Dagli studi televisivi della Disney a Orlando, in Florida (dove il 30 dicembre hanno firmato l’accordo in diretta tv il presidente della Roma James Pallotta e l’imprenditore Luca Parnasi), all’ippodromo di Tor di Valle, periferia sudoccidentale di Roma, dove per l’inizio della stagione 2016-17 dovrebbe essere pronto il nuovo stadio della società giallorossa. Sei ore di fuso orario e ottomila chilometri di distanza per mettere a segno un colpo destinato a cambiare la fisionomia della As Roma – che diventerebbe la seconda squadra professionista in Italia dopo la Juve ad avere uno stadio di proprietà – e dell’intera città capitolina, pronta all’ennesima colata di cemento della amministrazione Alemanno. Anche il sindaco, in scadenza, era infatti collegato in videoconferenza da Trigoria al momento della firma. Perché un nuovo stadio a Roma è, soprattutto, una mossa politica.
Partiamo dal primo dato. Il Piano regolatore esistente prevede nella zona di Tor Di Valle un massimo di cubature di 14mila metri cubi, assolutamente non sufficienti alla costruzione di un impianto polifunzionale con stadio e derivati vari (parcheggio, viabilità, unità abitative, centri commerciali e luoghi d’ospitalità come alberghi e ristoranti) che ne richiederebbe quasi un milione. Quindi o viene approvata entro tempi stretti il famigerato ddl conosciuto come ‘Legge sugli stadi’, da più parti definito “un obbrobrio, un cavallo di Troia per legalizzare clamorose speculazioni edilizie” e che in pochissimo tempo permetterebbe deroghe eccezionali ai vari piani regolatori e di tutela paesaggistica regionale, oppure è necessaria una modifica al Prg da parte delle istituzioni cittadine, che però allungherebbe di molto i tempi previsti.
Ma i problemi dal punto di vista ambientale non sono finiti qui. Perché già quando nel 1958 a Tor Di Valle fu costruito l’ippodromo, furono necessari 13 chilometri di pali di cemento per renderlo stabile, dato che l’impianto sorge su un terreno sabbioso e instabile. Poi c’è il problema del vicino depuratore dell’Acea, che emana un fetore nauseabondo e andrebbe quindi interrato. Inoltre, la necessità di potenziare i trasporti: dalla rotaia della Roma-Lido con nuove fermate, alla mobilità in auto lungo la via Ostiense e la Roma-Fiumicino (altro affare goloso). Infine a Tor di Valle c’è un’ansa del fiume Tevere che è zona di esondazione e andrebbe sistemata. Tutte problematiche che hanno messo in allarme gli ambientalisti “per un’operazione che farà di certo bene al patrimonio della squadra, ma sembra molto lontana da qualsiasi interesse pubblico della città”, come ha scritto in una nota Parlati, presidente di Legambiente Lazio.
Ma a Roma, dove storicamente i palazzinari hanno influenzato la politica con ogni mezzo necessario, e anche di più, al cemento si è sempre trovato spazio. Ed ecco quindi emergere la figura di Luca Parnasi, l’enfant prodige del mattone capitolino: proprietario dell’area dell’Ippodromo di Tor Di Valle e a capo del gruppo Parsitalia, società immobiliare creata dal padre Sandro che nel 1991 ha acquistato dal curatore fallimentare la Sogene (immobiliare prima vaticana e poi nelle mani del ‘banchiere di Dio’ Michele Sindona) e l’immenso patrimonio di terreni nel suo portafoglio. Parnasi figlio è sposato con una starlette televisiva (Christiane Filangieri), come si conviene ad un immobiliarista del XXI secolo. Ed è stato finanziatore bipartisan delle fondazioni Farefuturo di Fini e Italianieuropei di D’Alema, in affari sia con il fratello di Fini, Massimo, che con quello di Veltroni, Valerio, come si conviene ad un palazzinaro storico con un piede in entrambe le staffe.
Siccome poi al momento dell’acquisto dei terreni di Tor di Valle dal re degli ippodromi Papalia, avvenuto lo scorso aprile, il contratto prevedeva il rilancio dell’impianto, ecco che un nuovo ippodromo sarà probabilmente costruito nella zona del Pescaccio, sui terreni che il Comune di Roma è prossimo a girare allo stesso Parnasi come compensazione per Tor Marancia. Insomma, per il nuovo re del mattone capitolino sarebbero due piccioni con una fava. Il tutto con la benedizione dell’attuale sindaco e del prossimo, di qualunque colore esso sia, dato che anche l’ex candidato forte dell’opposizione Zingaretti, dirottato alla Regione, da presidente della Provincia ha acquistato alla modica cifra di 263 milioni una nuova sede all’Eur da Parsitalia. Un’idea a suo tempo sottoscritta dall’ex presidente Gasbarra, sempre del Pd, che potrebbe essere il prossimo candidato sindaco del partito Bersani. Insomma, quando Totti, o chi per lui, nel 2016 segnerà il primo gol nel nuovo stadio della Roma, a godere non saranno solo i 60mila tifosi che la capienza del nuovo stadio prevede, ma anche e soprattutto quella commistione di politica ed edilizia che da tempo ha le mani sulla città.
Economia & Lobby
Il nuovo stadio dell’As Roma si farà: esultano politica e palazzinari
L'impianto da 60mila posti sorgerà a Tor di Valle dopo l'approvazione del 'ddl stadi' o con una variante al piano regolatore: un affare mica da ridere per Luca Parnasi, proprietario dell'area e enfant prodige del mattone capitolino con entrature bipartisan in politica
Dagli studi televisivi della Disney a Orlando, in Florida (dove il 30 dicembre hanno firmato l’accordo in diretta tv il presidente della Roma James Pallotta e l’imprenditore Luca Parnasi), all’ippodromo di Tor di Valle, periferia sudoccidentale di Roma, dove per l’inizio della stagione 2016-17 dovrebbe essere pronto il nuovo stadio della società giallorossa. Sei ore di fuso orario e ottomila chilometri di distanza per mettere a segno un colpo destinato a cambiare la fisionomia della As Roma – che diventerebbe la seconda squadra professionista in Italia dopo la Juve ad avere uno stadio di proprietà – e dell’intera città capitolina, pronta all’ennesima colata di cemento della amministrazione Alemanno. Anche il sindaco, in scadenza, era infatti collegato in videoconferenza da Trigoria al momento della firma. Perché un nuovo stadio a Roma è, soprattutto, una mossa politica.
Partiamo dal primo dato. Il Piano regolatore esistente prevede nella zona di Tor Di Valle un massimo di cubature di 14mila metri cubi, assolutamente non sufficienti alla costruzione di un impianto polifunzionale con stadio e derivati vari (parcheggio, viabilità, unità abitative, centri commerciali e luoghi d’ospitalità come alberghi e ristoranti) che ne richiederebbe quasi un milione. Quindi o viene approvata entro tempi stretti il famigerato ddl conosciuto come ‘Legge sugli stadi’, da più parti definito “un obbrobrio, un cavallo di Troia per legalizzare clamorose speculazioni edilizie” e che in pochissimo tempo permetterebbe deroghe eccezionali ai vari piani regolatori e di tutela paesaggistica regionale, oppure è necessaria una modifica al Prg da parte delle istituzioni cittadine, che però allungherebbe di molto i tempi previsti.
Ma i problemi dal punto di vista ambientale non sono finiti qui. Perché già quando nel 1958 a Tor Di Valle fu costruito l’ippodromo, furono necessari 13 chilometri di pali di cemento per renderlo stabile, dato che l’impianto sorge su un terreno sabbioso e instabile. Poi c’è il problema del vicino depuratore dell’Acea, che emana un fetore nauseabondo e andrebbe quindi interrato. Inoltre, la necessità di potenziare i trasporti: dalla rotaia della Roma-Lido con nuove fermate, alla mobilità in auto lungo la via Ostiense e la Roma-Fiumicino (altro affare goloso). Infine a Tor di Valle c’è un’ansa del fiume Tevere che è zona di esondazione e andrebbe sistemata. Tutte problematiche che hanno messo in allarme gli ambientalisti “per un’operazione che farà di certo bene al patrimonio della squadra, ma sembra molto lontana da qualsiasi interesse pubblico della città”, come ha scritto in una nota Parlati, presidente di Legambiente Lazio.
Ma a Roma, dove storicamente i palazzinari hanno influenzato la politica con ogni mezzo necessario, e anche di più, al cemento si è sempre trovato spazio. Ed ecco quindi emergere la figura di Luca Parnasi, l’enfant prodige del mattone capitolino: proprietario dell’area dell’Ippodromo di Tor Di Valle e a capo del gruppo Parsitalia, società immobiliare creata dal padre Sandro che nel 1991 ha acquistato dal curatore fallimentare la Sogene (immobiliare prima vaticana e poi nelle mani del ‘banchiere di Dio’ Michele Sindona) e l’immenso patrimonio di terreni nel suo portafoglio. Parnasi figlio è sposato con una starlette televisiva (Christiane Filangieri), come si conviene ad un immobiliarista del XXI secolo. Ed è stato finanziatore bipartisan delle fondazioni Farefuturo di Fini e Italianieuropei di D’Alema, in affari sia con il fratello di Fini, Massimo, che con quello di Veltroni, Valerio, come si conviene ad un palazzinaro storico con un piede in entrambe le staffe.
Siccome poi al momento dell’acquisto dei terreni di Tor di Valle dal re degli ippodromi Papalia, avvenuto lo scorso aprile, il contratto prevedeva il rilancio dell’impianto, ecco che un nuovo ippodromo sarà probabilmente costruito nella zona del Pescaccio, sui terreni che il Comune di Roma è prossimo a girare allo stesso Parnasi come compensazione per Tor Marancia. Insomma, per il nuovo re del mattone capitolino sarebbero due piccioni con una fava. Il tutto con la benedizione dell’attuale sindaco e del prossimo, di qualunque colore esso sia, dato che anche l’ex candidato forte dell’opposizione Zingaretti, dirottato alla Regione, da presidente della Provincia ha acquistato alla modica cifra di 263 milioni una nuova sede all’Eur da Parsitalia. Un’idea a suo tempo sottoscritta dall’ex presidente Gasbarra, sempre del Pd, che potrebbe essere il prossimo candidato sindaco del partito Bersani. Insomma, quando Totti, o chi per lui, nel 2016 segnerà il primo gol nel nuovo stadio della Roma, a godere non saranno solo i 60mila tifosi che la capienza del nuovo stadio prevede, ma anche e soprattutto quella commistione di politica ed edilizia che da tempo ha le mani sulla città.
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Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.