Ultimo teste, forse il più importante di tutti, è arrivato nel giorno della chiusura del dibattimento del processo Ruby e dell’inizio della requisitoria prevista per le 14. E’ il pm minorile di Milano Anna Maria Fiorillo che la notte, tra il 27 e il 28 maggio, aveva ordinato che Karima El Mahroug, 17 anni, denunciata per furto, venisse affidata a una comunità di accoglienza. “Sospettai che la ragazza facesse la prostituta” ha racconto il magistrato, al centro di una polemica per le sue dichiarazioni sulla polizia e sull’allora ministro dell’Interno Maroni e ora oggetto anche di un’azione disciplinare da parte del pg di Cassazione. Se avessero eseguito le sue disposizioni la minorenne Ruby Rubacuori non sarebbe stata affidata alla consigliera regionale Nicole Minetti. Invece una chiamata dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, da Parigi innescò una tale pressione che permise alla ragazzina, nonostante non fosse stata del tutto identificata, di uscire dagli uffici della Questura. Il Cavaliere disse che Ruby era la nipote dell’allora presidente egiziano Hosni Mubarak. Per quella telefonata il leader del Pdl è imputato per concussione e per le serate passate ad Arcore da Ruby l’ex premier deve rispondere del reato di prostituzione minorile.
Fiorillo ha fornito la sua ricostruzione di quanto accadde, si è soffermata anche sulle telefonate ricevute dal Commissario Giorgia Iafrate in quelle ore concitate, affermando di essere rimasta “infastidita” dall’atteggiamento della dirigente della Polizia. “Quella sera ricevetti numerose telefonate – è il suo racconto – più di quelle poi effettivamente documentate, ma non meno di quattro. Ho viva memoria della prima con l’assistente di polizia Cafaro e di una telefonata col commissario Iafrate. La prima giunse mentre ero a casa di mia madre tra le sette e le nove e mezza. Cafaro mi disse che erano intervenuti in corso Buenos Aires perché una donna, poi identificata in Caterina Pasquino, aveva incontrato in un centro estetico una ragazza che aveva riconosciuto come autrice di un furto ai suoi danni e, per questo, aveva chiamato la polizia”.
SOSPETTAI CHE FOSSE UNA PROSTITUTA – “Cafaro – prosegue il pm – mi disse che c’erano due versioni. La derubata sosteneva di avere incontrato Ruby in discoteca, di averla ospitata a dormire a casa sua e che lei le aveva rubato tremila euro. La minorenne diceva che era da molto tempo a casa della Pasquino, che le pagava l’affitto e che c’erano stati dei dissensi tra loro due. Cafaro aggiunse che era scappata da una comunità siciliana. La ragazza gli disse che per pagare l’affitto faceva la danza del ventre. Sospettai subito che la ragazza facesse la prostituta e diedi disposizioni per collocarla in comunità e che prima venisse fotosegnalata. Era necessario fare luce anche sulla notizia di reato del furto”.
NIPOTE DI MUBARAK? – “Quando il commissario Iafrate mi disse che la Minetti si offriva di prendere in affido Ruby perché era la nipote di Mubarak, rimasi incredula e dissi: “Ma se mi avete detto che è marocchina, tutt’al più è la nipote del re del Marocco…“. Lo ha affermato il pm dei Minori Anna Maria Fiorillo, sentita nel processo Ruby. “Dissi che avrebbero potuto affidarla alla Minetti – è la versione della Fiorillo – solo a due condizioni: che fosse identificata e che ci fossero i documenti chiesti dalla legge per avere titolo a chiedere l’affidamento. Che ci fosse un intervento del Consolato o dell’ambasciata, in mancanza di comunicazioni coi genitori”.
MARONI DISSE IL FALSO – Quando l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni “andò in Parlamento a dire che la polizia aveva affidato” a Nicole Minetti la minorenne Ruby “secondo le mie disposizioni” riferì “cose non vere”. Del procedimento aperto nei suoi confronti davanti al Csm. “E’ stato un attacco ala mia onorabilità – ha spiegato il pm – perché in una situazione simile nessun magistrato avrebbe preso una decisione diversa dalla mia”, cioè la comunità.
NESSUN MAGISTRATO L’AVREBBE AFFIDATA ALLA MINETTI – “Nessun magistrato degno di questo nome” avrebbe affidato la minorenne Ruby alla consigliera Minetti e non a una comunità, ha proseguito Fiorillo. Un’attività, quella tra Fiorillo e gli uomini della Questura, “meramente orale”, ossia “conversazioni telefoniche”, poi “non ho più avuto visione degli atti che arrivarono molto dopo”, cioè a giugno. “Non mi sono mai occupata dei procedimenti che riguardano la minore, né dell’affidamento del procedimento penale. Io risposi solo al telefono e diedi delle disposizioni”. Quella sera Fiorillo diede “disposizioni che la minore fosse affidata a una comunità”, ma ricorda anche che nelle due telefonate con la Iafrate che “lei parlava come se svolgesse un monologo, avevo difficoltà a inserirmi nel discorso. Il suo obiettivo era molto chiaro, ossia affidarla alla Minetti”. Per il pm minorile Fiorillo, il commissario di polizia, alla quale aveva dato indicazioni di affidare la minore a una comunità, fu “una telefonata indimenticabile perché non è mai successo che dall’altra parte ci fosse una persona che non voleva ascoltarmi”.
La difesa ha chiesto al Tribunale un confronto tra il pm e il commissario Iafrate, ma i giudici l’hanno respinta e come la richiesta di nuovi testimoni. I legali dell’ex premier Niccolò Ghedini e Piero Longo, chiedendo che venga spostata di qualche giorno.