Rifiuti ancora in attività sotterrati tra i 20 e 50 cm di profondità. Scoli del reattore a contatto con il fiume. Controlli ambientali interrotti da anni. La gente che abita nei dintorni la battaglia la combatte da tempo: la centrale nucleare del Garigliano, al confine tra le province di Latina e di Caserta, da decenni avvelena il territorio e i suoi abitanti. Ora, dopo anni di denunce, si è mossa la giustizia. La Procura di Santa Maria Capua Vetere, scrive il quotidiano locale Latina Oggi, ha aperto un’inchiesta e iscritto nel registro degli indagati Marco Iorio, responsabile della disattivazione dell’impianto per conto della Sogin Spa, la società nata nel 1999 con il compito di smantellare le centrali chiuse dopo il referendum del 1987. Le accuse: disastro ambientale, irregolarità in materia di sicurezza nucleare. “Ma questa situazione non riguarda solo il Garigliano – spiegano a Latina – anche la centrale di Borgo Sabotino è una bomba ambientale pronta ad esplodere”.
Registri degli scarichi liquidi e aeriformi compilati a matita. Li ha sequestrati la Guardia di Finanza di Mondragone che, racconta il quotidiano, pochi giorni fa ha chiuso l’impianto per 18 ore e lo ha battuto palmo a palmo. Con gli agenti, anche un fisico nucleare del Centro interforze studi applicazioni militari di Pisa, un fisico della Federico II di Napoli e i sommozzatori della Finanza, che hanno effettuato prelievi nelle acque del fiume. Che per legge dovrebbe essere tenuto sotto costante osservazione, ma i controlli che Arpa Campania dovrebbe fare ogni 6 mesi, hanno appurato gli inquirenti, non vengono effettuati da 7 anni. Eppure “nella centrale – racconta Giulia Casella, presidente Legambiente di Sessa Aurunca – sono stoccati circa 3mila metri cubi di rifiuti a media attività, la cui radioattività dura alcuni secoli, e sono sepolti 1.100 metri cubi di rifiuti a bassa attività. C’è, poi, l’amianto radioattivo: 85 tonnellate derivate dalla bonifica della turbina, oltre a tutto quello estratto dal reattore”.
A guardarla dall’alto con Google Maps, la centrale sembra un’enorme pallina da tennis sistemata sull’ansa del fiume. “E’ stata una follia costruirla in quel punto- spiega Roberto Lessio, ex presidente di Legambiente Latina, che da anni segue il caso – la struttura venne fermata, tra gli altri motivi, in seguito ad un’esondazione avvenuta nel novembre 1979, quando l’acqua sommerse gli impianti in funzione e si rischiò la fusione del nocciolo. L’impianto venne chiuso nel 1982, ma 30 anni dopo gli scoli del reattore sono ancora lì e vengono sommersi dall’acqua ogni volta che il Garigliano rompe gli argini”. Il che capita spesso, l’ultima volta il 17 marzo 2011. “Monitoraggi condotti negli anni passati – prosegue la Casella – hanno rilevato cobalto 60 e cesio 137 nel tratto di mare tra Ischia e il Circeo. L’Istituto Superiore di Sanità certificò che provenivano dalla centrale”.
Tra le accuse che hanno portato il procuratore Giuliana Giuliano ad aprire il fascicolo c’è quella di aver sotterrato nel terreno dell’impianto, ad una profondità tra i 20 e 50 cm, rifiuti ancora in attività: dalle tute anti-radiazioni al materiale tecnico, scrive Latina Oggi, rinvenuti dai tecnici dell’esercito. E non si esclude che ci sia dell’altro. “In Italia non esiste un sistema di controllo di ciò che negli anni è avvenuto all’interno delle centrali – continua Lessio – in mancanza di un deposito nazionale, le scorie sono state sempre smaltite nelle aree degli impianti. Carlo Jean, ex presidente della Sogin, lo ha spiegato in un’audizione in Parlamento. E la stessa cosa è avvenuta a Borgo Sabotino, dove sorge l’altra centrale di questo territorio”.
La Sogin, società partecipata al 100% dal ministero del Tesoro, precisa ma non smentisce: “I rifiuti radioattivi e tutte le strutture e aree di lavoro sono costantemente sorvegliate e sistematicamente monitorate da decenni, a conferma dell’impatto per la salute dei lavoratori e dei cittadini né di contaminazione verso l’esterno”. Ma la gente che abita nelle vicinanze, al confine tra la provincia di Caserta e quella di Latina, la pensa diversamente. “Il ministero dice che la media dei tumori è al di sotto di quella regionale – spiega la Casella – ma qui non c’è una famiglia che non abbia almeno un caso di tumore. Ci sono studi risalenti alla fine degli anni ’70 che dimostrano come le ricadute si sono verificate sugli animali e sulle persone: casi di malformazioni ed ermafroditismo nei bambini, vitelli macrocefali o nati senza una zampa, pulcini che ne avevano tre”. All’inizio di settembre una lucertola con due teste è stata catturata nella piazza principale del paese di Tora e Piccilli, nel casertano. A pochi km dalla centrale.