Se i politici non sono in grado di mantenere le promesse, allora tocca ai cittadini mobilitarsi, prima che il Paese muoia di corruzione. È questo lo spirito con cui si avvia la campagna “Riparte il futuro”, promossa da Libera e Gruppo Abele, e presentata a Roma da don Luigi Ciotti. Un’iniziativa digitale aperta ai cittadini italiani, la prima in Europa di questa portata, che chiede ai candidati alle prossime elezioni politiche, quale che sia il loro partito di appartenenza, di assumere di fronte agli elettori cinque impegni stringenti anticorruzione. “La democrazia è incompatibile con la disonestà, con la furbizia, con la rassegnazione” ha detto don Luigi Ciotti durante la presentazione.

Non c’è  tempo da perdere, sottolineano gli organizzatori, in un paese in cui l’astensione ha raggiunto livelli record. E nell’ultima legislatura, tra il 2008 e il 2012, sono stati ben 90 i parlamentari indagati, condannati o arrestati per corruzione, concussione, truffe e abuso d’ufficio (59 del Pdl, 13 del Pd e 8 dell’Udc). Si tratta di circa il 10 per cento del totale, tra deputati e senatori. “Con quel che costa all’Italia la corruzione si potrebbero liberare le risorse necessarie per uscire dalla recessione”, stimano gli esperti della campagna. “Si potrebbe evitare l’Imu sulla prima casa (che costa 4 miliardi) o pagare gli interessi annuali sul debito pubblico. Con quei 60 miliardi stimati dalla Corte dei Conti come costo annuale della corruzione (una cifra approssimativa, sottostimata secondo molti esperti), si potrebbero coprire i costi degli ammortizzatori sociali – cassa integrazione, mobilità e indennità – che costano 20 miliardi all’anno, mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici (10 miliardi di euro) o avviare il restauro idrogeologico del Paese (2,5 miliardi). Basterebbero 14 miliardi per completare le opere fondamentali per il trasporto pubblico delle principali città italiane e 3 miliardi per costruire 10 ospedali d’eccellenza. Cifre che sommate non raggiungono comunque il costo complessivo della corruzione. Si potrebbe fare anche di più: secondo i promotori della campagna i 60 miliardi di euro del costo annuo della corruzione basterebbero infatti a varare ben tre manovre finanziarie di media portata, senza ulteriori oneri per il contribuente.

Per fare questo servono però nuove politiche anticorruzione, quelle che l’Europa ci chiede da tempo. Nessuna delle 22 raccomandazioni fatte al nostro paese dal Gruppo di Stati europeo contro la corruzione (Greco) è stata accolta nella fantomatica “legge anticorruzione varata dal governo Monti”, spiega Alberto Vannucci, uno dei massimi esperti italiani sulla corruzione e referente scientifico della campagna. “Anzi, la nuova legge ha di fatto depotenziato il reato di concussione, l’unico che aveva ancora una qualche forza deterrente”. 

La campagna “Riparte il futuro”, che vuole procedere per gradi lungo un percorso che durerà due anni, inizia impegnando i candidati alle elezioni del prossimo febbraio a cinque principi di trasparenza: rendere disponibile in rete la loro condizione reddituale e patrimoniale, il curriculum vitae, la situazione giudiziaria e l’eventuale presenza di conflitti d’interesse tra le loro attività. Li impegna inoltre a riformare, entro i primi 100 giorni della nuova legislatura, il 416 ter del Codice penale, la norma che riguarda lo scambio elettorale politico-mafioso, per renderla maggiormente efficace. Ai candidati sarà donato un braccialetto bianco, da indossare durante gli eventi pubblici, per rappresentare la loro adesione all’iniziativa.

Saranno i cittadini a vigilare sull’operato dei candidati, utilizzando anche le risorse del web e dei social network. Con l’obiettivo di riappropriarsi del diritto a essere ben amministrati e di invertire quella tendenza alla disaffezione e sfiducia nei confronti della classe politica che i recenti scandali giudiziari, e un parlamento pieno di indagati, hanno drammaticamente favorito. “In Francia, Spagna e Germania ci sono norme che chiedono a chi viene eletto la totale trasparenza: da noi, solo per fare un esempio, solo il 40% dei parlamentari ha autorizzato la pubblicazione online della propria dichiarazione dei redditi” dice Eugenio Orsi, responsabile della mobilitazione sulla rete. 

Secondo le statistiche europee di Eurobarometro, inoltre, nel 2011 il 12% degli italiani si è visto chiedere una tangente, mentre oltre il 60% crede che la corruzione della politica sia normale. “Se si confrontano gli almeno 5-6 milioni di episodi di corruzione che avvengono ogni anno in Italia, con le 300 persone condannate all’anno, abbiamo la dimostrazione quasi matematica di quanto questo reato sia sostanzialmente impunito”, spiega Vannucci.

Attualmente, dopo una settimana di test, hanno aderito alla campagna più di 5mila persone, firmando online la petizione di “Riparte il futuro”. E tra questi anche Roberta Mauri, figlia dell’imprenditore di Desio Ambrogio Mauri, morto suicida nel  1997 e vittima della corruzione. Pochi lo sanno, ma la corruzione è causa anche di morte. Lo dimostrano, ad esempio, gli studi internazionali che rivelano la connessione tra il livello di corruzione di un Paese e il numero di morti in occasione di eventi sismici, o il numero morti sul lavoro. Si stima che l’1,6% di decessi di bambini nel mondo sia dovuto agli effetti indiretti della corruzione, una cifra vicina ai 140mila morti ogni anno.

“La corruzione si associa a tutta una serie di patologie che sono alla radice della profonda crisi che stiamo attraversando. Tutti i fenomeni considerati un campanello di allarme, dalla fuga di cervelli alla scarsa crescita economica, alla inefficienza del sistema amministrativo, sono tutti correlati con la presenza di corruzione” continua Vannucci. Quel che è più grave, per i promotori della campagna, è che la corruzione inquina la democrazia, rendendo i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, e favorendo di fatto i politici corrotti.

Abbiamo chiesto a Vannucci di immaginare un’Italia senza corruzione: “Nel primo mese assisteremmo a scene di panico in alcuni uffici ministeriali, di urbanistica, ma anche all’interno di alcune logge massoniche. Si diffonderebbero il panico e i tentativi di organizzare una contro offensiva. Sul fronte degli onesti si registrerebbero lo sconcerto e qualche timida speranza, ad esempio tra gli imprenditori ormai rassegnati a lavorare all’estero o che hanno rinunciato da tempo a concorrere agli appalti in Italia. All’inizio l’incertezza sarebbe la condizione dominante, perché un sistema costruito sulla corruzione ha bisogno di tempo per sgretolarsi”.

Ma se le politiche avessero successo, e in dieci anni la corruzione diminuisse significativamente, continua il professore, “assiteremmo alla crescita della fiducia dei cittadini, tra loro e verso l’amministrazione pubblica. Aumenterebbe addirittura la fiducia in se stessi, nella possibilità di contare sui propri meriti”. In questo quadro, non solo le risosrse andrebbero meglio distribuite, ma svanirebbe pian piano anche il ricorso spasmodico alla giustizia penale. Nel breve periodo si avrebbero tribunali un po’ più pieni, ma dopo dieci anni la giustizia sarebbe molto meno ingolfata. Questo è il futuro che don Ciotti e gli organizzatori della campagna vorrebbero far ripartire.

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