Manca solo l’ufficialità: poi, grazie al lodo Patuelli, Antonio Patuelli sarà presidente dell’Abi. Per ora è stato designato all’unanimità dal comitato esecutivo di presidenza. E grazie appunto al lodo da lui voluto che prevedeva al vertice Abi un’alternanza tra un nome espresso dai grandi gruppi bancari e uno dai piccoli. Questa volta tocca appunto ai piccoli.
La classe è quella di ferro, 1951, come Pier Luigi Bersani e Denis Verdini, due cavalli di razza. Lui, Antonio Patuelli, e dopo aver fatto il sottosegretario nel governo Ciampi, torna sulle prime pagine dei giornali. “In realtà sono in vacanza, non ne so niente”, aveva detto due giorni fa al Fatto Quotidiano.
Editorialista del Resto del Carlino, Patuelli nel 2009 è diventato cavaliere della Repubblica. “Fu allora che il mio nome venne passato ai raggi X e posso dirle che nella mia esistenza non esiste una richiesta di rinvio a giudizio”.
Nato nel Partito liberale, “ma con posizione autonome rispetto alla linea del partito”, tiene a specificare, è stato vicino a Francesco De Lorenzo e Valerio Zanone. Il suo nome e cognome e la sua città di provenienza, Ravenna, dove regna incontrastato alla guida della Cassa di risparmio, compaiono anche nelle liste della massoneria che il procuratore di Palmi, Agostino Cordova, fece sequestrare nel 1993: “Potrebbe essere un mio omonimo”, dice oggi Patuelli. “Provate a fare una ricerca su Google e capirete quanti Antonio Patuelli ci sono nella provincia. C’è addirittura un altro mio omonimo che presiedeva la fondazione di una banca, più o meno il mio mestiere. Le ripeto, non ho pendenze con la giustizia né con il fisco, sono una persona trasparente e più di una volta ci hanno provato. Non ambisco a niente, di questa lista non ne so nulla ed è la prima volta che lo sento dire. Mi ricordo dell’inchiesta Cordova, non mi ricordo del mio nome”.
Parlare di Ravenna e massoneria insieme non è casuale. Il gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, è lì che vive e lì ebbe la sua iniziazione: “La loggia – ricorda Raffi -era la Dante Alighieri, che oggi esiste ancora. Poi io fondai ‘La Pigneta’, che prendeva il nome glorioso della loggia napoleonica. Ricordo prima le voci, poi i volti di persone che conoscevo da sempre, ad esempio Nevio Baldisseri, un personaggio della vita politica ravennate, amico di mio padre, o Celso Cicognani che è stato sindaco di Ravenna e che piacevolmente trovai lì”. Tutti particolari che Patuelli non conosce: “Conosco Raffi, fa l’avvocato nella mia città, ci incontriamo per strada, ma nessun rapporto diretto. Una cosa mi preme ricordare, visto che parliamo di banche: la Cassa di risparmio che presiedo vieta per statuto ogni tipo di stock option. Ma non solo: è vietata anche qualsiasi buonuscita per i manager. Credo che questo possa servire a inquadrare chi sono e come lavoro. Oltre a questo sono lontano dalla politica da 20 anni. Ho fatto il sottosegretario del governo Ciampi e mi sono dimesso per scelta, nonostante avessi la fiducia del premier, del ministro e del mio partito. Sono uscito dalla politica molti anni fa. Eravamo nel lontano 1993. Da allora ho stracciato tutte le tessere e non ne ho più prese. L’ultimo partito al quale sono stato iscritto era quello Liberale”.
Niente massoneria, dice lui. Nonostante il legame di una certa parte di istituti di credito con le logge sia quasi letteratura. “Con me – dice Patuelli – non si è mai palesato nessuno. Non saprei cosa dire”. Niente massoneria, niente politica. E neppure la presidenza dell’Abi: “Sono in vacanza, non ho nessuna ambizione di questo tipo”, diceva sornione due giorni fa. Sapendo benissimo che lui e soltanto lui sarebbe stato il nome proposto all’unanimità.