“La Fondazione di Piacenza e Vigevano ha 100 milioni di euro di minusvalenze”. La rivelazione choc è di uno dei candidati alla presidenza dell’ente di via Sant’Eufemia Sergio Giglio, ex numero uno della Confindustria locale. Dopo settimane di querelle sui bilanci e gli investimenti della Fondazione piacentina – in particolare quelli legati al miliardo di euro utilizzati da Monte Paschi di Siena per l’acquisizione di Antonveneta (15 milioni di euro di swap Fresh), qualcuno esce allo scoperto con numeri alla mano.
In realtà, durante l’ultimo Consiglio comunale, era già stato rivelato dal sindaco Paolo Dosi che un documento – o meglio “dossier anonimo” – era in suo possesso ed evidenziava le perdite dell’ente bancario, ma i dettagli non erano stati resi noti. Ora il dossier (che era dello stesso Giglio) esce dall’anonimato e svela uno scenario tutt’altro che edificante.
Nel documento, non solo vengono evidenziate le perdite ma viene anche compiuto un passo ulteriore. L’ex numero uno degli industriali piacentini, “dopo aver condotto questa analisi con l’ausilio di esperti, ben prima delle note vicende che legano la nostra Fondazione all’Istituto Monte dei Paschi di Siena” – si legge nella nota – critica apertamente la gestione dell’ultimo presidente Giacomo Marazzi, considerando le mosse attuate “pericolose e speculative, in netto contrasto con lo statuto in vigore”.
La bufera sulla Fondazione di Piacenza e Vigevano era scoppiata parallelamente allo scandalo Mps, visto che era emerso un “mostro in pancia” all’ente di 15 milioni di euro, riferito a un’operazione che la dirigenza di via Sant’Eufemia ha sottoscritto nel 2008, nella quale sono coinvolti la banca d’affari americana JP Morgan, una banca lussemburghese e il Monte Paschi di Siena, il tutto consigliato da Prometeia che all’epoca era advisor della Fondazione piacentina.
Il presidente Marazzi si era affrettato a precisare: “In tempi non sospetti e ben prima che emergessero tutti i guai giudiziari legati a Monte Paschi, la Fondazione ha avviato un’azione legale contro JP Morgan e la società di consulenza Prometeia perché l’operazione in questione si è poi rivelata più rischiosa rispetto a quanto prospettato in origine”. Marazzi aveva anche cercato di difendersi, dichiarando: “Mai spesi 15 milioni in Monte Paschi. Obbligazioni sottoscritte, non pagate”.
Le rassicurazioni, però, non avevano convinto tanto che, nell’ultimo Consiglio comunale, tutte le forze politiche trasversalmente avevano fatto richiesta di una commissione ad hoc, “dove Marazzi venga a riferire sugli investimenti”, accolta dal primo cittadino. E anche in quella sede, i numeri emersi dai bilanci dell’ente furono impietosi: “La Fondazione presenta un’eccessiva indisponibilità del patrimonio (con oltre 345 milioni di euro, le immobilizzazioni finanziarie rappresentano oltre l’80% del totale), si tratta in prevalenza, per oltre 195 milioni, di titoli indisponibili con scadenza media dei rimborsi medio lunga, con meccanismi di calcolo molto complessi di cui occorrerebbe valutare la liquidabilità e i correlati costi impliciti nelle operazioni”.
Sotto la lente di ingrandimento, erano poi finiti altri investimenti: due polizze stipulate con la Lombard International Assurance per 37 milioni di euro, ricorrendo a una tipologia di operazione giudicata dagli analisti finanziari come “atipica” per clienti istituzionali, quali le Fondazioni; una partecipazione nella Notrine Sa, dove pare aver bruciato un altro milione di euro; l’acquisto a dicembre di 40 milioni di titoli Intesa e Unicredit – rispettivamente al valore di 5,72 e 54 – decisamente svalutati: valgono ora 1,5 e 4 euro, quindi ad oggi la perdita sarebbe di 35 milioni, già accantonata in bilancio per circa 20.
La Fondazione di Piacenza e Vigevano, comunque, non è nuova a investimenti rischiosi, che l’hanno portata a ingenti perdite. Lo scorso anno, erano emersa la perdita di 70 milioni di euro totali, tra l’investimento in banca Monte Parma (- 45 milioni di euro) e quello in Enel (- 25 milioni). Era questo il quadro già nerissimo, contenuto in un rapporto – allora sempre anonimo – circolato e mai smentito, sull’ultimo bilancio approvato.
Così settimane di silenzi e allusioni, sono stati squarciati dall’analisi di Sergio Giglio, che si candida – con il favore dei pronostici – a presiedere la Fondazione. “Al di là della legittimità o meno di tali investimenti – si è chiesto – credo però che l’esperienza vissuta, cioè di una finanza esasperata, stia a dimostrare quanto il sistema dei controlli non abbia dato sufficienti garanzie”. Parole dure e, finora, mai pronunciate sulla gestione dell’ente di via Sant’Eufemia. Anche perché, ha precisato, “possono ritenersi questi investimenti coerenti con l’art. 7.2 della Fondazione che recita: La Fondazione nell’amministrare il proprio patrimonio osserva criteri prudenziali di rischio, investendo detto patrimonio in attività coerenti con la propria natura di ente senza fini di lucro, agendo secondo regole di trasparenza e di moralità?”.