Rosso. Come il sangue che ogni giorno le donne versano per mano dei propri padri, mariti, ex compagni. Rosso. Il simbolo dell’energia vitale, della forza fisica e mentale, della volontà di opporsi ai maltrattamenti. Rosso. Il colore scelto dell’artista messicana Elina Chauvet per la sua installazione: “Zapatos rojos”, ossia “Scarpette rosse”.
Scarpe da donna di colore rosso o dipinte di rosso, sistemate per le vie, nelle piazze, vicino ai monumenti delle città per dire stop alla violenza di genere. Decolletes, ballerine, sandali, zeppe. Reperite in ogni città attraverso l’attivazione di una rete di associazioni. Ma anche grazie al contributo delle persone che portano le loro scarpe prima dell’installazione. Ogni paio rappresenta una donna e la traccia della violenza subita. L’effetto finale è quello di un corteo di donne assenti perché cancellate dalla violenza. Donne di cui rimangono solo le scarpe.
Il progetto di arte pubblica rimanda alla situazione di Ciudad Juárez, città del Nord del Messico, al confine con gli Stati Uniti. Qui, a partire dal 1993, gli atti di violenza sulle donne si sono moltiplicati. Le vittime da subito sono centinaia: rapite, stuprate, uccise. A poco a poco il fenomeno si allarga, ma è sempre tenuto in scarsa considerazione dalle autorità e dai media internazionali. E’ a Juarez che per la prima volta viene usato il termine “femminicidio“. Ed è qui che, nel 2009, Elina Chauvet ha dato vita a “Zapatos rojos”. Da allora l’installazione ha fatto il giro del mondo. In Italia è stata esposta a Milano, Genova e Lecce.
Ultima in ordine di tempo è piazza Castello a Torino, dove “Scarpette rosse” fa parte del programma per i festeggiamenti dell’8 marzo, data in cui ricorre la “Giornata internazionale della donna”, meglio nota come “festa della donna“. E sempre a Torino dal 2008 Marisela Ortiz Rivera, in rappresentanza delle madri delle vittime di Juarez, ha ricevuto la cittadinanza onoraria. “Nonostante le difficoltà – ha scritto la donna in una lettera inviata al sindaco Piero Fassino – si é ancor più rafforzata la nostra volontà di lottare contro le ingiustizie presenti nella comunità messicana, qualificata come una delle più violente al mondo“.