Slitta al primo marzo 2013 il termine entro il quale il Monte dei Paschi di Siena potrà emettere le obbligazioni da vendere al Tesoro, i cosiddetti Monti-Bond, veicolo per gli aiuti di Stato che arriveranno alla banca senese. E’ una delle ultime novità sull’intricata operazione di salvataggio della banca arrivata al capolinea dopo le operazioni portate a termine durante la gestione di Giuseppe Mussari inserita in un emendamento del governo alla legge di Stabilità presentato in commissione Bilancio del Senato.

L’emendamento del governo riprende, ma modificandolo, il recente decreto salva-infrazioni nel quale, tra le altre cose c’erano le modifiche alle norme sugli aiuti pubblici alla banca controllata dalla rossa Fondazione Monte dei Paschi di Siena che ha ripristinato l’emendamento “allunga debito” proposto da Pd e Pdl in occasione del varo del decreto Sviluppo che era stato bocciato dalla Commissione bilancio del Senato.

“Gli eventuali interessi eccedenti il risultato dell’esercizio – si legge nella nuova proposta per avere il via libera all’operazione – sono corrisposti mediante assegnazione al Ministero di azioni ordinarie di nuova emissione, valutate al valore di mercato”, con conseguente ingresso del Tesoro nella proprietà. Tuttavia, negli esercizi finanziari 2012 e 2013, “nei limiti in cui ciò risulti compatibile con il quadro normativo dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, gli eventuali interessi eccedenti il risultato dell’esercizio possono essere corrisposti anche mediante assegnazione al Ministero del corrispondente valore nominale” di obbligazioni “di nuova emissione”.

In pratica, quindi, l’ennesimo gioco delle tre carte per fornire aiuti pubblici alla banca più antica del mondo senza incappare nel veto Ue o in quello delle commissioni parlamentari, prevede un aumento potenziale del sostegno statale al Monte dei Paschi, con nuovi bond al posto degli interessi che a loro volta genereranno altri interessi e via dicendo. Ma non all’infinito, in quanto l’operazione si potrà fare solo per il 2012 e il 2013, anni per i quali gli interessi stimati sono di circa 550 milioni di euro, che, sommati ai 3,9 miliardi di aiuti già deliberati, fa comunque la ragguardevole somma potenziale di 4,45 miliardi di euro. Antitrust europeo permettendo, ovviamente.

Per il Tesoro la soluzione riduce al minimo i rischi di restare col cerino in mano nazionalizzando anche solo parzialmente un istituto bancario per di più imbottito di titoli di Stato per un controvalore cinque volte superiore a quello dei 4 miliardi aiuti, senza contare l’inchiesta della magistratura in corso da maggio. Secondo gli analisti, invece, a beneficiare del mancato ingresso dello Stato saranno gli attuali soci di Mps e il suo principale azionista, la Fondazione Mps di emanazione piddina, che non dovranno diluire le loro quote. Tutto questo tuttavia ha un costo. “Più bond emettono, più interessi dovranno pagare e più sarà limitata la loro capacità di generale capitale che è esattamente il contrario di ciò che dovrebbero fare”, ha detto a Reuters Fabrizio Bernardi, analista di Fidentiis Equities.

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