Il 20 febbraio del 2011 migliaia di persone scesero in piazza a Rabat, Casablanca, Fez e in altre città del Marocco. 

Nato sulla scia delle rivolte di Tunisi, Cairo e Manama, il Movimento 20 febbraio cercò di organizzare la protesta intorno alle parole-chiave (democrazia, rispetto dei diritti umani, migliori condizioni economiche, fine della corruzione) della “primavera araba”: aggettivo quanto mai inadeguato a descrivere una società plurale come quella marocchina, tanto che gli attivisti locali l’hanno da subito chiamata “democratica”.

A due anni da allora, in Marocco la repressione delle proteste è la routine. Decine di attivisti del Movimento 20 febbraio sono in prigione solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni; alcuni di essi hanno denunciato di aver subito maltrattamenti e torture. Tutto ciò, nonostante la nuova Costituzione entrata in vigore nel luglio 2011 garantisca il diritto di manifestazione pacifica.

Uno degli esponenti del Movimento 20 febbraio, Youssef Oubella, 24 anni, è stato arrestato nel luglio 2012 a Casablanca, durante una manifestazione. Ha riferito di essere stato picchiato, insultato e torturato durante l’arresto e nel corso della detenzione di essere stato costretto a firmare una dichiarazione secondo la quale aveva colpito un agente di polizia.

Nel settembre 2012, Oubella e altri cinque esponenti del Movimento 20 febbraio hanno ricevuto condanne fino a un massimo di 10 mesi per insulto e violenza contro agenti di polizia. Anche gli altri cinque prigionieri hanno denunciato di essere stati maltrattati e torturati. I sei uomini sono stati rilasciati un mese fa.

L’avvocato per i diritti umani Mohamed Messaoudi, che ha difeso molti attivisti del Movimento 20 febbraio, afferma preoccupato che la repressione nei confronti delle attività del gruppo è recentemente aumentata. Suoi militanti vengono regolarmente arrestati e accusati di insulto o di violenza nei confronti di agenti di polizia, traffico di droga e partecipazione a manifestazione non autorizzata.

Sempre secondo Messaoudi, i maltrattamenti nei confronti degli attivisti durante e dopo l’arresto sono un fenomeno assai diffuso e il caso di Oubella non è stato affatto isolato.

Un altro esponente del Movimento 20 febbraio, il rapper Mouat Belghouat è stato arrestato nel marzo 2012 e accusato di insulto a un agente di polizia, dopo che su Internet è circolato il video di un suo brano contro la corruzione della polizia, nel quale un agente aveva la testa di un somaro.

Belghouat è stato condannato a un anno di carcere, sentenza confermata in appello lo scorso luglio. È detenuto nella prigione di Oukacha, a Casablanca. Per almeno due volte ha portato avanti scioperi della fame per protestare contro le condizioni detentive.

Il Relatore speciale dell’Onu sulla tortura Juan Méndez ha dichiarato che sebbene il codice di procedura penale garantisca l’accesso a un avvocato, “tale garanzia non è pienamente rispettata nella legge come nella prassi. Un detenuto può incontrare un avvocato di sua scelta solo dopo che sono trascorse 24 ore dall’arresto, per un massimo di 30 minuti e alla presenza di un funzionario incaricato delle indagini”.

Queste parole, Méndez le ha pronunciate dopo una visita in Marocco e nel Sahara Occidentale, effettuata lo scorso settembre. E proprio in relazione al Sahara Occidentale, va registrata una recente brutta sentenza: nove condanne all’ergastolo e altre 14 a pene da 20 a 30 anni in relazione agli scontri seguiti, nel novembre 2010, allo sgombero del campo di protesta di Gdim Izik

Per molti, Gdim Izik ha rappresentato l’inizio della “primavera democratica” nell’Africa del Nord.

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