Sono cinque le proposte contro la violenza alle donne rivolte al futuro governo e agli eletti e alle elette che entreranno in Parlamento. Cinque punti che non potranno mancare dal futuro programma politico, lo chiede in un manifesto pubblicato oggi da D.i.Re, l’associazione nazionale dei centri antiviolenza.
Tra le richieste, l’immediata approvazione della legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, il rinnovo del Piano nazionale contro la violenza sulle donne, l’istituzione di una raccolta dati nazionale ed il coinvolgimento di D.i.Re come referente nazionale e locale nelle azioni di contrasto alla violenza sulle donne.
Nel 2012 sono state 124 le donne vittime di femminicidio (dato della Casa delle donne per non subire violenza) ed ogni anno sono in media 14mila le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza aderenti all’associazione nazionale. I dati rappresentano solo una parte del fenomeno ancora il larga parte sommerso. Manca ancora oggi un osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza alle donne che raccolga i dati in maniera omogenea, e i servizi che entrano in contatto con le vittime di violenza (servizi sociali, sociosanitari, pronto soccorso ecc.) non sono in grado di documentare i casi che accolgono.
Dei sessanta centri solo un terzo ha finanziamenti sufficienti a continuare la propria attività, gli altri sopravvivono grazie alle donazioni di privati e sono a rischio di chiusura. I finanziamenti sulla base dei bandi non garantiscono la sopravvivenza dei centri e non tutti riescono ad accedervi. Dopo aver accolto migliaia di donne, costruito reti di collaborazione tra forze dell’ordine, servizio sociale, pronto soccorso e tribunale, dopo aver contribuito a strutturare protocolli di intervento formali o informali nell’intervento a sostegno delle donne, i centri sono ancora in affanno tra il tiepido interessamento di una politica che ha spesso affrontato il problema della violenza sulle donne superficialmente o scorrettamente denunciandolo come un problema di sicurezza, raramente le iniziative della politica nazionale sono andate oltre le iniziative di facciata o lo spot elettorale. Secondo le direttive dell’Unione Europea in Italia ci dovrebbero essere 5mila 700 posti letto e ce ne sono solo 500, mentre la distribuzione dei centri per regione è disomogenea.
I centri non sono però solo luoghi dove sono accolte le donne vittime di violenza sono anche luoghi di saperi e di esperienza ventennale, sono luoghi dove sono state promosse azioni di sensibilizzazione, formazione e informazione sulla violenza alle donne, sono veri e propri laboratori sociali dove sono nati progetti innovativi a contrasto del fenomeno. Se questi luoghi sopravvivono è per l’impegno enorme delle donne e le sinergie che riescono a mettere in campo nonostante tutte le difficoltà contro le quali sono necessarie risposte ed azioni.
Di Nadia Somma