C’è anche il settimanale A diretto da Maria Latella nella lista dei dieci periodici della Rcs che fermeranno le pubblicazioni. E’ quanto trapela dalla casa editrice del Corriere della Sera, dove l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane sta comunicando alle rappresentanze sindacali il massiccio piano tagli che è stato anticipato dopo l’accelerazione del crollo della raccolta pubblicitaria del gruppo e l’urgenza di dare un segnale concreto alle banche creditrici per quasi 900 milioni di euro.
E mentre per la Latella si prefigura il salvagente di un nuovo incarico all’interno del gruppo, non sono certe le sorti dei direttori delle altre nove testate del gruppo destinate alla chiusura, tra le quali figurano Brava Casa, Ok Salute, Yacht & Sails, Max, Europeo, Novella 2000, Visto, Astra e il polo dedicato all’enigmistica. Ma la notizia destinata a fare più rumore, insieme agli oltre 600 tagli per la sola Italia, è quella del trasferimento dei giornalisti del Corriere dalla centralissima via Solferino di Milano alla periferica via Rizzoli.
La decisione di abbandonare la sede storica del quotidiano, ritornata all’ordine del giorno dopo anni di rinvii, sarà fonte di forti spaccature e crea grande imbarazzo al direttore del Corriere,Ferruccio de Bortoli, che aveva dato ai suoi giornalisti, molto sensibili al tema, garanzie personali in senso opposto delle quali verrà chiesto conto nel corso dell’assemblea sindacale di questa sera che si prefigura come piuttosto infuocata. E non si escludono gesti estremi.
Ma lo show-down finale è atteso per domani in consiglio di amministrazione, quando Jovane dovrà fare i conti con le rimostranze dell’anima conservatrice della Rcs, con l’ex presidente e attuale consigliere, Piergaetano Marchetti, in asse con de Bortoli e, quindi, determinato a mettere il giovane manager in un angolo. Una situazione che ripete le stesse dinamiche dell’estate del 2006, quando l’allora ad dell’editrice, Vittorio Colao, venne messo alla porta dallo stesso Marchetti.
Anche in quel caso a fare più rumore erano stati gli scontri sindacali tra il manager e i giornalisti del Corriere, con il direttore di allora, Paolo Mieli, nel mezzo. Era invece rimasto sotto traccia il casus belli che aveva fatto finire Colao nel tritacarne dei grandi azionisti: il suo rifiuto di firmare l’acquisizione del gruppo spagnolo Recoletos. Ovvero l’operazione che – con dinamiche molto simili a quelle dell’acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena – una volta portata a termine dal successore di Colao, Antonello Perricone, fece realizzare lauti guadagni ai venditori (la stessa famiglia Botin di Antonveneta). Al compratore, invece, rifilò un vero e proprio bidone che Rcs sta pagando ancora oggi e, in particolare, ringrazia per questo l’azionista-consulente dell’operazione, Mediobanca, che era presente anche al tavolo Mps-Santander su Padova.
A differenza di 7 anni fa, però, il presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, nonostante la congiuntura non gli sia particolarmente favorevole, non sembra intenzionato a farsi mettere in un angolo. Del resto da ex architetto dell’amministrazione straordinaria di Rcs dopo il caso P2 e il crac del Banco Ambrosiano, sa bene che la situazione della casa editrice è piuttosto delicata. Anche per lui che, in quanto presidente di Intesa Sanpaolo, ha la responsabilità di un credito da 300 milioni di euro a tassi agevolati nei confronti di Rcs.