“Ma quanta paura fa un’africana in Parlamento?”. Se lo sono chiesti in molti leggendo i tweet scritti dal senatore democratico Stefano Vaccari e dal giornalista Daniele Sensi che, sul web, hanno denunciato gli insulti e le minacce di morte che alcuni militanti e un segretario comunale della Lega Nord hanno rivolto a Cécile Kyenge Kashetu, oculista modenese ma, soprattutto, fresca parlamentare del Pd. A lei, ma anche al giornalista Khalid Chaouki, nato a Casablanca, neoletto nella circoscrizione Campania 2, responsabile Nuovi Italiani del Pd, nonché autore di “Leghisti brava gente”, prefazione di Pier Luigi Bersani. “I Leghisti – scrive il senatore Vaccari – minacciano di morte l’onorevole Pd Cécile Kyenge. Razzisti e xenofobi in salsa italiana come Alba Dorata in Grecia”.
Le frasi, postate su Facebook a commento dell’articolo “E’ del Pd il primo parlamentare con la moglie velata” pubblicato su ImolaOggi, dedicato proprio all’elezione dei due deputati democratici, i primi di origini africane in Italia, sono difficilmente fraintendibili: “Dovremmo fare i kamikaze giapponesi – ha scritto Francesco Bellentani, segretario comunale della Lega Nord di Nonantola, nel modenese – prima del gesto estremo, ucciderne minimo 20 di loro”. Al messaggio un secondo leghista ha risposto: “Basta far fuori loro, perché poi ammazzarsi, non ne vale la pena”.
Parole d’odio, di morte, che seguono solo di qualche ora le minacce indirizzate al consigliere comunale di Ravenna, Pietro Vandini, a sua volta oggetto di biglietti minatori per via della sua appartenenza al Movimento Cinque Stelle. Parole alle quali, però, sono seguite numerose manifestazioni di solidarietà, centinaia di messaggi lasciati sui profili Facebook dei due deputati democratici da cittadini, studenti, lavoratori e rappresentanti della sfera politica. “Ma quanta paura fa un’africana in Parlamento? Figlia del miglior sud e del miglior nord, lasciali ringhiare nel loro cortiletto. E che continuino pure a credere che sia grande”, scrive Fabiana. “La mia completa solidarietà. Sono offesa dagli insulti, che considero fatti a tutte le donne e gli uomini democratici e progressisti del nostro Paese – commenta anche Donatella – Non ho votato Pd, ma ugualmente penso che la tua presenza in Parlamento sia una ricchezza per tutti noi. Buon lavoro”.
“Preferisco non commentare – risponde invece Cécile Kyenge, contattata telefonicamente da ilfattoquotidiano.it – voglio solo ringraziare tutti coloro che in queste ore ci hanno espresso sostegno e solidarietà. Del resto, gesti simili si commentano da soli”. Non è preoccupata, la neodeputata democratica, delle minacce ricevute dai simpatizzanti del Carroccio, “di battaglie simili, contro la discriminazione, ne dovrò affrontare tante”. Almeno quante sono quelle che in questi anni, assieme alla rete Primo Marzo, ha condotto per tutelare i diritti degli immigrati. Storie di volti rinchiusi nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione, di giovani nati in Italia ma figli di stranieri, “e per questo privi di alcuna tutela”, di lavoratori discriminati per via della loro origine.
“Porterò le mie battaglie in Parlamento” spiega la Kyenge, nata nella Repubblica Democratica del Congo e venuta in Italia ai tempi dell’università. Prima a Roma, dove ha studiato, poi a Modena, dove si è specializzata in oculistica, e dove ha iniziato la sua vita politica. “Le mie priorità, una volta alla Camera, saranno due: ottenere l’abrogazione della Bossi – Fini e chiedere che la cittadinanza venga estesa a tutti coloro che sono nati in Italia. Sembra un paradosso – racconta – eppure poter dire ‘io esisto per questa società’ anche se la strada per diventare cittadini è lunga può cambiare sensibilmente la vita di chi già abita in questo paese. Significa sentirsi parte di quella comunità in cui si lavora, in cui si crescono i propri figli, in cui si compra casa e si mette su famiglia”.
Per la Kyenge, 44 anni, la prima donna parlamentare di colore in Italia, l’attività a Roma coinciderà quindi con la possibilità di “dare voce a chi non ne ha”. A prescindere dalle critiche, alle quali preferisce non rivolgere alcun pensiero.
Diversa, invece, la reazione del Partito Democratico che, oltre a esprimere solidarietà alla deputata, ha chiesto l’intervento del neoeletto governatore della Lombardia, Roberto Maroni. “Il governatore Maroni intervenga e condanni le vergognose espressioni razziste e violente che attaccavano la presenza in Parlamento di due nuovi deputati del Pd, Cecile Kyenge e Khalid Chaouki – scrive Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Pd – la cui colpa, agli occhi degli imbarazzanti militanti leghisti, è quella di avere un colore della pelle non propriamente padano. Nessuno spazio e nessuna indifferenza può essere concessa oggi in Italia, a maggior ragione nella drammatica condizione sociale in cui ci troviamo, al benché minimo rigurgito di razzismo e di violenza xenofoba. Quando la rabbia sociale aumenta, lasciare spazio a qualsiasi estremismo può essere letale. Maroni non lasci passare sotto silenzio questo episodio”.
“Quella espressa da Bellentani è anche l’opinione della Lega Nord, del partito nonantolano e modenese? Ed è compatibile la permanenza in questo ruolo di una persona che si permette di parlare con tale leggerezza e brutalità dell’uccisione di altre persone che, da tempo, vivono, risiedono e lavorano vicino a lui?” si domandano invece Davide Baruffi, il segretario del Pd di Modena e Christian Mattioli Bertacchini, coordinatore democratico dell’Area dei Comuni della cintura.
Che nel commentare la notizia non risparmiano una stoccata al Movimento Cinque Stelle: “In questo clima di tensione, Beppe Grillo sostiene che ci sono più punti di contatto tra le nostre politiche e quelle del centro-destra, che, insomma, saremmo tutti uguali. Ecco, Grillo non ha mai detto una parola chiara in tema immigrati e diritti di cittadinanza. Davvero siamo tutti uguali? Noi diciamo che il primo provvedimento del nuovo Governo dovrà essere una legge che riscriva il diritto di cittadinanza e che sancisca che chi nasce sul suolo italiano, è italiano. Lui è d’accordo? E se non è d’accordo, lo dica chiaramente e chiarisca anche a chi lo sostiene, per quali ragioni non lo è”.