In Lombardia è ancora tempo di primarie. Sabato 15 dicembre gli elettori di centrosinistra sono chiamati a scegliere il loro candidato alla presidenza della regione: in corsa l’avvocato Umberto Ambrosoli, il giornalista Andrea Di Stefano e la ginecologa Alessandra Kustermann. Per tutti e tre la parola d’ordine è discontinuità. Discontinuità da un dominio formigoniano durato 17 anni e da un’amministrazione crollata dopo le inchieste sulla sanità e sulla criminalità organizzata, con un assessore finito in carcere con l’accusa di aver comprato i voti della ‘ndrangheta.
Una discontinuità che ciascuno dei candidati ha declinato a suo modo in una campagna elettorale un po’ sotto tono. Tanto che gli sfidanti hanno un timore: che la prossima consultazione non confermi il successo dello scorso 25 novembre, quando ben 439mila lombardi hanno partecipato al primo turno delle primarie di coalizione. E’ la terza volta in un mese che si vota in Lombardia, due settimane dopo la vittoria di Pier Luigi Bersani al ballottaggio. Quelle di sabato sono state chiamate primarie del “patto civico”. Per sottolineare il coinvolgimento della società civile e un tentativo di autonomia dai tanto bistrattati partiti.
Su tale definizione si è imposto Ambrosoli, dopo l’iniziale rifiuto a candidarsi, qualche tentennamento e pure qualche polemica. Tutto superato, perché il figlio di Giorgio, liquidatore della Banca Privata Italiana fatto assassinare da Michele Sindona, ha avuto fin da subito l’appoggio delle segreterie regionali di Pd, Sel e Idv, le simpatie dell’Udc, oltre che il sostegno di diverse associazioni e del sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Da avvocato penalista ha molto insistito sulla necessità di una svolta che abbia come punto fermo la legalità. “Urgenza di cambiamento” e necessità di “servire il bene comune” i concetti più usati. Lunedì scorso ha abbandonato in anticipo un dibattito con gli altri contendenti organizzato a Bergamo dalla Fiom, per incontrare Bersani a Piacenza. Il leader del Pd ha confermato il suo appoggio al favorito. “Qundi – ha commentato Di Stefano con una battuta – stando ai precedenti, vincerò io”.
Direttore della rivista Valori, Di Stefano è un ambientalista ferrato sui temi economici. Ha l’appoggio ufficiale di Federazione della sinistra, ma anche di molti esponenti di Sel e di una serie di sigle più o meno radicali. E’ stato lui il vincitore dei dibattiti in campagna elettorale: gli applausi del pubblico hanno sempre premiato le sue idee snocciolate con sicurezza e dettaglio. Fin dalla sera del 20 novembre, quando con la scritta Obama sulla felpa ha esordito accanto agli sfidanti, tra cui c’era anche il socialista Roberto Biscardini, che in seguito si è ritirato per appoggiare Ambrosoli. Di Stefano ha usato spesso la parola etica e tra le proposte ha insistito sull’istituzione del reddito di cittadinanza per tutti coloro che rimangono senza lavoro. Il primo provvedimento da presidente? Un atto simbolico: “Spostare l’ufficio del governatore dal 36esimo piano al piano terra. Perché anche fisicamente ci sia un ufficio sempre aperto e trasparente”.
La Kustermann, poi. L’unica ad avere la tessere di un partito, il Pd, ma anche l’unica a non essere appoggiata ufficialmente da nessuna forza politica. Primario di Ostetricia e ginecologia alla clinica Mangiagalli, ha puntato sul tema sanità, bacchettando più volte Ambrosoli, reo, secondo lei, di non rivendicare con decisione il primato delle strutture pubbliche su quelle private. “Il mio cuore batte da sempre per il centrosinistra”, ha ribadito in più occasioni per distinguersi dagli avversari: “Ambrosoli invece è profondamente di centro e Di Stefano di sinistra”. Si è rivolta alle donne con una promessa: “Se vincerò, andranno a loro metà dei posti in giunta e nei cda delle società partecipate dalla Regione”.
Così se alla Kustemann potrebbero guardare molte donne, un target a cui si sono rivolti con interesse tutti e tre i contendenti è quello dei giovanissimi. Perché alle primarie lombarde, a differenza di quelle nazionali, potranno votare tutti i residenti in Lombardia che abbiano almeno sedici anni. Seggi aperti anche per gli immigrati con permesso di soggiorno. Si vota sabato dalle 8 alle 20 e, per chi ha particolari necessità e lo ha comunicato entro giovedì sera, sono stati scelti sei seggi dove si può andare già venerdì, dalle 17 alle 22. Indicazioni su dove votare nelle pagine del sito www.pattocivicolombardia.it. Non occorre alcuna pre-registrazione: bastano un euro di contributo, la carta d’identità e la tessera elettorale.
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