(Adnkronos) - Un vertice per studiare le prossime mosse e ribadire l'impegno per l'immediata liberazione di Cecilia Sala, poi l'incontro della premier con la madre della giornalista arrestata in Iran e in carcere da ormai due settimane. Il governo di Giorgia Meloni è al lavoro sul caso, premendo su Teheran non solo per il rilascio ma anche - nell'attesa - per un trattamento della reporter imprigionata che sia "rispettoso della dignità umana".
A confermarlo nella serata di ieri una nota da Palazzo Chigi, che ha illustrato le richieste del governo nel giorno della convocazione dell'ambasciatore dell'Iran in Italia, ma posto l'accento non a caso anche su un altro detenuto: l'ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato su richiesta Usa a Malpensa il 22 dicembre scorso, attualmente in carcere a Milano, per il quale Teheran chiede a sua volta la liberazione ma che per ora la procura ha chiesto di non trasferire ai domiciliari.
Intanto per la giornata di oggi è stata "convocata dal ministro degli Esteri a Teheran la nostra ambasciatrice, vedremo che cosa diranno gli iraniani, ma noi non possiamo accettare che ci siano delle condizioni di detenzione che non siano rispettose dei diritti della persona, ed è per questo che continuiamo a chiedere l'immediata liberazione di Cecilia", ha spiegato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ieri sera a Zona Bianca.
A quanto si apprende si terrà invece lunedì 6 gennaio, alle ore 14, la seduta del Copasir per l'audizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica Alfredo Mantovano. Dopo il vertice di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi sul caso della giornalista, infatti, il governo aveva fatto sapere che Mantovano, in veste di Autorità delegata, "venendo incontro alle richieste delle opposizioni" aveva dato immediata disponibilità a riferire al Copasir. La data stabilita per l'audizione, a quanto si apprende, è quella di lunedì.
Il vertice a Palazzo Chigi di ieri è durato circa un'ora. Oltre a Meloni, Tajani e Mantovano, presenti anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e l'intelligence italiana. Dopo la riunione la mamma di Sala, Elisabetta Vernoni, è stata quindi ricevuta dalla premier (VIDEO).
"Abbiamo chiesto ancora una volta la liberazione di Cecilia Sala in Iran perché detenuta senza alcun motivo. Nell'attesa della sua liberazione abbiamo chiesto che venga trattata come devono essere trattati i detenuti, perché lei ancora non ha le condizioni di detenzione che c'erano state assicurate", ha spiegato in serata Tajani, aggiungendo: "Continuiamo a chiedere che venga rispettato il suo ruolo e la sua dignità, questo continua a essere per noi una priorità in attesa della sua liberazione".
"La nostra ambasciatrice aveva consegnato al ministero degli Esteri beni materiali e alimentari per Cecilia Sala, ci hanno detto che erano stati consegnati e invece c'è ancora una fase di ritardo. Non possiamo entrare dentro il carcere, ci dobbiamo affidare a quello che ci dicono", le parole del ministro.
"Adesso la nostra ambasciatrice - ha poi aggiunto annunciandone la convocazione a Teheran - ha chiesto un'altra visita consolare, sarebbe la seconda. Poi Cecilia ha avuto la possibilità di fare delle telefonate al padre, alla madre e al fidanzato già più di una volta, questo è un fatto certamente positivo ma non sufficiente". "Bisogna assolutamente che lei abbia la condizione in cella di rispetto dei suoi diritti: deve esserci un letto, deve avere la possibilità di leggere", ha detto ancora Tajani facendo il punto.
"Io mi auguro che non siano tempi lunghi. Noi lavoriamo come abbiamo lavorato per Alessia Piperno, che siamo riusciti a riportare in Italia dopo 45 giorni di detenzione. Io mi auguro che i tempi siano più brevi possibile, però non dipende da noi. Lei è detenuta, non c'è ancora un capo di imputazione, un processo incardinato e quindi vediamo quali saranno i tempi", ha continuato il vicepremier.
"Noi stiamo facendo tutto ciò che è in nostro possesso con la presidenza del Consiglio, il ministero degli Esteri, l'intelligence, tutti stiamo lavorando 24 ore su 24 per risolvere il problema e riportare Cecilia a casa", ha assicurato.
Al caso Sala si intreccia inevitabilmente anche quello dell'ingegnere iraniano 38enne Abedini, citato anche nella nota del governo dopo il vertice. L'uomo, accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran e per aver fornito materiale a un'organizzazione terroristica straniera, si trova attualmente nel carcere di Opera dopo l'esecuzione del mandato di arresto internazionale.
"In quale modo la questione Sala si incardina con quella di Abedini? Vedremo come si svolgerà la parte giudiziaria, tocca alla magistratura decidere se concedere o meno gli arresti domiciliari a questo cittadino svizzero-iraniano che è stato arrestato su mandato internazionale", il commento di Tajani sul caso. Ma l'ultima parola, ha ribadito "tocca ai magistrati non al governo, vedremo cosa faranno i magistrati, ci sarà da attendere ancora qualche giorno per vedere se concederanno gli arresti domiciliari, dopo di che si parlerà della possibilità di estradizione o meno. Ma sarà sempre la magistratura a decidere. Il ministro Nordio segue con grande attenzione, con i poteri che lui ha, tutta la vicenda", la conclusione di Tajani.
Le parole del ministro arrivano dopo la richiesta di rilascio avanzata ieri dall'ambasciatore di Teheran a Roma e dopo la precisazione di Palazzo Chigi sul caso.
"Accelerare la liberazione" di Abedini, detenuto con "false accuse", è quanto si aspetta l'Iran dall'Italia, come riferito dall'ambasciatore Mohammadreza Sabouri, convocato ieri alla Farnesina dal segretario generale Riccardo Guariglia su indicazione del ministro Tajani, per parlare del caso della giornalista a cui, ribadisce Teheran, "sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie".
"In questo amichevole colloquio - si legge in una nota dell'ambasciata a Roma - si è discusso e scambiato opinioni sul cittadino iraniano Mohammad Abedini, detenuto nel carcere di Milano con false accuse e della signora Cecilia Sala, cittadina italiana, detenuta in Iran per violazione delle leggi della Repubblica islamica".
"L'ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell'arresto della signora Sala, secondo l'approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell'approssimarsi del nuovo anno cristiano, si è garantito l'accesso consolare all'ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari e ci si aspetta dal governo italiano che, reciprocamente, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto, vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno", le richieste dell'ambasciata.
Richieste cui ha replicato l'esecutivo: "Per quanto riguarda Mohammad Abedini, che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il Governo - ha sottolinea Palazzo Chigi - ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali".
Emilia Romagna
Fondazione Piacenza, con investimenti in Mps rischio perdite per 100 milioni di euro
Il candidato alla presidenza, Sergio Giglio, svela il dossier che aveva commissionato: "Mosse pericolose e speculative di una finanza esasperata che dimostra come il sistema dei controlli non abbia dato sufficienti garanzie"
“La Fondazione di Piacenza e Vigevano ha 100 milioni di euro di minusvalenze”. La rivelazione choc è di uno dei candidati alla presidenza dell’ente di via Sant’Eufemia Sergio Giglio, ex numero uno della Confindustria locale. Dopo settimane di querelle sui bilanci e gli investimenti della Fondazione piacentina – in particolare quelli legati al miliardo di euro utilizzati da Monte Paschi di Siena per l’acquisizione di Antonveneta (15 milioni di euro di swap Fresh), qualcuno esce allo scoperto con numeri alla mano.
In realtà, durante l’ultimo Consiglio comunale, era già stato rivelato dal sindaco Paolo Dosi che un documento – o meglio “dossier anonimo” – era in suo possesso ed evidenziava le perdite dell’ente bancario, ma i dettagli non erano stati resi noti. Ora il dossier (che era dello stesso Giglio) esce dall’anonimato e svela uno scenario tutt’altro che edificante.
Nel documento, non solo vengono evidenziate le perdite ma viene anche compiuto un passo ulteriore. L’ex numero uno degli industriali piacentini, “dopo aver condotto questa analisi con l’ausilio di esperti, ben prima delle note vicende che legano la nostra Fondazione all’Istituto Monte dei Paschi di Siena” – si legge nella nota – critica apertamente la gestione dell’ultimo presidente Giacomo Marazzi, considerando le mosse attuate “pericolose e speculative, in netto contrasto con lo statuto in vigore”.
La bufera sulla Fondazione di Piacenza e Vigevano era scoppiata parallelamente allo scandalo Mps, visto che era emerso un “mostro in pancia” all’ente di 15 milioni di euro, riferito a un’operazione che la dirigenza di via Sant’Eufemia ha sottoscritto nel 2008, nella quale sono coinvolti la banca d’affari americana JP Morgan, una banca lussemburghese e il Monte Paschi di Siena, il tutto consigliato da Prometeia che all’epoca era advisor della Fondazione piacentina.
Il presidente Marazzi si era affrettato a precisare: “In tempi non sospetti e ben prima che emergessero tutti i guai giudiziari legati a Monte Paschi, la Fondazione ha avviato un’azione legale contro JP Morgan e la società di consulenza Prometeia perché l’operazione in questione si è poi rivelata più rischiosa rispetto a quanto prospettato in origine”. Marazzi aveva anche cercato di difendersi, dichiarando: “Mai spesi 15 milioni in Monte Paschi. Obbligazioni sottoscritte, non pagate”.
Le rassicurazioni, però, non avevano convinto tanto che, nell’ultimo Consiglio comunale, tutte le forze politiche trasversalmente avevano fatto richiesta di una commissione ad hoc, “dove Marazzi venga a riferire sugli investimenti”, accolta dal primo cittadino. E anche in quella sede, i numeri emersi dai bilanci dell’ente furono impietosi: “La Fondazione presenta un’eccessiva indisponibilità del patrimonio (con oltre 345 milioni di euro, le immobilizzazioni finanziarie rappresentano oltre l’80% del totale), si tratta in prevalenza, per oltre 195 milioni, di titoli indisponibili con scadenza media dei rimborsi medio lunga, con meccanismi di calcolo molto complessi di cui occorrerebbe valutare la liquidabilità e i correlati costi impliciti nelle operazioni”.
Sotto la lente di ingrandimento, erano poi finiti altri investimenti: due polizze stipulate con la Lombard International Assurance per 37 milioni di euro, ricorrendo a una tipologia di operazione giudicata dagli analisti finanziari come “atipica” per clienti istituzionali, quali le Fondazioni; una partecipazione nella Notrine Sa, dove pare aver bruciato un altro milione di euro; l’acquisto a dicembre di 40 milioni di titoli Intesa e Unicredit – rispettivamente al valore di 5,72 e 54 – decisamente svalutati: valgono ora 1,5 e 4 euro, quindi ad oggi la perdita sarebbe di 35 milioni, già accantonata in bilancio per circa 20.
La Fondazione di Piacenza e Vigevano, comunque, non è nuova a investimenti rischiosi, che l’hanno portata a ingenti perdite. Lo scorso anno, erano emersa la perdita di 70 milioni di euro totali, tra l’investimento in banca Monte Parma (- 45 milioni di euro) e quello in Enel (- 25 milioni). Era questo il quadro già nerissimo, contenuto in un rapporto – allora sempre anonimo – circolato e mai smentito, sull’ultimo bilancio approvato.
Così settimane di silenzi e allusioni, sono stati squarciati dall’analisi di Sergio Giglio, che si candida – con il favore dei pronostici – a presiedere la Fondazione. “Al di là della legittimità o meno di tali investimenti – si è chiesto – credo però che l’esperienza vissuta, cioè di una finanza esasperata, stia a dimostrare quanto il sistema dei controlli non abbia dato sufficienti garanzie”. Parole dure e, finora, mai pronunciate sulla gestione dell’ente di via Sant’Eufemia. Anche perché, ha precisato, “possono ritenersi questi investimenti coerenti con l’art. 7.2 della Fondazione che recita: La Fondazione nell’amministrare il proprio patrimonio osserva criteri prudenziali di rischio, investendo detto patrimonio in attività coerenti con la propria natura di ente senza fini di lucro, agendo secondo regole di trasparenza e di moralità?”.
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(Adnkronos) - Un vertice per studiare le prossime mosse e ribadire l'impegno per l'immediata liberazione di Cecilia Sala, poi l'incontro della premier con la madre della giornalista arrestata in Iran e in carcere da ormai due settimane. Il governo di Giorgia Meloni è al lavoro sul caso, premendo su Teheran non solo per il rilascio ma anche - nell'attesa - per un trattamento della reporter imprigionata che sia "rispettoso della dignità umana".
A confermarlo nella serata di ieri una nota da Palazzo Chigi, che ha illustrato le richieste del governo nel giorno della convocazione dell'ambasciatore dell'Iran in Italia, ma posto l'accento non a caso anche su un altro detenuto: l'ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato su richiesta Usa a Malpensa il 22 dicembre scorso, attualmente in carcere a Milano, per il quale Teheran chiede a sua volta la liberazione ma che per ora la procura ha chiesto di non trasferire ai domiciliari.
Intanto per la giornata di oggi è stata "convocata dal ministro degli Esteri a Teheran la nostra ambasciatrice, vedremo che cosa diranno gli iraniani, ma noi non possiamo accettare che ci siano delle condizioni di detenzione che non siano rispettose dei diritti della persona, ed è per questo che continuiamo a chiedere l'immediata liberazione di Cecilia", ha spiegato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ieri sera a Zona Bianca.
A quanto si apprende si terrà invece lunedì 6 gennaio, alle ore 14, la seduta del Copasir per l'audizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica Alfredo Mantovano. Dopo il vertice di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi sul caso della giornalista, infatti, il governo aveva fatto sapere che Mantovano, in veste di Autorità delegata, "venendo incontro alle richieste delle opposizioni" aveva dato immediata disponibilità a riferire al Copasir. La data stabilita per l'audizione, a quanto si apprende, è quella di lunedì.
Il vertice a Palazzo Chigi di ieri è durato circa un'ora. Oltre a Meloni, Tajani e Mantovano, presenti anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e l'intelligence italiana. Dopo la riunione la mamma di Sala, Elisabetta Vernoni, è stata quindi ricevuta dalla premier (VIDEO).
"Abbiamo chiesto ancora una volta la liberazione di Cecilia Sala in Iran perché detenuta senza alcun motivo. Nell'attesa della sua liberazione abbiamo chiesto che venga trattata come devono essere trattati i detenuti, perché lei ancora non ha le condizioni di detenzione che c'erano state assicurate", ha spiegato in serata Tajani, aggiungendo: "Continuiamo a chiedere che venga rispettato il suo ruolo e la sua dignità, questo continua a essere per noi una priorità in attesa della sua liberazione".
"La nostra ambasciatrice aveva consegnato al ministero degli Esteri beni materiali e alimentari per Cecilia Sala, ci hanno detto che erano stati consegnati e invece c'è ancora una fase di ritardo. Non possiamo entrare dentro il carcere, ci dobbiamo affidare a quello che ci dicono", le parole del ministro.
"Adesso la nostra ambasciatrice - ha poi aggiunto annunciandone la convocazione a Teheran - ha chiesto un'altra visita consolare, sarebbe la seconda. Poi Cecilia ha avuto la possibilità di fare delle telefonate al padre, alla madre e al fidanzato già più di una volta, questo è un fatto certamente positivo ma non sufficiente". "Bisogna assolutamente che lei abbia la condizione in cella di rispetto dei suoi diritti: deve esserci un letto, deve avere la possibilità di leggere", ha detto ancora Tajani facendo il punto.
"Io mi auguro che non siano tempi lunghi. Noi lavoriamo come abbiamo lavorato per Alessia Piperno, che siamo riusciti a riportare in Italia dopo 45 giorni di detenzione. Io mi auguro che i tempi siano più brevi possibile, però non dipende da noi. Lei è detenuta, non c'è ancora un capo di imputazione, un processo incardinato e quindi vediamo quali saranno i tempi", ha continuato il vicepremier.
"Noi stiamo facendo tutto ciò che è in nostro possesso con la presidenza del Consiglio, il ministero degli Esteri, l'intelligence, tutti stiamo lavorando 24 ore su 24 per risolvere il problema e riportare Cecilia a casa", ha assicurato.
Al caso Sala si intreccia inevitabilmente anche quello dell'ingegnere iraniano 38enne Abedini, citato anche nella nota del governo dopo il vertice. L'uomo, accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran e per aver fornito materiale a un'organizzazione terroristica straniera, si trova attualmente nel carcere di Opera dopo l'esecuzione del mandato di arresto internazionale.
"In quale modo la questione Sala si incardina con quella di Abedini? Vedremo come si svolgerà la parte giudiziaria, tocca alla magistratura decidere se concedere o meno gli arresti domiciliari a questo cittadino svizzero-iraniano che è stato arrestato su mandato internazionale", il commento di Tajani sul caso. Ma l'ultima parola, ha ribadito "tocca ai magistrati non al governo, vedremo cosa faranno i magistrati, ci sarà da attendere ancora qualche giorno per vedere se concederanno gli arresti domiciliari, dopo di che si parlerà della possibilità di estradizione o meno. Ma sarà sempre la magistratura a decidere. Il ministro Nordio segue con grande attenzione, con i poteri che lui ha, tutta la vicenda", la conclusione di Tajani.
Le parole del ministro arrivano dopo la richiesta di rilascio avanzata ieri dall'ambasciatore di Teheran a Roma e dopo la precisazione di Palazzo Chigi sul caso.
"Accelerare la liberazione" di Abedini, detenuto con "false accuse", è quanto si aspetta l'Iran dall'Italia, come riferito dall'ambasciatore Mohammadreza Sabouri, convocato ieri alla Farnesina dal segretario generale Riccardo Guariglia su indicazione del ministro Tajani, per parlare del caso della giornalista a cui, ribadisce Teheran, "sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie".
"In questo amichevole colloquio - si legge in una nota dell'ambasciata a Roma - si è discusso e scambiato opinioni sul cittadino iraniano Mohammad Abedini, detenuto nel carcere di Milano con false accuse e della signora Cecilia Sala, cittadina italiana, detenuta in Iran per violazione delle leggi della Repubblica islamica".
"L'ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell'arresto della signora Sala, secondo l'approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell'approssimarsi del nuovo anno cristiano, si è garantito l'accesso consolare all'ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari e ci si aspetta dal governo italiano che, reciprocamente, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto, vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno", le richieste dell'ambasciata.
Richieste cui ha replicato l'esecutivo: "Per quanto riguarda Mohammad Abedini, che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il Governo - ha sottolinea Palazzo Chigi - ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.