“A un cattolico quest’atmosfera di disimpegno non è consentita e partecipare con il voto è già un modo concreto per non disertare la scena pubblica”. Più che una presa di posizione è un vero e proprio appello quello lanciato dal cardinale Angelo Bagnasco all’interno di un’intervista di Famiglia Cristiana. Il presidente della Cei, infatti, ha risposto così alla domanda relativa ai sondaggi che dicono come una parte dei cattolici sia incerta in vista delle elezioni. “Circola spesso l’immagine di un Paese disamorato, privo di prospettive, quasi in attesa dell’ineluttabile” ha sottolineato Bagnasco al direttore del settimanale cattolico, don Antonio Sciortino. “La crisi economica e sociale è però il sintomo drammatico di uno spaesamento più profondo” è il parere del presidente della Conferenza episcopale italiana, secondo cui “l’effetto è un ripiegamento sul privato e una fuga nella demagogia che allontana la possibilità di un cambiamento“.
Non è un caso, del resto, che l’opinione espressa dal cardinale arrivi durante una campagna elettorale che, per quanto riguarda il mondo cattolico, sembra orientata alla dispersione. A differenza delle passate elezioni, infatti, il fronte dei politici ‘bianchi’ è quantomai frantumato. Una parte consistente è confluita nel centro di Mario Monti (appoggiato dallo zoccolo duro dell’Udc di Casini), il che comunque non ha impedito al Popolo della Libertà di presentare in lista nomi di peso di Comunione e Liberazione come Roberto Formigoni e Maurizio Lupi. Da non dimenticare, inoltre, la componente cattolica del Partito democratico.
Una divisione che Bagnasco ben conosce, tanto da sottolinearla nell’intervista con tanto di via d’uscita, ovvero la convergenza sui temi: “La presenza di esponenti cattolici in schieramenti differenti dovrà accompagnarsi a una concreta convergenza sulle questioni eticamente sensibili“. Secondo il presidente Cei, infatti, ”l’insignificanza si produce quando all’appartenenza dichiarata non segue un’azione centrata sui valori di riferimento dell’antropologia cristiana e si perseguono logiche più vicine al proprio tornaconto che al perseguimento del bene comune. Se non si dice nulla di significativo, perché non si conosce o per convenienza, si diventa irrilevanti”.
Alla domanda se sarebbe stato meglio che i cattolici confluissero tutti al centro per contare di più, il presidente della Cei ha risposto che “bisogna guardare avanti”. “I cattolici – ha spiegato – sono chiamati in una società lacerata e priva di slancio vitale a riprendere il cammino perché è ancora possibile riscattare un Paese che ha un potenziale enorme”. “Penso però – ha proseguito – che l’Italia non riprenderà a girare senza riappropriarsi della sua sensibilità umanistica che è innegabilmente cristiana. Qui sta l’apporto che ci si attende da politici credenti, un contributo non generico, ma come esige la storia oggi, sempre più puntuale e concreto”.
Dopo aver sottolineato come “la mancanza di lavoro è la grave urgenza del nostro Paese”, Bagnasco ha detto che “questo è un banco di prova su cui la politica dopo le elezioni sarà costretta a cimentarsi. Speriamo di concerto e non su barricate contrapposte”. Il rappresentante dei vescovi è poi tornato sulla questione Imu. “La Chiesa le tasse finora le ha pagate, contrariamente a ciò che si dice e si scrive. Evadere le tasse è peccato!” ha detto Bagnasco, sostenendo che “quanto all’Imu, la vera distinzione da salvaguardare è quella tra realtà non profit e realtà commerciali”. In tal senso, “chi svolge un’attività a sfondo sociale è giusto che sia riconosciuto in questa sua funzione e venga dunque esentato. Al contrario, per le attività che hanno una finalità lucrativa, è giusto prevedere una tassazione”. Per Bagnasco, del resto, “non esiste alcuna legge ad Ecclesiam“.
“No ai matrimoni tra persone dello stesso stesso”
E a proposito di ‘questioni eticamente sensibili’, Bagnasco ha ribadito la posizione della Cei sulle nozze gay. Nessuna sorpresa: “Sottrarre ai figli la possibilità di avere un papà e una mamma vuol dire manipolare l’elementare forma di ingresso nel mondo che, grazie alla reciprocità del maschile e del femminile, garantisce l’armonico sviluppo della persona umana”. Per Bagnasco, del resto, gli attacchi alla famiglia “rappresentano un’alterazione dell’esperienza individuale e sociale”.
Entrando nello specifico, ”abolire una delle due figure di riferimento, in nome della filosofia del gender che censura quanto è già inscritto nell’esperienza umana, vuol dire rifiutare l’evidenza, indebolendo il soggetto umano, proprio al suo apparire” ha spiegato ancora Bagnasco, secondo cui “nel nostro Paese per altro è vistosa – specie a confronto con altri Paesi europei – l’assenza di politiche familiari adeguate e durature. Il loro scopo – ha aggiunto -, mai ancora seriamente preso in considerazione dalla classe politica, è di riconoscere la funzione sociale non tanto della coppia, ma della generazione dei figli. Sono essi infatti che garantiscono l’apertura al futuro, che resta incerto se l’inverno demografico dentro cui l’Italia vive continuerà ancora”.