Secondo un rapporto pubblicato da SOS Impresa e presentato in Commissione Antimafia lo scorso anno, le mafie avrebbero fatturato 138 miliardi di euro solo nel 2010. Se fosse un’azienda, il crimine organizzato sarebbe la maggiore azienda d’Italia, superando di gran lunga colossi come Eni, Exor, Assicurazioni Generali ed Enel.
Stiamo attenti. Quella di SOS Impresa è una stima di un fenomeno che non osserviamo direttamente (come la corruzione) e possiede larghi margini di incertezza. Ma anche se il vero fatturato annuale fosse la metà di quello mostrato sopra, che le mafie siano tra le maggiori potenze economiche di questo paese rimarrebbe comunque indiscusso.
Con i profitti ricavati da quei fatturati (100 miliardi, sempre secondo SOS Impresa) le mafie penetrano nell’economia legale. Si scoprono imprenditrici. Sono 1708 le aziende confiscate perché gestite da imprenditori appartenenti o vicini alle cosche. Ed è solo la punta di un iceberg: a Catania indagini sembrano suggerire che dietro alla costruzione degli ultimi centri commerciali ci sia stato il supporto economico delle famiglie locali; nei cantieri della Napoli–Salerno si controllano 53 imprese sospette d’infiltrazione; e neanche con le misure preventive già prese sembra possibile tenere le mafie fuori dall’Expo di Milano.
Le conseguenze per l’economia italiana sono disastrose, tanto da essere citate come una delle minacce principali alla sicurezza interna del paese. L’infiltrazione mafiosa comporta la distorsione dei mercati e della concorrenza, assieme ad una stagnazione dell’innovazione. Ci pensi due o tre volte prima di aprire un’azienda pulita in un settore economico a presenza mafiosa. E in tal caso, l’istinto a innovare il proprio modello di business e ottenere nuovi margini di competitività sarebbe molto probabilmente soppresso dalla paura di ritorsioni e intimidazioni.
La mafia ferma lo sviluppo economico, ed è fondamentale che il nuovo governo ne prenda atto. Urge un ulteriore punto nella proposta Bersani: non una generica “lotta alle mafie” (espressione accorpata, distrattamente, con il punto anti-corruzione dal segretario del Pd nella sua apparizione a Che tempo che fa) ma una pragmatica “lotta all’infiltrazione mafiosa”. Le misure comprenderebbero:
1) Una riforma del processo di sequestro, confisca e riuso dei beni mafiosi. E’ prioritario rafforzare l’Agenzia Nazionale dedicata al fenomeno e ridurre le gravissime inefficienze e i ritardi nel riuso dei beni confiscati (temi approfonditi nella presentazione sotto).
2) L’istituzione di un sistema di monitoraggio dell’infiltrazione mafiosa. Sappiamo quali sono i settori economici più a rischio (tra questi figurano costruzioni, smaltimento rifiuti e trasporti) ma non abbiamo idea di quanto realmente siano soggetti all’influenza mafiosa. Per capire se le politiche di contrasto abbiano successo, è essenziale una misura del grado di infiltrazione.
3) La revisione degli strumenti di prevenzione all’infiltrazione. Il rating di legalità serve a ridurre la presenza mafiosa nelle aziende, premiando, con incentivi quali un maggiore accesso al credito, quelle imprese che adottano un’etica antimafia e denunciano tentativi di estorsione e collusione. Tuttavia, sono state avanzate critiche sull’iter burocratico e il processo di controllo che potrebbero rendere lo strumento non così conveniente per le aziende. Revisionare il rating è importante per definire una robusta arma preventiva contro le mafie imprenditrici.
La prima di queste proposte era già presente nel programma del Partito Democratico, sebbene in campagna elettorale non ci sia stato nessun riferimento ad essa (la lotta alle mafie è stata uno dei tanti temi assenti nelle nostre elezioni). Al contrario, nel programma nazionale del Movimento Cinque Stelle le parole “mafia” e “crimine organizzato” non figurano neanche una volta, tanto da suscitare domande tra i grillini stessi. Cosa paradossale, dato che il M5S siciliano può forse vantare il programma antimafia più completo dell’intero panorama politico italiano.
Corruzione e mafia sono le due piaghe che corrompono le basi del sistema Italia. E non si combatte una senza combattere l’altra. Speriamo che il nuovo governo lo tenga in mente.
Di Stefano Gurciullo