Berlusconi ineleggibile e sì a un’eventuale richiesta di arresto a suo carico. Sfida a tutto campo al Partito Democratico. Altro che gli otto punti di Bersani per un governo di minoranza che i Cinque Stelle dovrebbero sostenere. Viceversa è il Movimento Cinque Stelle che riparte dalla questione chiave per l’elettorato del centrosinistra e, tuttavia, mai risolta in quasi 20 anni dallo stesso centrosinistra. Cioè Silvio Berlusconi. La sua ineleggibilità e i suoi guai con la giustizia. E questo avviene nel giorno in cui il Cavaliere torna – suo malgrado – protagonista della cronaca nazionale, con il processo Ruby rinviato per il legittimo impedimento, la marcia di oltre 150 parlamentari del Pdl fino al tribunale e “l’occupazione” dello stesso Palazzo di Giustizia per qualche minuto, Alfano che chiede un incontro d’urgenza al Colle e chiama a una “emergenza democratica”. Nel mezzo un silenzio quasi totale da parte dei Democratici.
Crimi (M5S): “Voteremmo per ineleggibilità Berlusconi e per arresto”. Prima ancora delle leggi ad personam, prima ancora del conflitto d’interessi: Berlusconi è ineleggibile. Vito Crimi, capogruppo in pectore del Movimento Cinque Stelle al Senato, non ha dubbi: “Voteremmo per l’ineleggibilità di Berlusconi in quanto concessionario di servizio pubblico, se saremo in Giunta per le elezioni. E ci aspettiamo che anche altri votino per l’ineleggibilità, poi sia Berlusconi a fare ricorso”. Insomma: il Pd è avvisato e, si potrebbe dire, messo all’angolo. Perché il tema non solo sgombra il tavolo dal mini-programma di 8 punti (dove c’è comunque la legge sul conflitto d’interessi), ma non è certamente secondario per l’elettorato di centrosinistra. Ma il Movimento Cinque Stelle ha le idee chiare anche su una eventuale richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi. La votereste?, chiedono i giornalisti. “Mi prende in giro? – risponde Crimi – E’ una domanda retorica, la risposta è sì. Ovviamente”. E’ ancora pendente, per esempio, la richiesta di autorizzazione a procedere alla perquisizione della cassetta di sicurezza del Monte dei Paschi di Siena sequestrata dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta di Napoli sulla corruzione dell’ex senatore Sergio De Gregorio (la Procura ha peraltro chiesto il processo immediato). Il capogruppo al Senato dei Cinque Stelle torna anche sulla manifestazione dei parlamentari del Pdl al tribunale di Milano: “Dovrebbero avere maggior rispetto verso un potere dello Stato come quello giudiziario, anche se ha le sue criticità, ma attaccarlo in questo modo come fa il Pdl è indegno. Siamo arrivati anche alla visita fiscale a Berlusconi: magari sta veramente male, ma se ha qualcosa di più grave lo dica”
Napolitano incontrerà i colonnelli del Pdl per ribadire necessità di un rapporto civile tra politica e giustizia. Per ora anche il Quirinale tace. Ma il capo dello Stato nell’incontro di martedì con i rappresentanti del Popolo della Libertà ribadirà, secondo indiscrezioni, la necessità di un rapporto “civile, responsabile e costruttivo” che deve caratterizzare il dialogo tra politica e magistratura. Napolitano, che riceverà Angelino Alfano e i capigruppo del Pdl, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, aveva accolto la richiesta di un incontro in tempi brevi proprio a seguito della decisione del Pdl di annullare la manifestazione anti pm davanti al tribunale di Milano in difesa di Berlusconi. Certo è che qualcosa non è andata per il verso giusto, visto che alla fine gli eletti pidiellini hanno inscenato una protesta plateale proprio sulla scalinata del palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo, arrivando anche di fronte all’aula in cui si tiene il processo Ruby. Una scena che sicuramente non è stata apprezzata dal Colle. E domani il Colle tornerà a sollecitare una corretta dialettica tra i partiti e la magistratura
L’appello di Micromega per cacciare il Cavaliere dal Parlamento. Tutto parte dall’appello di Micromega che ha reso noto come una legge sul conflitto d’interessi esista già: si tratta della legge 361 del 1957, sistematicamente violata dalla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. Tra i primi firmatari Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli che chiedono al nuovo Parlamento che venga finalmente applicata, e Berlusconi non avrà più nessuna immunità di impunità. Spiega Micromega che nel 1994 (maggioranza di centro-destra) e nel 1996 (maggioranza di centro-sinistra, primo governo Prodi), un comitato animato da Vittorio Cimiotta (“Giustizia e libertà”) e composto da Roberto Borrello, Giuseppe Bozzi, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Galante Garrone, Ettore Gallo, Antonio Giolitti, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Enzo Marzo, Alessandro Pizzorusso, Aldo Visalberghi organizza i ricorsi dei cittadini elettori, poi respinti dalla Giunta delle elezioni della Camera, con l’unico voto in dissenso di Luigi Saraceni, che il centro-sinistra non confermerà nella Giunta del 1996. Con la motivazione che l’articolo 10 comma 1 della legge dichiara in effetti che non sono eleggibili “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica”, ma che “l’inciso ‘in proprio’ doveva intendersi ‘in nome proprio’, e quindi non applicabile all’on. Berlusconi, atteso che questi non era titolare di concessioni televisive in nome proprio”.
Orlando (Pd): “Scarso senso delle istituzioni”. Tutto questo avviene nel silenzio quasi totale con l’unico esponendo del Pd, Andrea Orlando, responsabile giustizia del Partito Democratico, che rilascia una dichiarazione di poche battute: “Il Pdl manifesta ancora una volta uno scarso senso delle istituzioni”, ha detto, “è l’incapacità di accettare un dato fondante della democrazia: ogni cittadino è uguale di fronte alla legge”. Nichi Vendola ha invece definito la manifestazione “un assedio eversivo allo stato di diritto” ed è un’immagine “terribile di un Paese che va a picco”. “Le manifestazioni all’interno dei tribunali – conclude – sono episodi intollerabili e la riacutizzazione dello scontro tra politica e giustizia rischia di portare il Paese allo sfascio”.