La macchina più grande del mondo prende una pausa. A partire dal 14 febbraio l’acceleratore di particelle Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra si riposerà per almeno 15 mesi per tornare al lavoro con il doppio dell’energia e fasci di particelle ancora più ricchi, pronto a catturare i segreti della “nuova fisica”. Il fermo tecnico della macchina che ha permesso di scoprire il bosone di Higgs era previsto fin dall’inizio per consentire le operazioni di manutenzione e gli aggiornamenti che nel 2015 le permetteranno di tornare al lavoro nel pieno delle sue forze. Lo stop scatterà alle 6 del mattino di giovedì 14 febbraio, quando termineranno le collisioni, si legge nel sito del Cern e nel sito Lhc Italia dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). L’ultimo fascio di particelle circolerà invece all’alba di sabato 16 febbraio. Quindi cominceranno i lavori che renderanno la macchina ancora più potente.
La macchina è stata progettata per funzionare all’energia di 14.000 miliardi di elettronvolt e alla temperatura di 272 gradi sotto lo zero. Le collisioni ottenute in queste condizioni estreme sono il laboratorio ideale per generare particelle sconosciute, capaci di rivelare territori ancora inesplorati della fisica. E’ questo, quindi, l’obiettivo al quale ricercatori e tecnici lavoreranno in vista del ritorno in funzione dell’acceleratore, nel 2015. Si chiude quindi la prima fase dell’avventura dell’acceleratore dei record. Acceso nel settembre 2008, ha superato ogni aspettativa accelerando i protoni che scorrono al suo interno. Da allora la macchina ha battuto un record dopo l’altro, spostando la leadership della fisica delle particelle dagli Stati Uniti all’Europa.
Il contributo italiano è stato notevole: il direttore della ricerca del Cern è infatti italiano, così come i responsabili internazionali di cinque esperimenti sui sei condotti nell’acceleratore. Complessivamente sono circa 600 i ricercatori italiani che lavorano all’Lhc, coordinati dall’Infn. Tanto che, osserva il presidente dell’Infn, Fernando Ferroni, “ci possiamo vantare delle grandi responsabilità che i nostri ricercatori stanno ricoprendo e del contributo cruciale al funzionamento dei rivelatori e alle scoperte scientifiche ottenute”.