“Oggi continuiamo un viaggio che non avrà mai fine”. Così Barack Obama ha iniziato il discorso con cui dà il via al suo secondo mandato presidenziale. Davanti a 600mila persone, arrivate a Washington da tutti gli Stati Uniti per l’Inaugurazione 2013, Obama ha parlato di un’America dal forte afflato democratico, che deve continuare il suo viaggio verso l’eguaglianza, che deve integrare sempre più gruppi e settori della società, che deve cercare il suo primato nel mondo non più con “i moschetti”, con la forza delle armi, ma con quella della cultura, dello sviluppo tecnologico e scientifico, con un forte afflato alla libertà e alla giustizia. 

Il discorso di Obama – un oratore altalenante, che nel passato ha offerto prove pubbliche eccezionali ma anche momenti di scarsa forza e ispirazione – è parso sin dall’inizio puntare alla necessità di ritrovare quell’unità del Paese che gli ultimi decenni della politica di Washington, e una particolare polarizzazione sociale, hanno in parte dissolto. “Ciò che unisce la nostra nazione non è il colore della nostra pelle o l’origine dei nostri nomi, ma che tutti gli uomini sono creati uguali ed hanno diritti inalienabili”, ha detto Obama, notando subito che il “journey”, il viaggio americano, non si è concluso ma è un processo continuamente operante. Obama ha citato espressamente gay e lesbiche, afro-americani, immigrati, tutti quei gruppi che ancora non hanno trovato un pieno inserimento e riconoscimento nella società americana.

In omaggio a quello che è stato un tema fondamentale della sua campagna presidenziale 2012, Obama ha spiegato che “la prosperità della nostra nazione si deve fondare sul lavoro di una classe media forte” e ha rilanciato un’immagine di capitalismo USA che non può vivere senza regole e senza il senso di una comunità che è comunque il fine ultimo della vita nazionale: “Tutti assieme sappiamo che il libero mercato può produrre prosperità solo se ci sono regole che assicurano concorrenza e correttezza tra tutti”. Esplicito è stato anche il riferimento al Medicaid, al Medicare, ai programmi sociali che fanno parte della storia democratica degli Stati Uniti e che Obama ha chiesto di mantenere e rafforzare, per rendere più “stabile la nostra Unione”.

Alcuni osservatori hanno visto in questa Inaugurazione 2013 un momento politico meno eclatante, meno denso di speranze e aspettative rispetto a quello del 2009 che diede inizio al primo mandato di Obama. Quel giorno, il 20 novembre 2009, c’erano un milione e ottocentomila persone, sul prato del Mall di Washington, ad attendere il giuramento del primo presidente afro-americano della storia. Quattro anni dopo, Obama ha comunque voluto egualmente sottolineare il valore “storico” della sua presidenza. Ha giurato, per esempio, su due Bibbie, quella di Abraham Lincoln e quella di Martin Luther King, a dare proprio il senso di una missione politica che cerca di andare al di là della politica etnica e delle identità, per rilanciare il senso di unità americana. “Ora più che mai dobbiamo agire insieme, come una nazione, come un solo popolo”, ha detto Obama.

Il contesto politico in cui Obama affronta l’inizio del suo secondo mandato è comunque molto diverso rispetto a quattro anni fa. Nel 2009 gli Stati Uniti si trovavano nel mezzo di una delle recessioni economiche più gravi della storia. Due guerre, in Afghanistan e Iraq, erano ancora in corso e rendevano più incerto, travagliato il percorso del nuovo presidente. Le cose, quattro anni dopo, sono sostanzialmente cambiate. La fase peggiore della crisi economica sembra superata. Le guerre americane sono concluse o in fase di ritiro. Obama può quindi, nei prossimi quattro anni, mettere a punto una serie di riforme cui ha apertamente accennato nel suo discorso di Inaugurazione: riforma fiscale, immigrazione, una nuova legge sulle armi. Il senso che quattro anni, e tanta storia politica, siano passati dal 2009, lo si è avuto quando Obama ha spiegato che il tempo delle guerre americane è terminato, e che il futuro si vince attraverso altre sfide: quelle del sapere, della tecnologia e della scienza: “Oggi è finito un decennio di guerre e ne e’ cominciato uno di sviluppo economico – ha spiegato il presidente – : l’America ha opportunità senza limiti, tutte quelle che vengono richieste da questo mondo ormai senza confini”.

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