L’Italia viola i diritti dei detenuti tenendoli in celle dove hanno a disposizione meno di tre metri quadrati. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha quindi condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza. Ai sette detenuti dovrà essere pagato un risarcimento di 100 mila euro per danni morali. Nella sentenza la Corte invita l’Italia a porre rimedio immediatamente al sovraffollamento carcerario.
I giudici constatano che il problema del sovraffollamento carcerario nel nostro paese è di natura strutturale, e che il problema della mancanza di spazio nelle celle non riguarda solo i sette ricorrenti: la Corte ha già ricevuto più di 550 ricorsi da altri detenuti che sostengono di essere tenuti in celle dove avrebbero non più di tte metri quadrati a disposizione. I magistrati chiamano quindi le autorità italiane a risolvere il problema del sovraffollamento, anche prevedendo pene alternative al carcere. I giudici domandano inoltre all’Italia di dotarsi, entro un anno, di un sistema di ricorso interno che dia modo ai detenuti di rivolgersi ai tribunali italiani per denunciare le proprie condizioni di vita nelle prigioni e avere un risarcimento per la violazione dei loro diritti. Con la sentenza emessa oggi l’Italia viene condannata una seconda volta per aver tenuto i detenuti in celle troppo piccole.
Severino: “Mi batterò perché le condizioni dei detenuti siano degne di un paese civile”. “Sono profondamente avvilita ma purtroppo l’odierna condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo non mi stupisce” dice il ministro della Giustizia Paola Severino. Per le carceri italiane, aggiunge, sono urgenti “misure strutturali”. “In questi tredici mesi di attività ho dato la priorità al problema carcerario: il decreto ‘salva carceri’, il primo provvedimento in materia di giustizia varato un anno fa dal Consiglio dei ministri e divenuto legge nel febbraio del 2012, ha consentito di tamponare una situazione drammatica. I primi risultati li stiamo constatando. I detenuti – ricorda il Guardasigilli – che nel novembre del 2011 erano 68.047 sono oggi scesi a 65.725 in quanto il provvedimento ha inciso sul fenomeno delle cosiddette ‘porte girevoli’, vale a dire gli ingressi in carcere per soli due-tre giorni, e sulla durata della detenzione domiciliare allungata da 12 a 18 mesi. Tuttavia – prosegue – questa misura da sola non è sufficiente. Mentre continuiamo a lavorare sul piano edilizia carceraria, servono altre misure strutturali, come ci suggerisce la stessa Corte europea di Strasburgo. Il ddl del governo sulle misure alternative alla detenzione andava esattamente in questa direzione. Il Senato ha pero’ ritenuto che non ci fossero le condizioni per approvare in via definitiva il provvedimento, seppure su di esso la Camera si fosse espressa ad amplissima maggioranza. La mia amarezza, torno a ribadirlo, e’ grande: non e’ consentito a nessuno fare campagna elettorale sulla pelle dei detenuti. Continuerò a battermi, come ministro ancora per poche settimane e poi come cittadina, perché le condizioni delle persone detenute nelle nostre carceri siano degne di un paese civile”.
Ciascuno dei ricorrenti ha denunciato di aver diviso una cella da nove metri quadrati con due altre persone, per tre metri quadrati a testa, di aver sofferto per la mancanza di acqua calda e in qualche caso anche per una illuminazione inadeguata. La Corte di Strasburgo ha ribadito che “la detenzione non comporta la perdita dei diritti garantiti dalla Convenzione” e ha stabilito che lo spazio a disposizione dei detenuti in questione non era conforme agli standard richiesti per un’accettabile detenzione, pari ad almeno quattro metri quadrati per persona.
”Prendo atto della sentenza della Corte Europea. Probabilmente riguarda una situazione di diversi mesi fa, quando l’istituto ospitava più di 400 detenuti, oggi sono 318 – ha detto all’Ansa Caterina Zurlo, dal 2001 direttrice del carcere di Piacenza – Inoltre è in via di ultimazione un nuovo padiglione che avrà una capienza di 200 posti e che sicuramente andrà ad alleviare una situazione che è comune a tante carceri italiane”. ”La condanna è una sentenza epocale che rischia di costare all’Italia un’enormità di risarcimenti. Sono infatti oltre 500 i ricorsi presentati da detenuti per le condizioni disumane e degradanti in cella” spiega Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, che ha già presentato 140 ricorsi, di cui molti collettivi. “Ora l’Italia in base alla sentenza, ha un anno di tempo per rimediare”.
I precedenti: l’Italia è stata già condannata quattro volte. A Strasburgo erano stati presentati diversi ricorsi l’estate scorsa. A causa delle cattive condizioni di detenzione la Corte di Strasburgo ha già condannato l’Italia quattro volte in quattro anni, di cui l’ultima l’estate scorsa per aver violato l‘articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Che sancisce che nessuno può essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, anche se, secondo Strasburgo, l’Italia era venuta meno ai suoi obblighi non volontariamente ma per ”inerzia e mancanza di diligenza”.
Simbolico in passato il caso di Franco Scoppola, per cui la Corte ha inflitto due delle quattro condanne all’Italia: la prima arrivata nel giugno del 2008 e la seconda questa settimana, per averlo tenuto in carcere nonostante medici e magistrati avessero appurato che questo gli impediva di essere curato adeguatamente e, anzi, aggravava la sua situazione già compromessa. Scoppola doveva essere subito trasferito in una struttura sanitaria adeguata o messo agli arresti domiciliari, ma sono occorsi più di tre anni perché questo accadesse.
Altro nodo messo in evidenza sia dal caso Scoppola che da quello di un altro detenuto, Salvatore Cara-Damiano, per cui l’Italia ha subito una delle altre condanne, e’ l’inadeguatezza anche di quelle strutture carcerarie in teoria specializzate nella dentenzione dei malati gravi come il carcere di Parma (dove entrambi erano detenuti), preposto ad accogliere carcerati con problemi motori e a offrire cure adeguate per i casi più difficili.
La Corte ha condannato l’Italia già una volta nel 2009 per il caso di Izet Sulejmanovic, detenuto in una cella in cui aveva a disposizione meno di tre metri quadrati quando secondo gli standard internazionali dovrebbero essere 7. Alla Corte, pero’, ora pendono più di mille ricorsi di detenuti, che lamentano ugualmente celle non in linea con gli standard e altri disservizi, come la mancanza di acqua calda nelle docce. Il governo italiano nel novembre 2011 aveva presentato a Strasburgo il piano carceri per dimostrare che sta agendo in modo da non essere nuovamente condannato. Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, organo incaricato di verificare se gli stati membri rispettano le sentenze della Corte, aveva però chiesto a Roma di dimostrare con i numeri come questo piano ridurrà il sovraffollamento, e di specificare se i magistrati, che adesso possono risarcire i detenuti per mancanza di spazio nella cella, hanno anche il potere di migliorare effettivamente la loro condizione detentiva.