Poteri straordinari all’esercito per mantenere l’ordine pubblico sino al prossimo 15 dicembre, data del referendum della nuova Costituzione. Così il presidente egiziano Mohammed Morsi, con questa nuova legge in vigore da oggi, cerca di traghettare il paese verso la tornata elettorale, evitando nuove escalation di violenza. Per l’opposizione questa sarebbe l’ennesima mossa del capo di stato per calmare le acque dopo la nuova dichiarazione costituzionale emanata due giorni fa che modifica di poco i super poteri che si era attribuito con l’altra dichiarazione lo scorso 22 novembre.
L’ala secolare, infatti, continua a chiedere lo stop dell‘iter del referendum e una nuova assemblea costituente che rispecchi tutte le parti politiche e sociali del paese. “Il presidente sta cercando di spingere a tutti i costi il paese verso una costituzione illegittima – ha scritto ieri nella sua pagina Facebook Ahmed Maher, leader dello storico movimento rivoluzionario del 6 Aprile. Il nuovo documento costituzionale, infatti, approvato in una seduta lampo la scorsa settimana ha visto un consenso unilaterale degli islamisti che hanno dominato l’assemblea costituente da cui diversi membri liberali e appartenenti alle minoranze del paese si erano ritirati per protesta.
Dall’altra parte, la nuova legge porta di nuovo alla ribalta i militari – che hanno guidato la maggior parte del periodo del post rivoluzione sino alle presidenziali dello scorso maggio – nella vita politica del paese. Il presidente Morsi, alcuni mesi dopo la sua elezione, aveva mandato forzatamente in pensione il federmaresciallo Tantawi e altri vertici del Consiglio Militare Supremo facendo scomparire dopo più di un anno l’esercito dal governo. Per alcuni analisti questa legge potrebbe anche rappresentare una sorta di riabilitazione di questi ultimi da parte di Morsi (il presidente si era opposto, invece, lo scorso anno all’eventuale attribuzione di poteri di ordine pubblico all’esercito). Gli stessi militari a cui appartengono le guardie presidenziali, schierate da diversi giorni a protezione della residenza ufficiale del capo di stato e che in questi giorni si sono mostrati “dalla parte del popolo” quando lo scorso venerdì hanno lasciato che gli oppositori di Morsi rimuovessero il filo spinato per raggiungere i muri della residenza. Una scena, definita da molti, surreale con i manifestanti che dialogavano con i soldati e si scattavano le foto sui carro armati messi a protezione del palazzo. Scene viste solo durante la rivoluzione quando l’esercito si presentò in piazza come garante e protettore del popolo per poi però rivelarsi molto simile al governo di Mubarak nell’anno successivo dopo la presa del governo. Una parte dell’opinione pubblica continua a percepire il Consiglio Militare Supremo come l’incognita da tenere in considerazione per i successivi sviluppi politici nonostante in una conferenza stampa – la prima dopo le dure settimane di proteste – gli stessi militari avessero rassicurato di non voler tornare a partecipare alla vita politica.
La situazione in Egitto resta dunque più tesa che mai. Domani è stata indetta la grande manifestazione dell’opposizione – per chiedere il ritiro del referendum – che coinciderà anche con gli altri cortei islamisti pro Morsi indetti per lo stesso giorno. L’ennesima occasione dove potrebbe ripetersi quanto accaduto lo scorso mercoledì quando la guerriglia urbana era esplosa al palazzo presidenziale tra il sit dell’opposizione e un corteo pro morsi provocando 7 morti e centinaia di feriti.
Intanto oggi è prevista una manifestazione. Si intitola “Prima la Sharia” – la legge islamica tornata nella nuova Costituzione – l’iniziativa programmata per oggi da diversi movimenti islamici egiziani, che si concentreranno davanrt al ‘Media Production City’ del Cairo per contestare quei talk show che “danneggiano il Paese”. Sostenitori dell’ex candidato alle presidenziali Hazem Salah Abu Ismail, il Fronte salafita, il partito Nour e la Coalizione degli studenti della Sharia hanno redatto un comunicato congiunto con cui chiedono di boicottare alcuni canali televisivi e giornali accusati di politiche anti islamiche. Tra i quotidiani messi al bando ci sono Al-Sabah, guidata da Wael al-Ibrashy, Al-Tahrir con il suo direttore Ibrahim Eissa e Al-Fagr guidata da Adel Hammouda.
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