Niente dimissioni e niente gruppo misto per Giovanni Favia, che dopo l’espulsione dal Movimento 5 stelle e la candidatura-flop con la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, ha deciso di rimanere comunque nel gruppo regionale dei 5 stelle. Non solo: resta anche consigliere regionale. Forse lo farà a maggio. E se fosse stato eletto? E soprattutto, cosa accadrebbe a maggio.
Una scelta che ha messo in imbarazzo il suo collega in viale Aldo Moro, Andrea Defranceschi, che senza giri di parole su Facebook scrive: “Ha deciso di non passare al gruppo misto, ma di restare all’interno restare all’interno del gruppo consiliare del Movimento come indipendente. E’ una scelta che non condivido assolutamente, ma che rientra tra le possibilità che gli strumenti legislativi gli consentono”.
Nella stessa nota Defransceschi spiega come si trovi in una posizione difficile, senza la possibilità di dire no. “Dopo numerosi incontri con la direzione generale dell’Assemblea legislativa, è risultato evidente che non ho alcuna possibilità di oppormi o modificare la situazione”.
Come capogruppo, la gestione e la responsabilità amministrativa e penale del budget assegnato per il personale, il funzionamento del gruppo consiliare e gli strumenti e materiali per lo svolgimento delle attività del gruppo rimangono nelle mani di Defranceschi. Mentre il personale tecnico continuerà a fornire il suo supporto ad entrambi i consiglieri, con l’eccezione dell’ufficio stampa, che invece risponderà solo a Defranceschi.
Il capogruppo dei 5 stelle poi specifica: “Tutti gli atti politici prodotti (interrogazioni, risoluzioni, progetti di legge) su carta intestata del Movimento 5 stelle, riporteranno unicamente la mia firma, fatta ovviamente salva la possibilità per qualunque altro consigliere dell’assemblea legislativa di aggiungere successivamente la propria firma, se li riterrà condivisibili”.
Di tutt’altro tenore la versione di Favia che torna ad usare Facebook per rispondere alle parole del collega 5 Stelle: “Sono l’unico dei consiglieri espulsi che ha deciso di lasciare il suo mandato prima della sua fine naturale. E’ una mia libera scelta, nessuno me lo imponeva. Potevo restare come hanno fatto gli altri. Ho sempre detto che lo avrei fatto terminate alcune battaglie che avevo iniziato da tempo, sia come consigliere che come presidente di commissione. Non ho mai cambiato versione in questi mesi”.
“Ho continuato a tagliarmi lo stipendio, ho rinunciato al vitalizio (dopo l’espulsione) ed ho affrontato anche il tema della composizione tecnica del gruppo con Andrea”, ha continuato, “Per chiarezza: il gruppo consiliare non è del “partito” ma è legato ai consiglieri. Lasciarlo significherebbe privarlo di risorse (in seguito alla riduzione della composizione numerica) rompere il gruppo e lo staff che da oltre due anni lavora armonicamente e con ottimi risultati, trasversalmente sia con me che con Andrea, mettendo inoltre i dipendenti di fronte a delle scelte difficili”.
Poi la conclusione: “Per questo mi ha ferito leggere il messaggio di Andrea, privo di spiegazioni, dal quale menti suggestionabili deducono che io rimanga nel gruppo solo per tenermi una poltrona. Gruppo misto o gruppo attuale, per quanto concerne la poltrona, non cambia nulla. Se il gruppo attuale che io ho da oltre due anni ed in maniera determinante contribuito a creare ed organizzare, deve avere una paternità, non è certo quella del “partito” ma dei due consiglieri che lo hanno messo in piedi (…) Quei due consiglieri che al di là delle espulsioni del capo continuano ad essere un picchetto di resistenza in consiglio regionale, un terminale per i cittadini. Domani parlerò con Andrea, sono certo che non era nelle sue intenzioni scatenare questi attacchi”.