Israele obbliga le donne immigrate dall’Etiopia a trattamenti medici invasivi, imposti contro la loro volontà o effettuati di nascosto, con lo scopo di renderle sterili. Lo denuncia il quotidiano israeliano Haaretz, che cita anche l’ammissione di una fonte governativa, arrivata dopo che il mese scorso il dramma era stato portato alla luce da un programma televisivo del canale israeliano IETV. A dicembre, intervistate da Vaacum su IETV, trentacinque donne etiopi hanno raccontato di come, mentre si trovavano nei centri di transito etiopi in attesa di essere ammesse in Israele, fossero state avvicinate da assistenti sanitari israeliani che le hanno obbligate ad assumere un contraccettivo, spiegando che era una condizione strettamente necessaria per entrare nel Paese. Altre hanno invece raccontato di come fosse stato loro detto che si trattava di un semplice vaccino. Tutte loro poi sono state obbligate ad assumere il farmaco ogni tre mesi anche dentro i confini di Israele, come spiega il Times of Israel.
Ad aggravare la situazione, il fatto che il farmaco somministrato, il Depo-Provera, non è un semplice contraccettivo, ma un farmaco altamente invasivo, il cui uso può comportare una drastica diminuzione della densità ossea. E soprattutto è alto il rischio di sterilità una volta interrotta l’assunzione. In alcuni paesi il medrossiprogesterone acetato, che è alla base del farmaco, è utilizzato per la castrazione chimica degli stupratori. Mentre nel resto del mondo è somministrato con grande cautela a donne mentalmente disabili o pazienti d’istituti psichiatrici. Oltre a una vita spesso ai margini della società, nei campi in cui sono confinati “per adattarsi agli usi della società”, la comunità etiope in Israele è soggetta a un rigoroso controllo delle nascite da parte dello Stato. Le associazioni umanitarie accusano che tra i falascia (o Beta Israel) il tasso di natalità negli ultimi dieci anni sia diminuito addirittura del 50%.
Nonostante diverse associazioni di comunità ebraiche nel mondo abbiano respinto le investigazioni giornalistiche come “prive di senso”, il quotidiano Haaretz ha riportato una lettera in cui Ron Gamzu, direttore generale del ministro della Salute, si è rivolto pochi giorni fa ai medici che operano nei campi profughi e in quelli di transito per i migranti avvisandoli di “non rinnovare le prescrizioni per il Depo-Provera a donne di origine etiope qualora ci siano dubbi che possano non capire le conseguenze del trattamento”. Con questa lettera, spiega Hedva Eyal, del centro per la tutela dei diritti delle donne Isha: “È la prima volta che lo Stato riconosce che questa procedura è stata utilizzata, senza sapere gli effetti collaterali sulla salute delle donne e soprattutto senza il loro consenso”. La pratica di sterilizzazione di massa tramite Depo-Provera, secondo un rapporto della stessa Isha, è stata sperimentata per la prima volta in Georgia tra il 1967 e il 1978.
Anche allora l’esperimento fu condotto su ragazze di colore, in condizione d’indigenza e incapaci di ribellarsi. E anche allora le donne non erano a conoscenza degli effetti collaterali del farmaco, e in diverse morirono durante il trattamento. Ora a farne le spese sono le donne etiopi, emigrate in Israele a rinfoltire la numerosa comunità falascia, composta da oltre 120mila persone. Un numero che Israele non vuole che cresca. Lo scorso anno il premier Netanyahu ha affermato che “l’arrivo di immigrati dall’Africa è una minaccia per l’esistenza della democrazia di Israele”. Nel 2010 il governo ha annunciato l’ingresso degli ultimi 2mila etiopi e la chiusura dal 2013 dei campi di transito. Per quelli già dentro, il controllo selettivo delle nascite. Come spiega a The Nation l’attivista israeliana Hedva Eyal, di Woman to Woman: “Questa pratica discriminatoria è specificatamente diretta al controllo delle nascite in una comunità che è nera e povera. La politica sottointesa è che solo i bambini che sono bianchi e Askenaziti hanno il diritto di nascere in Israele”.
Passate parola
Israele, Haaretz: “Etiopi rese sterili con farmaci imposti nei campi profughi”
Le immigrate sarebbero state obbligate a trattamenti medici invasivi contro la loro volontà o effettuati di nascosto. Il medicinale sotto accusa non è un semplice contraccettivo, ma può comportare una drastica diminuzione della densità ossea. Protestano le associazioni: "Pratica discriminatoria"
Israele obbliga le donne immigrate dall’Etiopia a trattamenti medici invasivi, imposti contro la loro volontà o effettuati di nascosto, con lo scopo di renderle sterili. Lo denuncia il quotidiano israeliano Haaretz, che cita anche l’ammissione di una fonte governativa, arrivata dopo che il mese scorso il dramma era stato portato alla luce da un programma televisivo del canale israeliano IETV. A dicembre, intervistate da Vaacum su IETV, trentacinque donne etiopi hanno raccontato di come, mentre si trovavano nei centri di transito etiopi in attesa di essere ammesse in Israele, fossero state avvicinate da assistenti sanitari israeliani che le hanno obbligate ad assumere un contraccettivo, spiegando che era una condizione strettamente necessaria per entrare nel Paese. Altre hanno invece raccontato di come fosse stato loro detto che si trattava di un semplice vaccino. Tutte loro poi sono state obbligate ad assumere il farmaco ogni tre mesi anche dentro i confini di Israele, come spiega il Times of Israel.
Ad aggravare la situazione, il fatto che il farmaco somministrato, il Depo-Provera, non è un semplice contraccettivo, ma un farmaco altamente invasivo, il cui uso può comportare una drastica diminuzione della densità ossea. E soprattutto è alto il rischio di sterilità una volta interrotta l’assunzione. In alcuni paesi il medrossiprogesterone acetato, che è alla base del farmaco, è utilizzato per la castrazione chimica degli stupratori. Mentre nel resto del mondo è somministrato con grande cautela a donne mentalmente disabili o pazienti d’istituti psichiatrici. Oltre a una vita spesso ai margini della società, nei campi in cui sono confinati “per adattarsi agli usi della società”, la comunità etiope in Israele è soggetta a un rigoroso controllo delle nascite da parte dello Stato. Le associazioni umanitarie accusano che tra i falascia (o Beta Israel) il tasso di natalità negli ultimi dieci anni sia diminuito addirittura del 50%.
Nonostante diverse associazioni di comunità ebraiche nel mondo abbiano respinto le investigazioni giornalistiche come “prive di senso”, il quotidiano Haaretz ha riportato una lettera in cui Ron Gamzu, direttore generale del ministro della Salute, si è rivolto pochi giorni fa ai medici che operano nei campi profughi e in quelli di transito per i migranti avvisandoli di “non rinnovare le prescrizioni per il Depo-Provera a donne di origine etiope qualora ci siano dubbi che possano non capire le conseguenze del trattamento”. Con questa lettera, spiega Hedva Eyal, del centro per la tutela dei diritti delle donne Isha: “È la prima volta che lo Stato riconosce che questa procedura è stata utilizzata, senza sapere gli effetti collaterali sulla salute delle donne e soprattutto senza il loro consenso”. La pratica di sterilizzazione di massa tramite Depo-Provera, secondo un rapporto della stessa Isha, è stata sperimentata per la prima volta in Georgia tra il 1967 e il 1978.
Anche allora l’esperimento fu condotto su ragazze di colore, in condizione d’indigenza e incapaci di ribellarsi. E anche allora le donne non erano a conoscenza degli effetti collaterali del farmaco, e in diverse morirono durante il trattamento. Ora a farne le spese sono le donne etiopi, emigrate in Israele a rinfoltire la numerosa comunità falascia, composta da oltre 120mila persone. Un numero che Israele non vuole che cresca. Lo scorso anno il premier Netanyahu ha affermato che “l’arrivo di immigrati dall’Africa è una minaccia per l’esistenza della democrazia di Israele”. Nel 2010 il governo ha annunciato l’ingresso degli ultimi 2mila etiopi e la chiusura dal 2013 dei campi di transito. Per quelli già dentro, il controllo selettivo delle nascite. Come spiega a The Nation l’attivista israeliana Hedva Eyal, di Woman to Woman: “Questa pratica discriminatoria è specificatamente diretta al controllo delle nascite in una comunità che è nera e povera. La politica sottointesa è che solo i bambini che sono bianchi e Askenaziti hanno il diritto di nascere in Israele”.
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Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".