“La festa della donna? Non ha più molto senso: semmai la festa dovrebbe svolgersi tutto l’anno. Ma può essere comunque un’occasione per ricordare che esiste una componente della popolazione svantaggiata e mortificata”. A dirlo Rossella Palomba, demografa dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, autrice del libro “Sognando parità” appena uscito per Ponte alle Grazie.
Al centro dell’analisi della studiosa, la parità di genere, un concetto che per l’Italia rappresenta ancora un lusso. Vista la situazione attuale, infatti, secondo Palomba, bisognerà aspettare il 2138 per vedere in cattedra tanti professori ordinari donne quanti sono gli uomini. Non solo: dovremo attendere il 2143 per una equilibrata spartizione delle cariche nei consigli di amministrazione e il 2660 per vedere le donne equamente rappresentate ai vertici della diplomazia.
Non a caso, scrive l’autrice, anche nel governo Monti le prime a essere sacrificate sono state le pari opportunità, con l’abolizione del ministero preposto e l’attribuzione delle deleghe alla titolare del lavoro, Elsa Fornero. “Non appena si parla di tagli a causa della crisi economica – spiega Palomba – a cadere per primi sono gli interventi a favore delle pari opportunità. Tanto si va avanti lo stesso: le donne aspettino pure”. Ma ora l’Italia questo atteggiamento non se lo può più permettere.
Il nostro Paese è infatti il fanalino di coda nelle classifiche europee per quanto riguarda la partecipazione femminile al mondo del lavoro e rispetto ai processi decisionali della politica, solo per citare due temi. L’ultimo Global gender gap report del World economic forum ci colloca in 80esima posizione su 135 Paesi. Ancora una volta, a guidare la classifica è il Nord Europa, mentre continua l’arretramento dell’Italia, scivolata anno dopo anno verso il fondo della graduatoria. Nel 2012 per fare un esempio, il nostro Paese ha perso sei posti rispetto al 2011 e al 2010.
Una possibile spiegazione di tale situazione, viene dal “Closing the gender Gap: act now“, uno studio elaborato nel 2012 dall’Ocse, secondo cui le donne italiane continuando a essere percepite come le prime responsabili della cura della famiglia e della casa – 3,6 ore al giorno in più rispetto agli uomini – devono necessariamente limitare la loro partecipazione al mercato del lavoro. Anche per questo quindi, ricorda Palomba, l’Italia non solo non è riuscita a raggiungere il traguardo del 60% di occupazione femminile fissato dalla strategia di Lisbona, ma è ancora lontana da obiettivi ben più modesti. Eppure, al mancato sfruttamento del potenziale produttivo femminile si associa anche un sostanziale danno economico, elemento non trascurabile in tempo di crisi.
Certo, la vita delle donne italiane è cambiata in meglio rispetto a trent’anni fa. Palomba ricorda infatti le grandi conquiste del ‘900 e quanto le donne abbiano lottato per ottenere il diritto al lavoro, l’accesso alle carriere, l’abolizione del delitto d’onore, l’autodeterminazione rispetto al proprio corpo, il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona e non contro la morale. Ma adesso? Devono ancora lottare, non solo per riaffermare diritti già conquistati e spesso messi in discussione, ma soprattutto per ottenere la parità sostanziale. Parità che, almeno secondo Rossella Palomba, rimane un traguardo lontano un paio di secoli.