Un tempo (riconducibile al Basso Medioevo) su quell’area, situata a sud di Roma, e che oggi viene chiamata Tor Pagnotta Due, sorgeva un’immensa tenuta agricola. Siamo nel cuore dell’Agro romano. A sorvegliare sull’insediamento un massiccio fortilizio: la Torre Chiesaccia. Pochi metri più a valle, a comprovare che quella era una vera e propria domus culta, e cioè un piccolo villaggio (con tanto di casa padronale e altre abitazioni in cui vivevano soldati e contadini), una chiesa costruita sul modello delle basiliche altomedievali.
Successivamente, negli anni Venti, in seguito alla bonifica dell’Agro romano, l’area di proprietà del Demanio venne divisa in lotti, ciascuno con un casale e relativo podere, e assegnati a famiglie di coloni. Questo magnifico complesso – valorizzato da un bosco di querce -, degno persino di citazioni poetiche e pittoriche, è riuscito ad arrivare ai giorni nostri pressoché intatto. Ma a Roma, si sa, la brama dei palazzinari non conosce limiti. E i loro desideri – di uno in particolare – per la politica locale, sia di destra che di sinistra, diventano sistematicamente quasi degli ordini. E poco importa se ci sono vincoli o altri impedimenti del genere. Un escamotage si trova sempre.
Succede anche in questo caso: quella, nel Piano territoriale paesistico della Regione (del 1998), viene indicata come una zona di “elevato valore paesistico“. E classificata a tutela integrale. Vista inoltre la conservazione dei ruderi (della torre che del complesso ecclesiastico),“è fatto obbligo di destinare queste aree – si legge nel piano – ad attività di esplorazione e scavo, nonché di valorizzazione dei manufatti storico-monumentali”. Infine, in base al Codice dei beni culturali, viene automaticamente (ope legis) sottoposta a vincolo culturale: accade per qualsiasi bene architettonico con più di 50 anni di età, che ricade su terreni pubblici. Quelli in gran parte sono di proprietà della Italscai gruppo Iri, sulle cui sorti adesso amministra il Comune.
Il primo passo, che ha già portato alla costruzione di due nuovi palazzoni, viene fatto nell’ottobre del 2000 con una valutazione d’impatto ambientale, per i collegamenti viari e altri accorgimenti, allegata al progetto di lottizzazione di Tor Pagnotta Due. Proposto dal nuovo consorzio omonimo, in cui sono maggiormente presenti le ditte del costruttore Francesco Gaetano Caltagirone. Nella Via però la zona adiacente alla torre, alla chiesa e ai casali di bonifica è ancora destinata a parco pubblico e a verde pubblico attrezzato. Sulla tavola di quel documento l’area in cui viene prevista la nuova espansione è un’altra. Vero, non così distante da quelle in cui ricadono i beni monumentali, ma di certo non colorata in verde. Il piano di lottizzazione viene approvato nel marzo del 2003 con una deliberazione del consiglio comunale di Roma (in Campidoglio c’è Walter Veltroni) che “subordina il rilascio dei permessi di costruire alla partecipazione economica del consorzio alla realizzazione delle infrastrutture”: in primis il prolungamento della Metro B. Un’opera troppo costosa, a cui Caltagirone & Co., – grazie all’intervento di alcuni tecnici del Comune, che evidenziano come il numero dei potenziali utenti della metropolitana non giustificherebbe la sua costruzione – riusciranno a sottrarsi. Niente metro, al massimo un tram (in seguito declassato a filobus).
Intanto, insieme a quella sulla mobilità, vengono apportate al progetto di lottizzazione altre modifiche, riportate su una nuova deliberazione del luglio del 2005. In particolare: la “traslazione di alcuni comparti per consentire che gli edifici siano ubicati a maggior distanza dalla torre”. Ovvio per i consiglieri comunali approvare una modifica del genere. Ma in realtà si tratta di un vero e proprio colpo di mano, col quale il progetto iniziale viene stravolto .“Guardando la planimetria – denuncia a ilfattoquotidiano.it Silvio Talarico, rappresentante del comitato di quartiere Castel di Leva – ci si accorge che ai nove comparti, a cui si faceva riferimento nella Via, ne vengono aggiunti altri quattro, che vengono addossati alla torre. Non allontanati”. Proprio su quell’area destinata dal Prg a verde pubblico. Occorrerebbe pertanto una nuova Via. Ma la Regione, ritenendo ancora che “la parte sottoposta a vincolo – si legge nel parere favorevole dato nel febbraio 2006 – è destinata dal progetto solo all’adeguamento della viabilità”, lascia correre. Nessuno evidentemente sembra posare gli occhi sulla nuova planimetria. I comitati di quartiere iniziano quindi a segnalare i presunti illeciti. Ma senza nessun riscontro.
A questo punto la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici del Comune di Roma diventa l’ultima spiaggia. E il funzionario responsabile di zona della Soprintendenza, dopo aver accertato in una dettagliata istruttoria che in quell’area ricade un “unicum di domus culta nella campagna romana, nonché un centro di colonizzazione agraria”, nel 2008 giunge ad una conclusione lapalissiana: sussistono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali. Insomma lì non si può costruire. A quell’istruttoria però non viene dato alcun seguito. Rimane come sospesa: il soprintendente, l’architetto Federica Galloni – oggi direttore regionale per i Beni Culturali -, non l’accoglie, ma neanche la respinge. E nell’ottobre del 2009 accade quello che non ti aspetti: il soprintendente, rilascia l’autorizzazione per la realizzazione del comparto Z13, cioè uno dei quattro comparti aggiunti a quelli previsti nel progetto approvato nel 2003. A patto di restaurare la Torre medievale (restauro mai avvenuto). Un mese dopo però, oltre ai due già esistenti, la Direzione regionale per i Beni Culturali appone un terzo vincolo per “ampliare le ipotesi di salvaguardia”, che prescrive in particolare: che “la sagoma di nuove costruzioni sia tale da non precludere la prospettiva e la percezione del complesso monumentale”. Purtroppo invece i due nuovi palazzoni di otto piani, che secondo quanto prescriveva la Via avrebbero dovuto avere una “quota massima in elevazione pari a quella dei limitrofi palazzi” (di appena quattro piani), insieme agli altri che stanno per sorgere, renderanno i manufatti praticamente invisibili dagli assi stradali.
Cronaca
Agro Romano patrimonio paesaggistico? Caltagirone costruisce palazzi di 8 piani
Dopo la bonifica degli anni Venti l'area del Demanio venne divisa in lotti: un complesso magnifico arrivato intatto fino ai giorni nostri. Finché non è stato il piano territoriale. La Soprintendenza disse che lì non si poteva costruire: "E' un unicum di domus culta nella campagna romana"
Un tempo (riconducibile al Basso Medioevo) su quell’area, situata a sud di Roma, e che oggi viene chiamata Tor Pagnotta Due, sorgeva un’immensa tenuta agricola. Siamo nel cuore dell’Agro romano. A sorvegliare sull’insediamento un massiccio fortilizio: la Torre Chiesaccia. Pochi metri più a valle, a comprovare che quella era una vera e propria domus culta, e cioè un piccolo villaggio (con tanto di casa padronale e altre abitazioni in cui vivevano soldati e contadini), una chiesa costruita sul modello delle basiliche altomedievali.
Successivamente, negli anni Venti, in seguito alla bonifica dell’Agro romano, l’area di proprietà del Demanio venne divisa in lotti, ciascuno con un casale e relativo podere, e assegnati a famiglie di coloni. Questo magnifico complesso – valorizzato da un bosco di querce -, degno persino di citazioni poetiche e pittoriche, è riuscito ad arrivare ai giorni nostri pressoché intatto. Ma a Roma, si sa, la brama dei palazzinari non conosce limiti. E i loro desideri – di uno in particolare – per la politica locale, sia di destra che di sinistra, diventano sistematicamente quasi degli ordini. E poco importa se ci sono vincoli o altri impedimenti del genere. Un escamotage si trova sempre.
Succede anche in questo caso: quella, nel Piano territoriale paesistico della Regione (del 1998), viene indicata come una zona di “elevato valore paesistico“. E classificata a tutela integrale. Vista inoltre la conservazione dei ruderi (della torre che del complesso ecclesiastico),“è fatto obbligo di destinare queste aree – si legge nel piano – ad attività di esplorazione e scavo, nonché di valorizzazione dei manufatti storico-monumentali”. Infine, in base al Codice dei beni culturali, viene automaticamente (ope legis) sottoposta a vincolo culturale: accade per qualsiasi bene architettonico con più di 50 anni di età, che ricade su terreni pubblici. Quelli in gran parte sono di proprietà della Italscai gruppo Iri, sulle cui sorti adesso amministra il Comune.
Il primo passo, che ha già portato alla costruzione di due nuovi palazzoni, viene fatto nell’ottobre del 2000 con una valutazione d’impatto ambientale, per i collegamenti viari e altri accorgimenti, allegata al progetto di lottizzazione di Tor Pagnotta Due. Proposto dal nuovo consorzio omonimo, in cui sono maggiormente presenti le ditte del costruttore Francesco Gaetano Caltagirone. Nella Via però la zona adiacente alla torre, alla chiesa e ai casali di bonifica è ancora destinata a parco pubblico e a verde pubblico attrezzato. Sulla tavola di quel documento l’area in cui viene prevista la nuova espansione è un’altra. Vero, non così distante da quelle in cui ricadono i beni monumentali, ma di certo non colorata in verde. Il piano di lottizzazione viene approvato nel marzo del 2003 con una deliberazione del consiglio comunale di Roma (in Campidoglio c’è Walter Veltroni) che “subordina il rilascio dei permessi di costruire alla partecipazione economica del consorzio alla realizzazione delle infrastrutture”: in primis il prolungamento della Metro B. Un’opera troppo costosa, a cui Caltagirone & Co., – grazie all’intervento di alcuni tecnici del Comune, che evidenziano come il numero dei potenziali utenti della metropolitana non giustificherebbe la sua costruzione – riusciranno a sottrarsi. Niente metro, al massimo un tram (in seguito declassato a filobus).
Intanto, insieme a quella sulla mobilità, vengono apportate al progetto di lottizzazione altre modifiche, riportate su una nuova deliberazione del luglio del 2005. In particolare: la “traslazione di alcuni comparti per consentire che gli edifici siano ubicati a maggior distanza dalla torre”. Ovvio per i consiglieri comunali approvare una modifica del genere. Ma in realtà si tratta di un vero e proprio colpo di mano, col quale il progetto iniziale viene stravolto .“Guardando la planimetria – denuncia a ilfattoquotidiano.it Silvio Talarico, rappresentante del comitato di quartiere Castel di Leva – ci si accorge che ai nove comparti, a cui si faceva riferimento nella Via, ne vengono aggiunti altri quattro, che vengono addossati alla torre. Non allontanati”. Proprio su quell’area destinata dal Prg a verde pubblico. Occorrerebbe pertanto una nuova Via. Ma la Regione, ritenendo ancora che “la parte sottoposta a vincolo – si legge nel parere favorevole dato nel febbraio 2006 – è destinata dal progetto solo all’adeguamento della viabilità”, lascia correre. Nessuno evidentemente sembra posare gli occhi sulla nuova planimetria. I comitati di quartiere iniziano quindi a segnalare i presunti illeciti. Ma senza nessun riscontro.
A questo punto la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici del Comune di Roma diventa l’ultima spiaggia. E il funzionario responsabile di zona della Soprintendenza, dopo aver accertato in una dettagliata istruttoria che in quell’area ricade un “unicum di domus culta nella campagna romana, nonché un centro di colonizzazione agraria”, nel 2008 giunge ad una conclusione lapalissiana: sussistono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali. Insomma lì non si può costruire. A quell’istruttoria però non viene dato alcun seguito. Rimane come sospesa: il soprintendente, l’architetto Federica Galloni – oggi direttore regionale per i Beni Culturali -, non l’accoglie, ma neanche la respinge. E nell’ottobre del 2009 accade quello che non ti aspetti: il soprintendente, rilascia l’autorizzazione per la realizzazione del comparto Z13, cioè uno dei quattro comparti aggiunti a quelli previsti nel progetto approvato nel 2003. A patto di restaurare la Torre medievale (restauro mai avvenuto). Un mese dopo però, oltre ai due già esistenti, la Direzione regionale per i Beni Culturali appone un terzo vincolo per “ampliare le ipotesi di salvaguardia”, che prescrive in particolare: che “la sagoma di nuove costruzioni sia tale da non precludere la prospettiva e la percezione del complesso monumentale”. Purtroppo invece i due nuovi palazzoni di otto piani, che secondo quanto prescriveva la Via avrebbero dovuto avere una “quota massima in elevazione pari a quella dei limitrofi palazzi” (di appena quattro piani), insieme agli altri che stanno per sorgere, renderanno i manufatti praticamente invisibili dagli assi stradali.
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Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "L'attualità internazionale impone una riflessione. Con determinazione dobbiamo rilanciare quello spirito europeo che l'Italia ha contribuito come Paese fondatore a creare. Dal 1957 i passi in avanti fatti sono stati straordinari, eccezionali, però ora è necessario uno scatto ulteriore. È centrale il tema della difesa, ma in questo ambito le posizioni sono ancora piuttosto articolate all'interno dell'Unione e non è un bene". Lo ha detto Alessandro Battilocchio, deputato Fi, partecipando oggi al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze.
"L'Italia fu uno dei Paesi che prima ancora dei trattati di Roma nel 1954 con De Gasperi lanciò l'idea di una difesa comune - continua Battilocchio - Poi, proprio dalla Francia ci fu una grande frenata. Dopo il trattato di Lisbona sembrava che questo percorso si fosse riavviato con una serie di step previsti che dovranno portare ad una difesa comune, però anche in questo caso, pur in una contingenza difficile, legata alla pandemia, i passi in avanti sono stati assolutamente troppo flebili. Ora il tema è tornato prepotentemente d'attualità e io ritengo che sia importante che si sia aperto un dibattito. Le parole che arrivano da Oltreoceano rappresentano, in questo contesto, una spinta ad accelerare questa discussione".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - “Credo che, sotto il profilo geo culturale un'enfasi forte sul consesso europeo sia strettamente necessario perché ritengo che si stia perdendo culturalmente un ruolo che il nostro contesto geografico politico ha sempre avuto. Con il linguaggio dei numeri, il valore delle nostre imprese in relazione al totale delle imprese del mondo non è sceso, è crollato in modo ingiustificato. Se confrontate il 2005 con il 2024, vi accorgete che il prodotto interno lordo dell'Europa è passato dal 35% del totale del mondo al 20%. Siamo scesi come peso e come significatività. Se poi andiamo a vedere il peso delle società quotate, nel 2005 e oggi, troviamo che è passato dal 35% del totale a meno del 15%”. Così Maurizio Dallocchio, professore ordinario università Bocconi, intervenendo oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni e i cittadini.
Nel mondo, “le banche europee, sono irrilevanti - aggiunge Dallocchio - La prima banca europea per dimensione di capitalizzazione è dopo il numero 20. Nelle prime 10 ce ne sono 4 americane, 4 cinesi, una della Gran Bretagna e una giapponese. Non ce n'è una europea. Le banche europee, per finanziare le imprese europee, sono fortissime, sono importantissime - evidenzia il professore - Se consideriamo 100 il debito delle imprese europee, 75 è debito bancario e solo 25% è legato ai mercati e all'emissione di titoli obbligazionari. Credo che se partiamo da questi numeri ci rendiamo contro che stiamo diventando, in qualche modo, preda, sotto il profilo economico. Ma - avverte il professore - l'economia influisce sulla politica e sulla società ed evidentemente dà un impulso numerico alla cultura prevalente”.
C’è una concentrazione geopolitica delle maggiori imprese del mondo. “Tra le prime otto per capitalizzazione di borsa, sette sono statunitensi, l'altra è saudita e fa petrolio - illustra l’esperto - Quella che capitalizza di più in borsa, che vale 3.600 miliardi di dollari, molto di più del debito pubblico italiano per intenderci, quasi il doppio del Pil italiano, è una società che appartiene al settore tecnologico. Le sette americane sono tutte imprese tecnologiche. Per cui il secondo elemento di concentrazione, il settoriale, è potentissimo. Le prime otto società per capitalizzazione di borsa, nel 2005, l'anno di riferimento che ho preso insieme al 2024, erano presenti in sei settori diversi: il farmaceutico, diversificato, la grande distribuzione, il bancario, l'oil and gas e le tecnologie. Oggi i settori presenti sono, praticamente, uno”.
Inoltre, “la capitalizzazione di borsa delle prime cinque società al mondo per capitalizzazione - rimarca il professore - valgono il 30% del mercato di tutto il mondo. La sola, Nvidia, che è legata al mondo dell'intelligenza artificiale, da sola pesa una 1,6 tutta la borsa tedesca: una concentrazione dimensionale incredibile, mai esistita in passato. Altamente preoccupante è che si tratta di realtà proprietarie. Nel 2005, delle grandi imprese che connotavano il mondo, la concentrazione della proprietà era altamente diffusa. Nessuno possedeva più del 7 - 8 - 9%. Oggi, le prime otto società per capitalizzazione, si rifanno al nome di un padrone. Sotto il profilo evidentemente economico, finanziario, ma anche sociale e culturale, ha un impatto sul mondo che è straordinario”.
Come Europa, “se vogliamo tornare ad avere il ruolo sotto il profilo culturale in primo luogo sotto il profilo economico e sociale - suggerisce Dallocchio - è necessario accettare che ci sia un debito comune, è necessario provvedere a una difesa comune, al rilancio dei mercati e della finanza, intesa nel senso buono, dei soldi che finiscono alle aziende proveniendo dalle famiglie. È necessaria una fiscalità omogenea ed è necessario prendere consapevolezza del fatto che se vuoi essere competitivo devi investire in tecnologie e in intelligenza, che poi naturale o artificiale, con una visione di lungo periodo che porti a credibilità, a sostenibilità, a visibilità, a credito, che si trasformi anche in credito culturale della nostra Europa”. In questo contesto, l’Italia “è un Paese che paga una valanga di tasse. Partiamo da un livello di tassazione che, rispetto ad altri Paesi è mostruosamente superiore”. Va bene la rottamazione delle cartelle esattoriali? “Si, ma cum grano salis”, conclude.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sulportale Eurofocus.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "La politica deve essere capace di guidare la narrazione, le trasformazioni, non deve essere esecutrice di decisioni raggiunte in altri ambiti. Meritocrazia Italia chiede un rinascimento della politica, per questo siamo a Firenze. La politica non è solo nei palazzi, parte dal basso e abbiamo ambizioni grandi, anche oltre confine". Lo ha detto Zenaide Crispino, ministro MI Turismo, Cultura, Impresa e Territorio, nel suo intervento al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze.
"La geopolitica e la geo cultura si muovono in un gioco di specchi - spiega Crispino - perché si condizionano reciprocamente e il momento storico che viviamo ci pone di fronte a degli scontri asimmetrici. C'è un occidente che si dibatte per mantenere la geocultura, anche al cospetto di un sistema che manifesta delle crepe e delle fragilità. Ci sono Paesi come quelli del Golfo, l'India, la Cina che vogliono riscrivere le regole proprio della geopolitica, si muovono tra capitalismo e autoritarismo, tra egemonia e soft power. Le guerre vogliono riscrivere le frontiere del diritto internazionale. Poi c'è l'Europa, che sembra un po' dispersa tra questi giganti”. A livello internazionale, “sicuramente l'elezione di Trump vede degli Stati Uniti che accelerano sull'indipendenza energetica - illustra - ma che, nello stesso tempo, si svincolano da trattati internazionali che sono stati stilati proprio per una visione coesa internazionale contro il cambiamento climatico. C'è la Cina che, pur essendo uno dei paesi più inquinanti al mondo, ha il monopolio nella produzione delle tecnologie green. C'è l'Europa che insegue, una transizione ecologica giusta, ma tante volte anche ideologica. Ci siamo persi, a volte, perché scollati dalle esigenze delle economie reali".
Ma "l'ambiente non è solo un problema climatico, è anche un problema di sicurezza - sottolinea Crispino - perché dove ci sono delle crisi climatiche si evidenziano anche spesso delle crisi umanitarie e migratorie. Anche in questo caso la politica e la cultura non possono discostarsi l'una dall'altro. Tante volte meritocrazia ha chiesto l'integrazione reale che si basa sull'incontro di quelle culture che vengono in contatto, che restituiscano la tolleranza a chi deve ospitare e la dignità a chi viene ospitato. Questo, a dispetto di un'accoglienza indiscriminata, che invece crea quelle bolle di subcultura che genere illegalità e quindi intolleranza. Anche la giustizia è un elemento essenziale nell'immaginario collettivo. La giustizia deve essere percepita come equa, certa, svincolata dalla burocrazia, deve restituire sicurezza, certezza del diritto, ma anche della pena". Rimarcando l’importanza della politica, Crispino conclude mettendo in guarda sull’affacciarsi di "protagonisti, che sono soggetti privati, che perché dispongono di un potere finanziario tale, hanno la possibilità di gestire asset strategici, la comunicazione, la sicurezza, l'intelligenza artificiale, le energie rinnovabili, fino alla conquista dello spazio. Il mio riferimento non è velato, sto parlando Musk, ovviamente".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - "Stiamo assistendo a dei profondi cambiamenti. Non so se la geopolitica salverà il mondo, credo che la diplomazia lo possa fare, con tutte le dovute cautele. Il lavoro delle diplomazie di tutto il mondo" è "sempre stato fondamentale per evitare guerre o farle finire e questo è un momento in cui, nel quadrante dove lavoro io, cioè nel Golfo ma anche nel resto del Medio Oriente, stiamo assistendo, dopo oltre un anno, a qualche buona notizia. Cessate il fuoco a Gaza, cessate il fuoco in Libano. Ci sono stati dialoghi interregionali che sicuramente fanno sperare in una nuova fase. Tutto è ancora molto fragile e quindi dovremmo lavorarci con enorme forza". Lo ha detto Luigi Di Maio, rappresentante speciale dell’Ue per la regione del Golfo, intervenendo oggi a Firenze al focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia, la due giorni interamente dedicata al confronto tra le parti politiche, le Istituzioni tutte e i cittadini.
"Sicuramente questo è un momento in cui a livello internazionale è meglio non lavorare da soli - aggiunge Di Maio - Più si può stare insieme e si può lavorare insieme ai nostri alleati, ai nostri partner, meglio è. L'illusione che si possa fare, si possa affrontare le dinamiche geopolitiche da soli è qualcosa che appartiene a un passato, neanche di grande successo, e questo è pienamente in linea anche con lo spirito con cui il governo italiano sta affrontando questo momento. Molti si meravigliano che l'incontro tra Trump e Putin possa avvenire in Arabia Saudita, ma l’Arabia Saudita ha costruito una politica estera, soprattutto nei momenti di grande polarizzazione del mondo. Dopo il Covid sui vaccini o dopo l'aggressione russa all'Ucraina, è chiaro ed evidente che questi Paesi" del Golfo “hanno investito in una politica multipolare, come la chiamano, e oggi riescono a dialogare con tutti, anche con gli europei, da una posizione molto credibile, evidentemente".
Tale situazione "non riguarda soltanto i sauditi - conclude Di Maio - Gli emiratini nell'ultimo anno hanno negoziato il rilascio di prigionieri sia russi che ucraini, per oltre 2000 persone, i catarini hanno fatto rientrare i bambini ucraini in Ucraina dalla Russia, grazie ad una mediazione tra Russia e Ucraina e così via. Assistiamo a un Golfo, il paese e la regione in cui lavoro, che diventa sempre più un hub per mediazioni diplomatiche e facilitazioni diplomatiche. La buona notizia è che noi", come italiani "abbiamo ottimi rapporti con loro e siamo partner strategici di questi paesi. Lo dico senza nessun interesse, e come una persona che sicuramente ha avuto anche diverse discussioni, con gli attuali leader politici: credo che siamo in un momento europeo in cui l'Italia si sta dimostrando uno dei paesi più stabili politicamente e questa non è una cosa da poco. Dobbiamo cercare di ricostruire sempre più una politica che tenga al centro l'interesse europeo, abbiamo bisogno adesso di mettere al centro l'interesse europeo".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Nella riforma della giustizia "il problema è nella narrazione. Conosco centinaia di colleghi assolutamente onesti, desiderosi di esprimersi in collettività. Definire i gruppi come delle correnti, gruppi di potere per alterare il meccanismo della giustizia, non corrisponde alla realtà globale che conosco”. Così Cesare Parodi, presidente Associazione nazionale magistrati, partecipando focus dedicato alla Geo cultura in occasione della Direzione nazionale di Meritocrazia Italia in corso a Firenze, sottolinea che “gli interlocutori per Anm sono tutti, quindi anche con il governo: anche in un momento difficile come questo, se qualcuno è disposto ad ascoltarci, la porta è aperta. È un principio irrinunciabile, ma serve una volontà. La speranza è che ci possa essere un dialogo assolutamente franco, leale e costruttivo da entrambe le parti".
Sulla geopolitica "l’unica cosa sensata che posso dire - aggiunge Parodi - è una profonda e profondissima preoccupazione a livello internazionale con prospettive molto pericolose e negative, non solo a livello bellico, ma anche per le ricadute economiche che possono verificarsi. Da cittadino, prima che da magistrato, chiederei una maggiore capacità di sedersi intorno al tavolo. Sono morti troppi ragazzi russi e ucraini. Il sentimento di preoccupazione penso possa essere condiviso".
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Il Senato della Repubblica ha deciso di ricordare il terzo anniversario dell'invasione dell'Ucraina. Lunedì 24 febbraio la facciata di Palazzo Madama sarà illuminata con i colori della bandiera ucraina dalle ore 18 fino alle 7 del giorno successivo.