Rivelano i pentiti del clan Ascione-Papale di Ercolano, in provincia di Napoli: “Antonella Madonna pratica prestiti a strozzo, soprattutto alle donne dedite al gioco del Bingo. E quando il marito è stato arrestato, è stata lei a ‘prendere in mano le redini’ dell’organizzazione. Tanto che da quel momento si fece riferimento a lei chiamandola ‘a zia”. Soprannome che nell’ambiente indica reverenza. Antonella è di corporatura minuta e ha poco meno di 30 anni. Ma è donna di polso. Ordina pestaggi e ritorsioni contro chi ha mancato di rispetto. Diventa, scrive il gip di Napoli Luigi Giordano in un’ordinanza notificata a dicembre “il terminale per la riscossione delle estorsioni ai danni dei commercianti e degli imprenditori ercolanesi nonché per la gestione dei proventi dello spaccio delle sostanze stupefacenti”. E’ la camorra che cambia pelle e si evolve. Si modernizza. Promuove le donne da semplici vestali dei capi clan a boss in prima persona.
“Sono le ‘quote rosa’ della camorra – secondo il procuratore aggiunto di Napoli, Rosario Cantelmo, coordinatore delle inchieste di criminalità organizzata nelle città del vesuviano “perché a differenza di anni fa, sono molto più partecipi alle decisioni e sorti della cosca alla quale appartengono”. Non si limitano a portare all’esterno gli ordini dei boss in galera. Ma li sostituiscono in tutto e per tutto.
Negli ultimi mesi le numerose indagini della Dda di Napoli e delle procure della provincia napoletana hanno fotografato i mutamenti in atto. Madri, mogli, figlie, sorelle, cognate della camorra pedinate e intercettate mentre discutono di come vendere partite di droga, mentre entrano nei negozi per intimidirne i proprietari, mentre minacciano i collaboratori di giustizia e i loro parenti (“quegli infami – gridano al telefono – devono fare una brutta morte”). Tra i primi a segnalare il fenomeno, nel 2006, il Bollettino dell’Osservatorio sulla camorra, fondato da Amato Lamberti e ospitato sulle pagine de Il Corriere del Mezzogiorno, attraverso un intervento del magistrato Raffaele Marino, oggi procuratore reggente di Torre Annunziata, sempre nel napoletano: “Non credo sia un’esagerazione affermare che per ogni donna attiva all’interno dell’organizzazione criminale all’inizio degli anni Novanta, oggi ce ne siano almeno dieci (…) E’ cresciuto lo spazio riservato alle aspiranti ‘capesse’“.
Un recente studio dell’Università di Napoli Federico II curato da due docenti di storia contemporanea, Gabriella Gribaudi e Marcella Marmo, ha dettagliato statisticamente la natura dei legami delle cosiddette “lady camorra”: il 36% è moglie di un boss, il 9,5 vedova, il 9,1 compagna, il 5 l’amante, il 4,5 ex moglie, il 4,5 ex compagna. Il resto va diviso tre poche affiliate e molte parenti: sorelle, zie, nipoti, cugine, nuore e suocere. A Torre Annunziata, nel dicembre 2012, un’inchiesta ha sgominato un vasto giro di droga nelle tre principali piazze di spaccio cittadine. “In alcuni casi – ha spiegato il procuratore Marino – è stato accertato che la sostanza stupefacente veniva custodita e smerciata da donne incinte, che facevano leva proprio su tale condizione per cercare di eludere i controlli”.
Basta spostarsi di pochi chilometri e a Torre del Greco, città famosa per la lavorazione del corallo e per una tradizione armatoriale messa a dura prova dalla crisi del settore e dal fallimento della compagnia di navigazione Deiulemar, è ancora fresco di inchiostro il mandato di arresto che ha coinvolto anche nove donne. Avevano preso il posto degli uomini nella cura degli affari del clan Di Gioia. Dal pagamento degli “stipendi” agli affiliati alla liquidazione delle parcelle degli avvocati a libro paga della cosca. Nelle carte si trova la moglie del boss Falanga che si fa accompagnare dalle guardie del corpo per andare a imporre il pizzo e minacciare i commercianti che non si piegano all’estorsione. Alle proteste dell’esercente, il bodyguard della donna strilla: “Che ti credi, che stai parlando con tua sorella? Stasera ti appiccio (ti incendio, ndr), ti vengo a sparare”.
La camorra apre alle donne boss, ma continua a imporre loro un principio: fedeltà assoluta ai propri compagni. Chi lo viola si espone al rischio di ritorsioni durissime. Antonella Madonna di Ercolano lo sa, lo ha pagato sulla sua pelle. Il suo ruolo apicale nella cosca non l’ha protetta quando a luglio è stata sorpresa in un albergo di Terzigno in compagnia di un uomo: non il marito, il boss Natale Dantese, no, un altro uomo. Il fratello del marito ha fatto irruzione nella stanza e l’ha “uccisa di mazzate”. Quel raid è avvenuto su soffiata dell’amante ai familiari del capo clan. L’uomo ignorava di portarsi a letto la moglie di un ras detenuto, e quando l’ha saputo ha preferito spifferare tutto. E’ stato pestato anche lui, ma ha evitato il peggio.