La chiamata al dialogo di Mohammed Morsi nel suo discorso non convince l’opposizione egiziana che rigetta l’appuntamento fissato dal presidente per sabato al palazzo presidenziale. “Gli scontri di martedì scorso e il discorso di oggi chiudono la porta a ogni dialogo – afferma l’ex capo dell’agenzia internazionale per l’energia atomica Mohammed El Baradei che da due giorni è alla guida del Fronte di Salvezza Nazionale, il movimento che comprende i maggiori partiti di opposizione. La stessa posizione è stata presa anche dal movimento 6 aprile, uno dei gruppi storici della rivoluzione egiziana. Infatti, la chiamata al dialogo del presidente sembra agli occhi dei partiti liberali soltanto un pro forma.
“Morsi vuole tenere calme le acque, traghettare il paese al referendum sulla costituzione e vincere il quinto appuntamento elettorale del dopo rivoluzione” scrive dal suo account Twitter Shadi Hamid, analista politico del Doha Brookings Center. Nessun accenno è stato fatto da Morsi a un eventuale accoglimento delle richieste formulate dal Fronte di Salvezza Nazionale che vuole un ritiro immediato della dichiarazione costituzionale, l’annullamento del referendum sulla costituzione (previsto il 15 dicembre) e una nuova assemblea costituente che rappresenti tutte le parti sociali e politiche del paese. Una buona fetta di oppositori e analisti, inoltre, accusano Morsi di aver tenuto un discorso simile a quelli del suo predecessore, il dittatore Hosni Mubarak. Secondo loro, il contenuto del messaggio registrato e diffuso ieri dalla tv di stato riprendeva diversi elementi usati in abbondanza sia da Mubarak che dal Consiglio militare supremo durante le crisi e gli episodi di violenza che hanno attraversato questi 22 mesi.
In particolare, nel mirino degli attivisti c’è il passaggio riguardante “un terzo partito” che, secondo le parole del presidente egiziano, sarebbe costituito da “personalità interessate a destabilizzare il paese e a pagare dei teppisti” per infiltrare le manifestazioni. “Siamo di nuovo alla mano straniera”, “Morsi usa lo stesso ghost writer di Mubarak”, questi i commenti in rete su un discorso che ha continuano ad alimentare dissenso e contestazioni.
Nella zona residenziale di Maadi al Cairo una sede dei Fratelli Musulmani è stata attaccata, così come al Muqattam, altro quartiere della capitale egiziana. Anche di fronte alla residenza di Morsi, dove gli attivisti liberali erano arrivati nel pomeriggio (nonostante il coprifuoco indetto dalle guardie presidenziali), la folla ha iniziato a spingere contro la polizia schierata a proteggere il palazzo. “Assassino”, “Vattene sei come Mubarak” gridavano i manifestanti che ormai da settimane equiparano il primo governo democraticamente eletto nella storia del paese con “al nizam”, il regime dell’ex dittatore caduto con la rivoluzione. Il discorso di Morsi sembra non aver fatto altro che versare altra benzina sul fuoco al gioco delle analogie e delle ripetizioni retto dai suoi oppositori. Le sue parole sembrano aver ulteriormente allontanato la possibilità di qualsiasi mediazione, continuando ad alimentare quella enorme e insanabile divisione che lascia il paese nell’ennesima empasse politica del dopo rivoluzione.