Una sentenza che potrebbe valere come uno spartiacque, nell’Italia dove le cause contro giornali e giornalisti spesso sono prove tecniche di mordacchia. A scriverla, la prima sezione del Tribunale civile di Roma che, con il provvedimento depositato martedì scorso, ha respinto come “manifestamente infondata” e “forse motivata dall’avversione politica” la richiesta di risarcimento di Mediaset e Rti nei confronti di Marco Travaglio, Antonio Padellaro e dell’Editoriale Il Fatto Spa, difesi dall’avvocato Caterina Malavenda. Soprattutto, ha condannato le due aziende a pagare 30mila euro di “danni non patrimoniali”, arrecati ai due giornalisti e alla società che edita il Fatto Quotidiano.
UNA DECISIONE più unica che rara, nei tribunali italiani. Ma in linea con quanto previsto dall’articolo 96 del Codice di procedura civile: “Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stata trascritta domanda giudiziale, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore procedente, che ha agito senza la normale prudenza”.
La sentenza chiude una vicenda iniziata il 15 dicembre 2010 con il ricorso in sede civile di Mediaset e di una sua società, Reti televisive italiane (l’ex Mediatrade). Le due società chiedevano la condanna di Travaglio, del direttore del Fatto Padellaro e dell’editore per un articolo dello stesso Travaglio, pubblicato sul quotidiano il 19 settembre 2010. Nel pezzo, il giornalista ricordava la proposta del deputato Giuseppe Consolo (allora nel Pdl, ora in Fli) di estendere l’autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari anche ai procedimenti per reati ministeriali. Travaglio scriveva: “Resta da capire cosa c’entrino i processi a B… i fondi neri di Mediaset vanno dagli anni 90 al 2002, e quelli Mediatrade comprendono il periodo successivo, durante il quale B. è stato al governo e all’opposizione, ma né Mediaset né Mediatrade hanno alcuna attinenza col governo o col Pdl, a meno che Consolo non arrivi a sostenere che le funzioni ministeriali comprendono pure frodi fiscali, falsi in bilancio e appropriazioni indebite”. Parole che, secondo Mediaset e Rti, “non potevano configurare un legittimo esercizio del diritto di critica dell’autore, per la falsità delle informazioni fornite”.
Da qui, la richiesta di “un risarcimento dei danni non patrimoniali di 100mila euro per ciascuna”. Travaglio e gli altri “convenuti” avevano risposto con una richiesta di 50mila euro di risarcimento danni nei confronti delle due società di Berlusconi, per “lite temeraria”. Il processo si è svolto con il rito sommario. E il 16 novembre 2012 il giudice unico ha messo nero su bianco la sua decisione, depositata con le motivazioni il 30 gennaio scorso.
La sentenza si apre così: “La domanda è manifestamente infondata, sia perché non appare ravvisabile alcun profilo di illiceità nella condotta del Travaglio… sia perché le società ricorrenti non hanno neppure allegato, né tanto-meno provato, i danni non patrimoniali”. No, quindi, a Mediaset e Rti, secondo cui l’articolo offendeva la loro reputazione perché avrebbe loro attribuito “la costituzione e/o utilizzazione di fondi neri”.
TESI smentita dal giudice: “Non si vede davvero come tale conclusione possa essere tratta dai due cenni di Travaglio, totalmente privi di qualunque specificazione, e in un contesto all’evidenza diretto a valutare come, ove pure fosse stata applicata la legge evocata da Consolo, la stessa non si sarebbe potuta applicare ai processi pendenti a carico di Berlusconi”. D’altronde, “appare assolutamente evidente, e chiaramente percepibile dal lettore medio del quotidiano, che il richiamo ai ‘fondi neri’ delle due società non comporta alcun giudizio di valore”. Insomma, Travaglio citava i due casi con un’espressione sintetica, senza attribuire colpe. Peraltro, continua la sentenza, scriveva “di vicende giudiziarie già così note che appare del tutto inverosimile che anche una persona totalmente sprovveduta potesse formulare un giudizio negativo su Mediaset e Mediatrade”. Ricorso respinto, quindi. Anche perché “la domanda sembra pretestuosa e forse davvero condizionata dall’avversione politica delle ricorrenti nei confronti di Travaglio e delle testate per cui scrive”. E così la sentenza condanna le due aziende a pagare le spese processuali (6mila euro) e a risarcire subito i giornalisti e il Fatto con 10mila euro ciascuno, 30mila euro totali, “per il dispendio di tempo” e “lo stress psicologico” causati loro dall’azione temeraria.
da Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2013
Media & Regime
Mediaset perde contro Travaglio, condannata a risarcire “il Fatto”
Il tribunale dei Roma ha respinto la richiesta di risarcimento del gruppo milanese, che invece dovrà versare 30mila euro all'Editoriale Il Fatto spa
UNA DECISIONE più unica che rara, nei tribunali italiani. Ma in linea con quanto previsto dall’articolo 96 del Codice di procedura civile: “Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stata trascritta domanda giudiziale, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore procedente, che ha agito senza la normale prudenza”.
La sentenza chiude una vicenda iniziata il 15 dicembre 2010 con il ricorso in sede civile di Mediaset e di una sua società, Reti televisive italiane (l’ex Mediatrade). Le due società chiedevano la condanna di Travaglio, del direttore del Fatto Padellaro e dell’editore per un articolo dello stesso Travaglio, pubblicato sul quotidiano il 19 settembre 2010. Nel pezzo, il giornalista ricordava la proposta del deputato Giuseppe Consolo (allora nel Pdl, ora in Fli) di estendere l’autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari anche ai procedimenti per reati ministeriali. Travaglio scriveva: “Resta da capire cosa c’entrino i processi a B… i fondi neri di Mediaset vanno dagli anni 90 al 2002, e quelli Mediatrade comprendono il periodo successivo, durante il quale B. è stato al governo e all’opposizione, ma né Mediaset né Mediatrade hanno alcuna attinenza col governo o col Pdl, a meno che Consolo non arrivi a sostenere che le funzioni ministeriali comprendono pure frodi fiscali, falsi in bilancio e appropriazioni indebite”. Parole che, secondo Mediaset e Rti, “non potevano configurare un legittimo esercizio del diritto di critica dell’autore, per la falsità delle informazioni fornite”.
Da qui, la richiesta di “un risarcimento dei danni non patrimoniali di 100mila euro per ciascuna”. Travaglio e gli altri “convenuti” avevano risposto con una richiesta di 50mila euro di risarcimento danni nei confronti delle due società di Berlusconi, per “lite temeraria”. Il processo si è svolto con il rito sommario. E il 16 novembre 2012 il giudice unico ha messo nero su bianco la sua decisione, depositata con le motivazioni il 30 gennaio scorso.
La sentenza si apre così: “La domanda è manifestamente infondata, sia perché non appare ravvisabile alcun profilo di illiceità nella condotta del Travaglio… sia perché le società ricorrenti non hanno neppure allegato, né tanto-meno provato, i danni non patrimoniali”. No, quindi, a Mediaset e Rti, secondo cui l’articolo offendeva la loro reputazione perché avrebbe loro attribuito “la costituzione e/o utilizzazione di fondi neri”.
TESI smentita dal giudice: “Non si vede davvero come tale conclusione possa essere tratta dai due cenni di Travaglio, totalmente privi di qualunque specificazione, e in un contesto all’evidenza diretto a valutare come, ove pure fosse stata applicata la legge evocata da Consolo, la stessa non si sarebbe potuta applicare ai processi pendenti a carico di Berlusconi”. D’altronde, “appare assolutamente evidente, e chiaramente percepibile dal lettore medio del quotidiano, che il richiamo ai ‘fondi neri’ delle due società non comporta alcun giudizio di valore”. Insomma, Travaglio citava i due casi con un’espressione sintetica, senza attribuire colpe. Peraltro, continua la sentenza, scriveva “di vicende giudiziarie già così note che appare del tutto inverosimile che anche una persona totalmente sprovveduta potesse formulare un giudizio negativo su Mediaset e Mediatrade”. Ricorso respinto, quindi. Anche perché “la domanda sembra pretestuosa e forse davvero condizionata dall’avversione politica delle ricorrenti nei confronti di Travaglio e delle testate per cui scrive”. E così la sentenza condanna le due aziende a pagare le spese processuali (6mila euro) e a risarcire subito i giornalisti e il Fatto con 10mila euro ciascuno, 30mila euro totali, “per il dispendio di tempo” e “lo stress psicologico” causati loro dall’azione temeraria.
da Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2013
PADRINI FONDATORI
di Marco Lillo e Marco Travaglio 15€ AcquistaArticolo Precedente
Servizio Pubblico, “Mani in tasca”: ospiti Tremonti, Fassina e Di Pietro
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Conflitto d’interesse, le promesse non bastano
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Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.