Don Piero Corsi si pente. Anzi no. In mattinata circola tra le agenzie di stampa una lettera in cui il parroco di San Terenzo, frazione di Lerici in provincia di La Spezia, recita un mea culpa e annuncia di voler lasciare il sacerdozio: “Con queste poche righe – dopo una notte insonne per il dolore ed il rimorso per la ‘giusta polemica’ causata dalla mia imprudente provocazione, nel rinnovare ancora più sentitamente le scuse non solo a tutte le donne colpite dal mio scritto ma anche a tutti coloro che si siano sentiti offesi dal mio operato o dalle mie parole, in primis il giornalista verso il quale, in un momento di ira, ho proferito quella ignobile parola (frocio, ndr) – voglio comunicare che ho deciso di mettere da parte l’abito talare, del quale mi sento indegno, nella speranza che la riflessione e la penitenza mi consentano un giorno di riconquistare quella serenità che ho oggi innegabilmente smarrito”.
Poi, dopo che il vescovo diocesano, Luigi Ernesto Palletti, aveva dichiarato di non aver ricevuto alcuna lettera da parte di don Piero, arriva la smentita dello stesso parroco: “Smentisco di voler lasciare l’abito talare e di aver inviato alcuna lettera alle agenzie di stampa nella quale comunicavo questa decisione”. Don Corsi dice di “non aver inviato” alcun comunicato alle agenzie e che in ogni caso il contenuto della presunta lettera “è totalmente inventato“. “Mi prenderò un periodo di riposo – annuncia don Piero – ma non lascio la tonaca”.
Nei giorni scorsi il prete era stato duramente criticato per aver esposto sulla bacheca della chiesa un volantino sul femminicidio che invitava le donne vittime di violenze e stupri a fare un esame di coscienza: “Forse ce lo siamo cercate anche noi?” dovrebbero chiedersi, visto che girano “per la strada in vestiti provocanti e succinti” e consumano tradimenti “sui luoghi di lavoro, nelle palestre e nei cinema”. Il prete si difende ripetendo che il volantino “non era altro che un articolo di giornale” (in realtà, un editoriale tratto dal sito Pontifex, ndr). “E’ vietato?”, si chiede l’uomo ripetendo che il testo “è stato letto in maniera parziale”. Il sacerdote si è detto poi arrabbiato per “il trattamento ricevuto” dalla stampa e per “le ingiurie subite” alle quali però si sono aggiunte “anche manifestazioni di solidarietà“.
In quanto a ingiurie, anche il parroco non scherza però. A una giornalista dell’agenzia Area, che tenta di intervistarlo al telefono, risponde così: “Siete una razza di carogne, gente che dice soltanto bugie, che denuncia le persone. Siete dei disgraziati, dei malvagi, giullari che per un pasto crocifiggete le persone”. E poi rincara: “Guardi, le auguro che le venga un colpo, le auguro che faccia un incidente”.
Il sindaco di Lerici, Marco Caluri, che già nei giorni scorsi si era espresso sulla vicenda, prende nettamente le distanze: “Il volantino affisso da Don Corsi sulla bacheca della Chiesa, ci lascia sbigottiti e ci indigna profondamente. Le affermazioni riportate sono estremamente gravi non solo perché giustificano atti violenti contro le donne, ma sono molto pericolose perché ne inducono all’istigazione e ledono profondamente la dignità femminile, la parità di genere conquistata con fatica in ambito lavorativo, famigliare, politico, sociale e di tutto il vivere quotidiano”.
Condanna “inequivocabile” anche da parte della Santa Sede che, attraverso le parole di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a Radio Vaticana precisa: “C’è una violenza diffusa, che si abbatte, talora in maniera drammatica, sulle donne e non è possibile pensare minimamente che sia colpa delle donne stesse se tutto questo accade: è quindi inequivocabile la condanna delle affermazioni di questo parroco. Tutti dobbiamo essere responsabili delle parole che diciamo. E le parole pesano”.