È un’assicurazione a rovescio: se c’è un freddo eccezionale come lo scorso anno, l’Enel attiverà le sue centrali a olio combustibile per risparmiare gas ed evitare black out, se il clima è mite non lo farà. Ma in ogni caso noi consumatori pagheremo 250 milioni di euro in bolletta, soldi che andranno di fatto all’Enel in cambio della disponibilità a utilizzare quelle centrali, ormai poco utilizzate e inquinanti, dal valore di mercato simbolico.

È una storia complessa e difficile da giustificare nel nome dell’interesse generale quella che comincia nell’inverno 2011, così freddo che perfino Roma finì sotto la neve. “Ci fu un picco dei consumi, dovuto soprattutto ai Paesi dell’est che hanno aumentato i prelievi di gas. E così si è creata un’improvvisa scarsità con un record assoluto dei consumi che invece, in media, in questi anni di crisi sono diminuiti e quindi è aumentata la disponibilità di gas”, spiega Gionata Picchio, giornalista del giornale on line Staffetta Quotidiana, specializzato in temi energetici. A febbraio il governo annuncia il rituale “mai più” che segue ogni emergenza italiana e promette che i black out che hanno lasciato al buio vaste aree del Paese non si ripeteranno.

La strategia individuata è quella di avere a disposizione fonti di energia alternative al gas, così da non trovarsi scoperti se il picco dei consumi compromette la fornitura o il maltempo ostacola l’attività dei rigassificatori. A luglio, mentre la Camera converte in legge il decreto sviluppo che recepisce le misure anti-black out, un emendamento firmato dall‘ex sottosegretario Pdl Stefano Saglia e dal collega di partito Maurizio Bernardo prepara lo scenario più favorevole per le vecchie e inquinanti centrali a olio combustibile. “E’ una decisione sconcertante, invece dei tagli si fa un vero e proprio regalo alle lobby del petrolio con i soldi dei cittadini”, dichiara subito Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente. Le centrali ottengono anche una deroga sulle emissioni e sugli autocontrolli previsti dalla legge, così da poter operare senza ostacoli. Sempre in nome della possibile emergenza gas.

Pochi giorni fa, il 23 novembre, un decreto del ministero dello Sviluppo economico guidato da Corrado Passera fissa i dettagli. Le centrali “alimentate a combustibili diversi dal gas naturale” devono garantire 4470 megawatt, una potenza “necessaria a ottenere una equivalente riduzione dei consumi di gas nella generazione elettrica pari ad almeno 18 milioni di metri cubi/giorno”. I proprietari delle centrali a olio combustibile, cioè petrolio, si devono limitare a fornire un “impegno non rinunciabile” dal primo gennaio al 31 marzo 2013 la produzione con un preavviso di 48 ore. La remunerazione per questa concessione, secondo quanto conferma anche l’Autorità dell’energia, sarà attorno ai 250 milioni di euro. Soldi che non arriveranno dal bilancio dello Stato ma dalla bolletta dei consumatori.

Praticamente tutte le centrali che possono essere coinvolte nell’operazione (la procedura di selezione si è aperta lunedì) sono dell’Enel, che gestisce gli impianti di Livorno, Piombino e Bari (quest’ultima è stata appena messa sotto sequestro dai carabinieri del Noe perché non a norma sulla sicurezza e sulla prevenzione degli incidenti con sostanze pericolose). L’Enel è controllato dal ministero del Tesoro con il 31,2 per cento e non disdegnerà certo i milioni che frutteranno le sue vecchie e quasi inutili centrali, visto che il 30 settembre ha presentato risultati trimestrali che registravano un calo del 19,6 per cento dell’utile netto del gruppo rispetto allo scorso anno.

Se non ci sarà alcuna ondata di freddo particolarmente intensa e il gas importato sarà sufficiente, l’Enel si ritroverà con un cadeau a spese dei cittadini di 250 milioni di euro. I consumatori sono stati gravati da un ulteriore salasso (non nell’interesse di Enel, questo) da altri 300 milioni spalmati in 36 mesi per la rescissione di alcuni contratti di fornitori di gas alla rete Snam. Tanto il cliente finale non protesta. E l’Autorità che vigila sul settore dell’energia, guidata da Guido Bortoni, in casi come questi non può fare altro che assicurarsi che la legge sia applicata. Anche se il problema è proprio la legge.

da Il Fatto Quotidiano dell’1 dicembre 2012. Aggiornato da redazione web

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