Tintinnio di manette per Nicola Cosentino. Quelle vere, stavolta. Il 15 marzo, con l’insediamento delle nuove Camere, l’ex coordinatore campano del Pdl ed ex sottosegretario del governo Berlusconi perderà lo status di deputato, e con esso lo scudo che lo ha finora protetto dalla prigione. Ed in queste ore è battaglia tra accusa e difesa sull’esecuzione delle due ordinanze di custodia cautelare in carcere che pendono sul capo di Cosentino e finora congelate per il voto contrario della Camera. La Procura di Napoli ha dato parere negativo alle istanze di revoca dei provvedimenti, presentate dagli avvocati Agostino De Caro e Stefano Montone. “Condotte di allarmante spregiudicatezza, la mancata ricandidatura di Cosentino non può far ritenere annullato il potere di influenza politica di un uomo così potente per circa 20 anni, soprattutto se quella mancata candidatura è stata una decisione assunta all’ultimo secondo utile dal partito per ragioni di mera opportunità e convenienza, e non per una reale rottura o per ripudio della personalità del Cosentino” sostiene il pm Alessandro Milita, titolare dell’accusa nel processo all’ex coordinatore campano del Pdl sulle collusioni camorristiche nella gestione del business dei rifiuti, che riprenderà lunedì 4 marzo con le deposizioni di due pentiti. Mentre per il pm Antonello Ardituro, che ha condotto l’inchiesta sfociata nel secondo provvedimento cautelare, relativa ai favori di Cosentino a imprenditori vicini ai clan per la costruzione (mai ultimata) di un ipermercato a Casal di Principe, il potere relazionale di Cosentino “è ancora intatto e l’imputato è in grado di utilizzarlo in maniera spregiudicata a vantaggio della camorra” anche se non è stato rieletto in Parlamento. Anche questa inchiesta è culminata nel rinvio a giudizio di Cosentino, che dovrà difendersi insieme ad altre decine di imputati. Ma il processo non è ancora iniziato: la prima udienza è prevista il 27 marzo.
Tra i due pareri contrari, particolarmente severo è quello del pm Milita, che ricorda il ruolo di Cosentino nella costruzione del dossier che avrebbe dovuto abbattere la candidatura del ‘rivale’ Stefano Caldoro alla guida della Regione Campania. “Vicenda, a dir poco inquietante, della diffamazione dell’On. Caldoro, e del tentativo di condizionamento della Corte di Cassazione per ottenere l’annullamento della misura cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito delle attivita’ della cd. P3, fatti per i quali Cosentino e’ imputato dinanzi al Tribunale di Roma. Si tratta – secondo Milita – di condotte che descrivono la allarmante spregiudicatezza della persona, ben lontana dal profilo rispettoso di regole e prescrizioni che pur dovrebbe essere naturale per chi ha rappresentato i cittadini nella più importante istituzione elettiva del Paese, ma che – soprattutto – deve esigersi da chi invoca la revoca di una ordinanza di custodia cautelare”.
Gli avvocati di Cosentino replicano: “Non ci rimane che segnalare come l’impostazione dell’Ufficio inquirente sia progressivamente e sensibilmente mutata. Entrambe le originarie ordinanze, così come le pronunce che in fase intermedia si sono registrate, fondavano la presunzione di pericolosità soggettiva su elementi specificamente ed inequivocabilmente indicati, più e più volte, dai magistrati: il ruolo di sottosegretario, il ruolo di coordinatore regionale del Pdl, il ruolo di parlamentare della Repubblica. Ruoli e funzioni che – secondo l’ipotesi accusatoria – sarebbero stati occasione e strumento per la commissione delle condotte in accertamento”. ”Evidentemente oggi, e per la prima volta – sostengono i legali – l’asticella viene collocata ancora più in alto, nel tentativo di imporre al Cosentino (che non ha più alcuno di quei ruoli e non ricopre più alcuna di quelle funzioni istituzionali e di partito) una prova liberatoria diabolica, che soltanto la perdita della vita potrebbe assicurare, non essendo mai possibile escludere, in natura, che un qualsivoglia soggetto, sia esso parlamentare, re, magistrato, chirurgo, avvocato, meccanico, inoccupato, ponga in essere nel futuro comportamenti penalmente rilevanti”.
La parola ora passa ai giudici del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. E in particolare ai collegi presieduti da Giampaolo Guglielmo e da Orazio Rossi, depositari della sorte del deputato uscente di Casal di Principe. Il 4 marzo il giudice Guglielmo dichiarerà riaperto il dibattimento ed in questa sede non è escluso che ufficializzi la decisione del suo collegio. Il carcere non è più una eventualità remota nel tempo.