L’ipotesi del pagamento di una maxi tangente per l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena non sembra essere il primo dei reati su cui la Procura di Siena sta indagando. Gli inquirenti, a un giorno dalla pubblicazione di alcuni quotidiani della notizia che l’indagine si allargasse alla corruzione, fanno sapere che sono altri i capitoli di questa vicenda che stanno scandagliando. I punti cardini al momento sarebbero il reperimento di risorse – a bilancio Mps pagò oltre 10 miliardi l’istituto veneto un prezzo considerato esorbitante dagli analisti – per l’acquisizione e i finanziamenti alla Fondazione Monte dei Paschi. Non mancano, ma sono già oggetto di indagine da mesi le comunicazioni agli organi di vigilanza, le operazioni sul titolo, per alterarne il valore; e, da alcune settimane, anche le operazioni in derivati. Una storia, raccontata dal Fatto Quotidiano, e che ha portato il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, ex numero uno di Mps, alle dimissioni.
Gli inquirenti senesi – che hanno agli atti anche documenti raccolti dalla Procura di Milano e trasferiti a Siena per competenza territoriale – avrebbero raccolto elementi significativi riguardo a “condotte fraudolente messe in campo già dal 2007 dai manager dell’epoca del Monte dei Paschi per reperire una parte significativa dei circa dieci miliardi di euro versati alla banca Santander per l’acquisizione di Antonveneta e per finanziamenti a favore della Fondazione”: insomma il marcio sarebbe a monte e non valle. “Tali condotte dolose, protratte nel tempo” sempre secondo gli inquirenti e come riporta l’Ansa avrebbero riguardato in alcuni casi “anche interventi per alterare il valore del titolo Antonveneta, tali da configurare il reato di manipolazione del mercato”; insomma un aggiotaggio per cui sono stati già iscritti alcuni personaggi.
Più recentemente, su segnalazione dell’Ispettorato di vigilanza della Banca d’Italia, l’inchiesta – nell’ambito della quale sono state già fatte numerose perquisizioni in Italia e all’estero – prende in esame anche operazioni in derivati – con particolare riferimento ad alcune clausole contrattuali “aggiuntive” – stipulate con Deutsche Bank e Nomura – che avrebbero prima richiesto una forte liquidità e poi determinato la necessità di ricorrere a nuovi finanziamenti per arginare le perdite, ottenuti a condizioni fortemente penalizzanti per la banca.