentito il Cavaliere. Ma il rinvio ha il sapore dell’addio, un addio in cui il ruolo di perdente spetterebbe ad Alfano. Domenica Berlusconi sarà al convegno dei cristiani popolari di Mario Baccini. L’annuncio ufficiale arriverà quindi la prossima settimana, ma il più è fatto. La sola Giorgia Meloni è l’unica a resistere, insieme a un altro candidato, il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo. Nonostante manchi l’ufficialità la notizia dell’archiviazione delle primarie appare ormai più che scontata. A tessere le fila della trattativa sarebbe stato Denis Verdini secondo alcuni in accordo non solo con l’ex capo del governo ma, appunto, anche con lo stesso segretario che si sarebbe detto d’accordo (l’alternativa, d’altronde, sarebbe stato lo scontro frontale, che avrebbe trascinato il partito a un allungamento del periodo di faide interne).
La rinuncia alle primarie, annunciate eppure mai volute dal Cavaliere, avrebbe come contropartita l’impegno dell’ex premier a non boicottare il Pdl e a frenare il lancio di Forza Italia 2.0. Segnala anche il mai sopito timore che, a fronte della partecipazione di oltre 3 milioni di elettori alle primarie del centrosinistra, quelle del Pdl diventino primarie del flop. Il partito però verrebbe profondamente rinnovato come chiesto da Berlusconi. La ristrutturazione potrebbe escludere però i dirigenti che provengono dalle file di Alleanza Nazionale. Gli ex An infatti sono pronti, nel caso il partito si trasformasse in una nuova Forza Italia, ad andare via dando vita ad un soggetto politico (“Centrodestra nazionale” sarebbe uno dei nomi presi in considerazione) da federare al “nuovo” Popolo delle Libertà. Il passaggio formale per l’archiviazione definitiva delle primarie dovrebbe essere un ufficio di presidenza da convocare i primi giorni della prossima settimana ufficializzando però già oggi l’addio alla consultazione popolare.
In realtà a via dell’Umiltà si lavora ininterrottamente per trovare un compromesso in grado di evitare scissioni. Un rischio che in diversi tra i dirigenti pidiellini vorrebbero evitare dopo aver visto i sondaggi poco lusinghieri che raccoglierebbe anche un’eventuale federazione tra Fi e ex An: “Non riusciremo a superare nemmeno il 13%”, confida un ex ministro. L’idea di arrivare ad una separazione consensuale però non è nuova nella mente del Cavaliere, convinto invece che una federazione possa ampliare il bacino di voti e catturare gli elettori delusi. Più esplicito Giancarlo Galan, ex presidente del Veneto, ex ministro e – a questo punto si può dire – ex candidato alle primarie del Pdl: i dirigenti del Pdl “non hanno un minimo di autonomia – dice al Corriere della Sera – si portano dietro i valori della destra che sono un’altra roba e ci hanno trascinato alle loro percentuali”. Per questo, continua Galan, Berlusconi dovrebbe fare un Pdl “light”. Per Galan le è giusto che saltino. Bastava avere un minimo di logica per capirlo”, “le abbiamo mitizzate troppo, con i soliti eccessi all’italiana, in fondo ci sono solo negli Usa e in pochi altri Paesi”. Non la pensa così il sindaco di Pavia, Cattaneo, pure lui candidato dei “formattatori”: “Deluso? No, sono arrabbiato – commenta a Omnibus, su La7 – Non c’è ancora una parola ufficiale ma è anche vero che non c’è nessuna parola che va nel proseguire quel percorso che avevamo avviato. Però voglio ancora sperare”.
Ma cosa sta succedendo dentro al Pdl? La spiegazione la dà Sandro Bondi, ex ministro e coordinatore (pluridimissionario, ma sempre coordinatore) del partito: “E’ avvenuta purtroppo una saldatura tra esponenti” come Quagliariello e Sacconi, spiega alla Stampa, “e l’area di An tesa soltanto alla gestione del partito. All’interno di questo correntone c’è infatti chi propone intese con Casini e Monti, e chi al contrario vi si oppone duramente”. Secondo Bondi “le primarie sono state volute proprio per suggellare l’accordo e in funzione di una conta interna al partito: una sorta di congresso anticipato e non una proposta di rinnovamento che Alfano avrebbe dovuto rappresentare”. “Da tempo – aggiunge – insisto sulla necessità che Alfano cammini insieme a Berlusconi per rinnovare radicalmente la nostra immagine. Berlusconi ha lottato strenuamente per il cambiamento. Ha ammesso di non essere riuscito a modernizzare l’Italia come avrebbe voluto per tante ragioni. Ma oggi solo lui ha l’esperienza e la forza per mantenere unito il centrodestra e rivolgere un appello alle forze migliori del Paese. Chi pensa oggi di fare senza di lui o contro di lui non ha il polso della realtà”.
“C’è poco tempo e a differenza del Pd non si trattava di primarie di coalizione ma di partito – dichiara a Tgcom24 da Mariastella Gelmini – Si cercherà il rinnovamento del partito per altre vie, come ad esempio convention programmatiche, un consiglio nazionale e incontri sul territorio. Non stremo con le mani in mano”. Sul ruolo di Alfano e l’ipotesi di aver ceduto davanti alla posizione di Berlusconi, risponde: “Alfano si fa carico dell’unità del partito. L’opinione di Berlusconi conta, ma la decisione è maturata dopo al riflessione dei dirigenti. La riflessione è quella di procedere con strumenti diversi per il rilancio del partito”. “Berlusconi teme che l’Italia possa cadere nelle mani di Bersani e Vendola – continua – perché domenica è presumibile che Bersani possa vincere con l’appoggio dei voti di Vendola. Sarà una sinistra molto distante da quella di Renzi e lontana dall’Europa. Oggi un congresso di partito avrebbe poco senso, dobbiamo tornare nelle piazze a discutere di contenuti, dobbiamo riavvicinare gli elettori alla politica del centrodestra, coloro che non contenti non sono andati a votare”. Sui rapporti con gli ex An e le dinamiche interne al partito, l’ex ministro conclude: “Berlusconi vuole andare oltre le primarie, noi siamo sempre all’avanguardia fin dal 1994 e non possiamo limitarci a copiare uno strumento del centrosinistra. Con gli ex An lavoreremo insieme, collaborando per trovare la soluzione migliore senza litigare”.
Certo, nel Popolo della Libertà i dubbi su quali siano le reali intenzioni dell’ex capo del governo restano tutti sul tavolo così come la convinzione che Berlusconi continui a lavorare ad una sua lista da affiancare all’attuale partito. Di questo il Cavaliere avrebbe discusso ieri sera in una cena con alcuni amici di vecchia data con cui sarebbe tornato a lamentarsi del poco appeal che ha il partito e soprattutto dell’esigenza di porre una linea di confine tra il vecchi e nuovo: C’è bisogno di rinnovamento e di nuovi volti anche da spendere in televisione dove sono stufo di vedere sempre le stesse facce.
A frenare l’ex capo del governo dallo svelare una volta per tutte le sue mosse sarebbero però i sondaggi poco rassicuranti in merito ad una sua ridiscesa in campo. A condizionare sarà comunque l’esito del ballottaggio del Pd, ma soprattutto la trattativa sulla legge elettorale che, a detta di Berlusconi, potrebbe essere condizionata a suo svantaggio se svelasse i suoi piani, prima di un accordo tra i partiti.