Oggi dovrebbero essere resi noti i risultati ufficiali che confermeranno l’approvazione, con una maggioranza di poco sopra al 60 per cento, della Costituzione dell’Egitto.
Una Costituzione che ha spaccato in due il paese, per il modo in cui è arrivata sul tavolo del presidente Morsi e per i suoi contenuti.
Approvata in fretta e furia (234 articoli votati in 19 ore!) alla fine di novembre da un’Assemblea abbandonata dall’opposizione e dai rappresentanti delle chiese cristiane, applaudita dai Fratelli musulmani e criticata da oltre 20 associazioni egiziane per i diritti umani, la Costituzione è stata sottoposta a referendum popolare in due giornate elettorali, il 15 e il 22 dicembre, contrassegnate da una partecipazione intorno al 32 per cento (la più bassa del periodo post-Mubarak) e, a detta dell’opposizione, da numerosi brogli.
Dal punto di vista dei diritti umani, la Costituzione presenta non pochi aspetti problematici.
Intanto, non riconosce la supremazia del diritto internazionale sulle norme interne e non chiarisce come l’Egitto potrà rispettare gli impegni contenuti nei trattati internazionali sui diritti umani di cui è stato parte.
I principi della shari’a, negli articoli 2 e 219, sono definiti, come ai tempi di Mubarak, rispettivamente “fonti primarie della legge” e “regole fondamentali della giurisprudenza”. Sebbene il Principio generale IV sancisca l’uguaglianza di fronte alla legge, l’applicazione dei principi della shari’a potrebbe perpetuare l’attuale discriminazione contro le donne in materia di matrimonio, divorzio e vita familiare.
La libertà di credo è pienamente consentita alle religioni monoteiste, mentre per le altre non è previsto l’obbligo dello stato di istituire luoghi di culto.
L’articolo 45 garantisce il rispetto della libertà d’espressione, mentre quello immediatamente precedente vieta “l’insulto (…) nei confronti di tutti i messaggeri e profeti”. Un’ambiguità profonda, che rischia di dar luogo a molti casi di persecuzione giudiziaria, come quello che nei giorni scorsi ha colpito il “blasfemo” Alber Saber Ayad.
Dal punto di vista dei diritti economici e sociali, il testo costituzionale non contiene garanzie contro gli sgomberi forzati (preoccupazione quotidiana per alcuni milioni di egiziani che vivono in insediamenti precari e informali) e l’articolo 70 non esclude completamente il lavoro minorile.
La tortura è espressamente proibita dall’articolo 36 (e su questo aspetto, l’Italia dovrebbe prendere esempio!) così come è vietato l’uso nei processi di confessioni estorte sotto coercizione. Non vi è invece un divieto esplicito di infliggere punizioni corporali.
Infine, l’articolo 198 trascina nel futuro dell’Egitto quella vera e propria ferita inferta al diritto costituita dai processi dei civili di fronte alle corti marziali: processi che, insieme ad altre violazioni dei diritti umani, erano stati all’ordine del giorno sotto Mubarak e che lo sono stati persino di più, con oltre 12.000 casi, nell’anno e mezzo di transizione guidata dai militari del Consiglio supremo delle forze armate.
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Mondo - 24 Dicembre 2012
Egitto: la Costituzione ambigua che spacca il paese
Oggi dovrebbero essere resi noti i risultati ufficiali che confermeranno l’approvazione, con una maggioranza di poco sopra al 60 per cento, della Costituzione dell’Egitto.
Una Costituzione che ha spaccato in due il paese, per il modo in cui è arrivata sul tavolo del presidente Morsi e per i suoi contenuti.
Approvata in fretta e furia (234 articoli votati in 19 ore!) alla fine di novembre da un’Assemblea abbandonata dall’opposizione e dai rappresentanti delle chiese cristiane, applaudita dai Fratelli musulmani e criticata da oltre 20 associazioni egiziane per i diritti umani, la Costituzione è stata sottoposta a referendum popolare in due giornate elettorali, il 15 e il 22 dicembre, contrassegnate da una partecipazione intorno al 32 per cento (la più bassa del periodo post-Mubarak) e, a detta dell’opposizione, da numerosi brogli.
Dal punto di vista dei diritti umani, la Costituzione presenta non pochi aspetti problematici.
Intanto, non riconosce la supremazia del diritto internazionale sulle norme interne e non chiarisce come l’Egitto potrà rispettare gli impegni contenuti nei trattati internazionali sui diritti umani di cui è stato parte.
I principi della shari’a, negli articoli 2 e 219, sono definiti, come ai tempi di Mubarak, rispettivamente “fonti primarie della legge” e “regole fondamentali della giurisprudenza”. Sebbene il Principio generale IV sancisca l’uguaglianza di fronte alla legge, l’applicazione dei principi della shari’a potrebbe perpetuare l’attuale discriminazione contro le donne in materia di matrimonio, divorzio e vita familiare.
La libertà di credo è pienamente consentita alle religioni monoteiste, mentre per le altre non è previsto l’obbligo dello stato di istituire luoghi di culto.
L’articolo 45 garantisce il rispetto della libertà d’espressione, mentre quello immediatamente precedente vieta “l’insulto (…) nei confronti di tutti i messaggeri e profeti”. Un’ambiguità profonda, che rischia di dar luogo a molti casi di persecuzione giudiziaria, come quello che nei giorni scorsi ha colpito il “blasfemo” Alber Saber Ayad.
Dal punto di vista dei diritti economici e sociali, il testo costituzionale non contiene garanzie contro gli sgomberi forzati (preoccupazione quotidiana per alcuni milioni di egiziani che vivono in insediamenti precari e informali) e l’articolo 70 non esclude completamente il lavoro minorile.
La tortura è espressamente proibita dall’articolo 36 (e su questo aspetto, l’Italia dovrebbe prendere esempio!) così come è vietato l’uso nei processi di confessioni estorte sotto coercizione. Non vi è invece un divieto esplicito di infliggere punizioni corporali.
Infine, l’articolo 198 trascina nel futuro dell’Egitto quella vera e propria ferita inferta al diritto costituita dai processi dei civili di fronte alle corti marziali: processi che, insieme ad altre violazioni dei diritti umani, erano stati all’ordine del giorno sotto Mubarak e che lo sono stati persino di più, con oltre 12.000 casi, nell’anno e mezzo di transizione guidata dai militari del Consiglio supremo delle forze armate.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.