L’ultimo in ordine di tempo è stato Josh Brent, difensore dei Dallas Cowboys, che è stato arrestato la scorsa settimana dopo aver provocato un incidente stradale in cui è morto Jerry Brown jr, giocatore della squadra riserve di Dallas. Non erano passati nemmeno dieci giorni dalla tragedia di Kansas, quando il primo dicembre Jovan Belcher, linebacker di 25 anni degli Chiefs, si era ucciso sparandosi un colpo in testa nel parcheggio dell’Arrowhead Stadium, sotto gli occhi del coach e di alcuni dirigenti della squadra, dopo aver ucciso la sera prima la fidanzata Kasandra Perkins, 22 anni, da cui aveva avuto una figlia tre mesi prima. La violenza è oramai dilagante nella National Football League, il campionato nordamericano di football americano. Secondo un database del San Diego Union Tribune, sarebbero più di trenta i giocatori della NFL arrestati nel solo 2012.
Se si considera che nell’intera Nfl giocano più o meno 1700 atleti, ecco che significa che nel 2012 il 2% di loro è stato arrestato. Un dato impressionante, se confrontato con gli ultimi numeri riportati dal Bureau of Justice Statistics, che riportano come nell’anno 2010 gli uomini arrestati negli Stati Uniti sono stati 10 milioni circa, su una popolazione totale di poco superiore ai 300 milioni. In pratica la media nazionale in un anno è di poco superiore al 3%, e ovviamente copre le fasce deboli della popolazione, gli emarginati e i criminali abituali. Mentre il 2% della Nfl si riferisce a uomini tra i 20 e 30 anni, il cui stipendio mensile una persona normale non potrebbe guadagnare tutta la vita, e le cui uniche obbligazioni e costrizioni sono quelle delle interviste nel dopopartita o delle feste di beneficenza cui devono partecipare.
Il 2012 è stato l’annus horribilis della Nfl, tra omicidi, suicidi e record di arresti. Nella maggior parte dei casi si tratta di arresti per guida in stato d’ebbrezza, incidenti stradali provocati, omicidi colposi e aggressione. Ma anche per violenza domestica o molestie sessuali. Justin Peters, che segue il football per il National Post, fa notare come negli ultimi anni delle 32 squadre affiliate alla Nfl almeno 21 hanno avuto un giocatore arrestato per questi due orrendi crimini. E come le denunce siano state in realtà molte di più, ma molte volte, anche quando la colpevolezza del giocatore sembrava essere lampante, siano poi state ritirate – è facile immaginare sotto quale pressione economica e mediatica – e non si siano tramutate in arresti.
Molti commentatori sportivi statunitensi, provano a spiegare queste esplosioni di violenza con il disagio e l’indigenza attraversati nell’infanzia da questi ragazzoni, che poi si ritrovano d’improvviso a essere campioni strapagati e celebrità. E la maggior parte di loro tende a escludere che la causa possa essere uno sport basato non sulla disciplina del contatto fisico – come le arti marziali e il rugby – ma sulla violenza del contatto fisico. Eppure negli ultimi anni diversi ex giocatori hanno promosso una class action contro la Nfl per le conseguenze delle continue botte: commozioni cerebrali, depressione, stati confusionali, demenza precoce e malattie neurodegenerative.
Il maggio scorso, a soli due anni dal ritiro, si è tolto la vita Junior Seau – come Dave Duerson e Ray Easterling prima di lui – chiedendo che il suo cervello fosse analizzato in laboratorio, per trovare una corrispondenza tra la malattia neurodegenerativa di cui soffriva e il gioco violento. E un altro scandalo esploso a marzo si riferiva a Gregg Williams, coach difensivo dei New Orleans Saints, che aveva messo in piedi un sistema di taglie sugli avversari, con incentivi e bonus per chi avesse fatto interventi violenti con danni permanenti agli avversari. E quando l’obiettivo è solo vincere, con ogni mezzo violento necessario, la tragedia è dietro l’angolo.