La “filosofia aziendale” delle tangenti come “fattore naturale” degli affari del gruppo. E’ quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto del presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi. L’accusa nei suoi confronti è di corruzione internazionale, peculato e concussione, per le presunte mazzette che sarebbero state pagate per la vendita di 12 elicotteri Agusta Westland al governo indiano. Il gip di Busto Arsizio (l’inchiesta è condotta dal pm Eugenio Fusco) ha disposto anche gli arresti domiciliari per l’ad di Augusta Westland, Bruno Spagnolini, con le stesse accuse. Gli investigatori hanno inoltre perquisito gli uffici di Finmeccanica a Roma da dove hanno acquisiti docuumenti e supporti informatici.

Con Orsi, sono stati arrestati anche due cittadini svizzeri, Guido Haschke e il suo socio Carlo Gerosa, che intermediarono nell’affare con Finmeccanica. Secondo l’accusa, per la vendita degli elicotteri fu pagata una tangente da 51 milioni di euro. Dalle carte emerge che il presidente di Finmeccanica avrebbe cercato di ostacolare l’inchiesta giudiziaria contattando il Csm affinché venisse nominato in tempi brevi il nuovo procuratore di Busto Arsizio. Questi, a sua volta, avrebbe dovuto estromettere dall’indagine il procuratore applicato Eugenio Fusco, titolare del fascicolo su Giuseppe Orsi. Dalle certa emerge anche un’intercettazione telefonica in cui lo stesso Orsi si lamenta con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi degli articolo critici pubblicati da Il Sole-24 Ore. E Squinzi promette immediatamente di intervenire sul direttore del quotidiano, Roberto Napoletano.

Secondo il gip, sia Giuseppe Orsi che Bruno Spagnolini “appaiono convinti dell’esigenza di ricorrere a tali sistemi operativi per ottenere l’aggiudicazione delle gare di appalto”. A questo riguardo, con riferimento a Spagnolini, il gip sottolinea che in una valigia sequestrata all’intermediario Haschke a casa della madre è stato trovato un memorandum risalente al 2010 “riguardante successiva fornitura di mezzi Agusta sempre all’India con specifico riferimento alla tangente richiesta dal pubblico ufficiale coinvolto in quei fatti (tale Saini). Dunque – annota il giudice – l’Agusta Westland, e per essa la sua dirigenza e lo Spagnolini in particolare, sembrano essere consueti al pagamento di tangenti e vi è motivo di credere che tale ‘filosofia aziendale‘ si ripeta anche in futuro se non resa vana attraverso l’intervento cautelare”. Riguardo a Orsi, scrive ancora il giudice, “rivela il suo disincanto per la pratica tangentizia e, dunque deve aggiungersi, il suo convincimento che la stessa sia un fattore naturale della pratica aziendale”.

”Ho sempre fatto il bene dell’azienda e del paese” ha detto Orsi al suo legale Ennio Amodio dopo l’arresto. Orsi, afferma Amodio, “non ha mai commesso alcun illecito e lo dimostreremo”.

L’inchiesta che ha determinato l’arresto del presidente di Finmeccanica, vicino al leader leghista Roberto Maroni, è stata condotta a lungo dai pubblici ministeri di Napoli Piscitelli e Woodcock e poi trasmessa a Busto Arsizio per decisione della Corte di Cassazione, che ha stabilito la competenza territoriale dei magistrati lombardi. Nella prima fase dell’inchiesta i pm napoletani hanno raccolto una gran quantità di documenti e numerosi indizi a carico di Orsi e di altri indagati. I magistrati della procura di Busto Arsizio, attraverso altre indagini, hanno completato il quadro accusatorio, chiedendo ed ottenendo le misure cautelari eseguite questa mattina.

Finmeccanica, si legge in una nota, ”esprime solidarietà” al suo presidente e all’amministratore della controllata Agusta Westland. La società comunica inoltre che l’attività aziendale prosegue con ordine. Sulla vicenda intervien, con altri toni, anche il presidente del consiglio uscente Mario Monti: “La magistratura fa il suo lavoro e sono sicuro lo farà fino in fondo”, spiega a Unomattina, ma su Finmeccanica “c’è un problema di governance che affronteremo”. L’aspetto delle regole è “importante andare avanti per estirpare la corruzione”, “rafforzando la disciplina”. Il premier ha anche ricordato come la legge anticorruzione sia stata approvata “con fatica” per l’opposizione della destra. 

Orsi, nonostante fosse indagato da tempo, è sempre rimasto al suo posto. Fino ad oggi, “in assenza di riscontri fattuali sulla vicenda contestata non sussistevano i presupposti concreti certi e attuali affinché l’assemblea deliberasse l’eventuale revoca dell’amministratore coinvolto nelle indagini, ovvero la promozione di una azione di responsabilità nei suoi confronti”.  Ma ormai il ministero dell’Economia ora deve guardare avanti. Ciò “anche al fine di evitare il rischio di insorgere di danni al patrimonio della Società ovvero all’erario derivanti da infondatezza dell’azione eventualmente promossa”. Il Tesoro quindi ”si sta adoperando adotti tempestivamente un sistema di governance in grado di garantire la necessaria continuità gestionale, la tutela degli interessi degli azionisti – e quindi anche dell’Erario – nonché la massima correttezza e trasparenza nei processi decisionali”. 

 

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