“L’Italia in pratica è già fuori dall’Euro”, “Siamo la rivoluzione francese ma senza ghigliottina”, “I paesi del nord Europa ci lasceranno cadere come una patata bollente”, “Tra quindici giorni nessuno parlerà più di Bersani”. L’intervista a Beppe Grillo pubblicata oggi dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt è piena di titoli ad effetto, già confezionati. Le agenzie e i giornali ringraziano e rilanciano.
Ma nell’intervista c’è molto di più. Un Grillo più istituzionale, conciliante e pragmatico che cerca di placare le preoccupazioni d’oltralpe e loda la Germania e i tedeschi. Vediamo cosa ha detto, cercando di valutare dichiarazione per dichiarazione, senza dare alcuna fiducia, ma votando a favore di tutto quello che si può condividere.
M5S garante della democrazia
“L’Europa deve avere paura del Movimento 5 Stelle?”, chiede la corrispondente del quotidiano in Italia Katharina Kort. “No, nessuna paura. Anzi, l’Europa dovrebbe essere contenta che ci siamo noi. Provate a guardare cosa succede in Grecia con Alba Dorata. Il nostro movimento sta facendo un grosso favore alla democrazia”, spiega Grillo.
Un tema già sviscerato, con altre conclusioni, anche dall’analisi di Wu Ming.
E’ vero che volete uscire dall’euro?
“Una cosa del genere non la decidiamo da soli”, spiega Grillo. “Vorrei fare un referendum online sull’euro, ma anche sulla direttiva Bolkestein, sul trattato di Lisbona, su tutti temi riguardo ai quali la nostra costituzione non è stata tenuta in considerazione”.
La prospettiva si allarga, non è solo euro sì o euro no, ma quale Europa vogliamo. Questo il vero problema. Una volta usciti dal polverone mediatico del “Grillo contro la moneta unica”, si può ragionare. Chi non è d’accordo sul fatto che l’attuale progetto europeo sia da rivedere, magari con tempi più rapidi e una più decisa volontà politica?
Siete sulla stessa lunghezza d’onda del partito anti-euro in Germania?
“Non so cosa dicono. Ma de facto l’Italia è già fuori dall’euro. Il paese è a terra. I paesi del nordeuropea ci tengono fintanto che gli investimenti delle loro banche nei nostri titoli di Stato non saranno stati recuperati. Poi ci lasceranno cadere come una patata bollente”.
In Germania c’è un partito anti-euro. Si chiama “Freie Wähler” (liberi elettori). Composto da transfughi della CDU-CSU, industriali e da uno dei 25 nipoti di Adenauer. Sono degli sfigati e nessuno se li calcola. Grillo non sa cosa dicono e la cosa non può che tranquillizzarci. M5S non è un movimento contro l’euro.
Che ne pensa della decisione di Fitch?
Chi è Fitch? Noi stiamo pensando ad azioni legali contro Fitch. I partiti e i media italiani usano Fitch per darci la colpa dei problemi che hanno creato loro. Ma guardate come reagiscono in modo tranquillo i mercati: non abbiamo un Papa e nemmeno un governo e lo spread rimane tranquillo. Rimane ai livelli di prima, prima della decisione di Fitch.
Infatti. Chi è Fitch? Che autorità ha la terza sorella del rating? Per metà in mano a un nobile finanziere francese che, per gli amanti del genere, ama frequentare i salotti della Bilderberg. Fitch ha sanzionato l’Italia del dopo voto con il suo rating che si allinea a Moody’s e Standard & Poor’s, che ci avevano pensato prima, molto prima. Fitch arriva in ritardo e non porta nemmeno la giustificazione. Aggiungerei: chi sono Standard & Poor’s e Moody’s? E che credibilità hanno dopo aver toppato disastrosamente su Lehman Brothers e i subprime?
Voi però ostacolate la formazione di un governo
Non la ostacoliamo. Noi andiamo avanti. Decideremo legge per legge se voteremo a favore o no. Ma non daremo un voto di fiducia ai partiti.
Qui non se ne esce. Per decidere legge per legge bisogna prima che un governo abbia la fiducia. Forse può esserci la fiducia a un governo tecnico, come hanno fatto intuire le dichiarazioni di Casaleggio e Crimi. Un governo dove i tecnici sono per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Non solo a parole. Ci può stare? Forse è ora di parlarne seriamente, perché il tempo stringe, il paese soffre e nuove elezioni potrebbero costare al M5S in termini di consensi e al paese in termini di soldi gettati al vento.
In cosa siete diversi dagli altri?
Noi siamo onesti, non rubiamo. I nostri parlamentari sono più giovani degli altri. Il 90 per cento di loro hanno una laurea, la metà sono donne. Politici che non rubano. E’ un sogno per gli italiani.
Su questo milioni di elettori vi hanno dato fiducia. Ora però dimostratelo con i fatti: nelle commissioni parlamentari, nel noioso ma fondamentale lavoro di tutti i giorni.
Come sarebbe la vostra politica economica?
Prima di tutto avremmo bisogno di un piano d’emergenza. Dobbiamo aiutare i disoccupati e le piccole e medie imprese. Con un sostegno ai disoccupati ma anche con agevolazioni fiscali per quelle imprese che investono in ricerca o danno lavoro ai giovani sotto i 35 anni.
Sacrosanto.
Come finanzierete il piano?
Riducendo i costi della politica. Ritirandoci dall’Afghanistan, che costa da solo un miliardo di euro. Tassando i videopoker, tagliando circa un miliardo di contributi statali ai giornali. Accorpando i comuni, cancellando le province, riducendo le pensioni dei parlamentari e di chi percepisce più di 10.000 euro al mese. Noi paghiamo 13 miliardi all’anno per queste pensioni d’oro. Per questo hanno paura di noi. Perché attacchiamo i privilegi. E pubblicheremo tutto su internet!
Bene, benissimo. Quanti disoccupati riusciremo a sostenere con questi tagli e quante agevolazioni fiscali riusciremo a dare alle imprese? La direzione è giusta, ma servono numeri più precisi.
Volete ridurre anche i compensi dei manager?
Sì, i top manager non dovrebbero guadagnare più di dodici volte rispetto ai loro lavoratori. E sulle remunerazioni dovrebbero poter decidere anche i piccoli azionisti, non solo qualche commissione interna.
I piccoli azionisti in realtà possono già decidere. Dalla stagione assembleare 2012 anche in Italia vige la regola del “say on pay” grazie alla delibera Consob n. 18049 del 23 dicembre 2011. Gli azionisti possono dire la loro sulle paghe dei manager in assemblea. E’ un voto consultivo, ma se si è in tanti a votare contro si può fare pressione. L’anno scorso per conto della Fondazione Culturale Responsabilità Etica ho votato contro i piani di remunerazione di Eni ed Enel e ho fatto domande precise sul piano agli amministratori delegati e ai consiglieri di amministrazione. Anche altri azionisti hanno votato contro. Ma eravamo in quattro gatti. Perché non ci facciamo sentire con più decisione? Basta comprare anche una sola azione, pochi giorni prima delle assemblee.
Si considererebbe anti-europeo?
Ho solo detto che abbiamo bisogno di un piano B. Dobbiamo domandarci: cos’è diventata l’Europa? Perché non abbiamo una politica fiscale comune, una politica comune sull’immigrazione? Perché si è arricchita solo la Germania?
Conferma quanto detto sopra. La frecciatina alla Germania viene compensata dalle dichiarazioni successive.
E l’Italia?
L’Italia non crescerà nei prossimi 5-10 anni. Dobbiamo ripensare completamente l’approccio che abbiamo. Per questo parliamo di sviluppo e non di crescita. E lì mi ispiro anche a voi tedeschi: dal sociologo Wolfgang Sachs del Wuppertal Institut. Anche in altri settori la Germania è un esempio per noi.
Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institut. I primi a parlare con cognizione di causa di sostenibilità ambientale e sviluppo in Europa. Ecco, uno uno con il profilo di Sachs andrebbe benissimo al ministero dell’ambiente o dello sviluppo economico. Parliamone.
In che modo la Germania è un esempio?
La Germania ha aumentato di dodici volte il proprio prodotto interno lordo negli ultimi decenni. Ma oggi i tedeschi nel complesso non lavorano più ore, anche se la popolazione è notevolmente aumentata. Questo dipende dalla produttività, che è importante. Anche noi dobbiamo migliorarla, farla crescere. E si può fare solo con lo sviluppo.
Modello tedesco, quindi. Anche per l’Italia. A partire dalla riforma del mercato del lavoro alla Schröder di cui sta beneficiando il governo Merkel? O una riforma della formazione sul modello tedesco dell’Ausbildung? Parliamone. Valutiamo, caso per caso. Ma facciamolo, please, in parlamento, con un governo.
Che ruolo giocano le energie alternative?
E’ un punto centrale del nostro programma. E anche qui prendiamo ad esempio i tedeschi. E siamo inoltre in contatto con lo studioso e scrittore americano Jeremy Rifkin. Anche per l’energia vogliamo puntare sulla rete. I singoli produttori privati di energia dovrebbero vendere l’energia che producono in eccesso (con i pannelli solari sui propri tetti) alla rete.
Qui si sfondano porte apertissime. Produzione decentrata contro il modello Enel (che proprio oggi pubblica i dati sull’utile 2012 in calo del 79%, ma per l’impresa è colpa del “contesto economico sfavorevole”, non di un modello di produzione dell’energia obsoleto).
L’Italia ce la può ancora fare?
Credo che sia possibile un nuovo inizio per questo paese. Abbiamo imprenditori e ingegneri che il mondo ci invidia. I nostri ricercatori sono in tutto il mondo. Voglio che tornino indietro, così che il nostro paese abbia di nuovo speranza. E questa speranza siamo noi.
Una chiusa ottimista, con una visione chiara e un tono pacato, senza insulti. Ripartiamo da qui.
Mauro Meggiolaro
Giornalista
Politica - 13 Marzo 2013
Grillo, cosa ha detto veramente al quotidiano tedesco Handelsblatt
“L’Italia in pratica è già fuori dall’Euro”, “Siamo la rivoluzione francese ma senza ghigliottina”, “I paesi del nord Europa ci lasceranno cadere come una patata bollente”, “Tra quindici giorni nessuno parlerà più di Bersani”. L’intervista a Beppe Grillo pubblicata oggi dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt è piena di titoli ad effetto, già confezionati. Le agenzie e i giornali ringraziano e rilanciano.
Ma nell’intervista c’è molto di più. Un Grillo più istituzionale, conciliante e pragmatico che cerca di placare le preoccupazioni d’oltralpe e loda la Germania e i tedeschi. Vediamo cosa ha detto, cercando di valutare dichiarazione per dichiarazione, senza dare alcuna fiducia, ma votando a favore di tutto quello che si può condividere.
M5S garante della democrazia
“L’Europa deve avere paura del Movimento 5 Stelle?”, chiede la corrispondente del quotidiano in Italia Katharina Kort. “No, nessuna paura. Anzi, l’Europa dovrebbe essere contenta che ci siamo noi. Provate a guardare cosa succede in Grecia con Alba Dorata. Il nostro movimento sta facendo un grosso favore alla democrazia”, spiega Grillo.
Un tema già sviscerato, con altre conclusioni, anche dall’analisi di Wu Ming.
E’ vero che volete uscire dall’euro?
“Una cosa del genere non la decidiamo da soli”, spiega Grillo. “Vorrei fare un referendum online sull’euro, ma anche sulla direttiva Bolkestein, sul trattato di Lisbona, su tutti temi riguardo ai quali la nostra costituzione non è stata tenuta in considerazione”.
La prospettiva si allarga, non è solo euro sì o euro no, ma quale Europa vogliamo. Questo il vero problema. Una volta usciti dal polverone mediatico del “Grillo contro la moneta unica”, si può ragionare. Chi non è d’accordo sul fatto che l’attuale progetto europeo sia da rivedere, magari con tempi più rapidi e una più decisa volontà politica?
Siete sulla stessa lunghezza d’onda del partito anti-euro in Germania?
“Non so cosa dicono. Ma de facto l’Italia è già fuori dall’euro. Il paese è a terra. I paesi del nordeuropea ci tengono fintanto che gli investimenti delle loro banche nei nostri titoli di Stato non saranno stati recuperati. Poi ci lasceranno cadere come una patata bollente”.
In Germania c’è un partito anti-euro. Si chiama “Freie Wähler” (liberi elettori). Composto da transfughi della CDU-CSU, industriali e da uno dei 25 nipoti di Adenauer. Sono degli sfigati e nessuno se li calcola. Grillo non sa cosa dicono e la cosa non può che tranquillizzarci. M5S non è un movimento contro l’euro.
Che ne pensa della decisione di Fitch?
Chi è Fitch? Noi stiamo pensando ad azioni legali contro Fitch. I partiti e i media italiani usano Fitch per darci la colpa dei problemi che hanno creato loro. Ma guardate come reagiscono in modo tranquillo i mercati: non abbiamo un Papa e nemmeno un governo e lo spread rimane tranquillo. Rimane ai livelli di prima, prima della decisione di Fitch.
Infatti. Chi è Fitch? Che autorità ha la terza sorella del rating? Per metà in mano a un nobile finanziere francese che, per gli amanti del genere, ama frequentare i salotti della Bilderberg. Fitch ha sanzionato l’Italia del dopo voto con il suo rating che si allinea a Moody’s e Standard & Poor’s, che ci avevano pensato prima, molto prima. Fitch arriva in ritardo e non porta nemmeno la giustificazione. Aggiungerei: chi sono Standard & Poor’s e Moody’s? E che credibilità hanno dopo aver toppato disastrosamente su Lehman Brothers e i subprime?
Voi però ostacolate la formazione di un governo
Non la ostacoliamo. Noi andiamo avanti. Decideremo legge per legge se voteremo a favore o no. Ma non daremo un voto di fiducia ai partiti.
Qui non se ne esce. Per decidere legge per legge bisogna prima che un governo abbia la fiducia. Forse può esserci la fiducia a un governo tecnico, come hanno fatto intuire le dichiarazioni di Casaleggio e Crimi. Un governo dove i tecnici sono per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Non solo a parole. Ci può stare? Forse è ora di parlarne seriamente, perché il tempo stringe, il paese soffre e nuove elezioni potrebbero costare al M5S in termini di consensi e al paese in termini di soldi gettati al vento.
In cosa siete diversi dagli altri?
Noi siamo onesti, non rubiamo. I nostri parlamentari sono più giovani degli altri. Il 90 per cento di loro hanno una laurea, la metà sono donne. Politici che non rubano. E’ un sogno per gli italiani.
Su questo milioni di elettori vi hanno dato fiducia. Ora però dimostratelo con i fatti: nelle commissioni parlamentari, nel noioso ma fondamentale lavoro di tutti i giorni.
Come sarebbe la vostra politica economica?
Prima di tutto avremmo bisogno di un piano d’emergenza. Dobbiamo aiutare i disoccupati e le piccole e medie imprese. Con un sostegno ai disoccupati ma anche con agevolazioni fiscali per quelle imprese che investono in ricerca o danno lavoro ai giovani sotto i 35 anni.
Sacrosanto.
Come finanzierete il piano?
Riducendo i costi della politica. Ritirandoci dall’Afghanistan, che costa da solo un miliardo di euro. Tassando i videopoker, tagliando circa un miliardo di contributi statali ai giornali. Accorpando i comuni, cancellando le province, riducendo le pensioni dei parlamentari e di chi percepisce più di 10.000 euro al mese. Noi paghiamo 13 miliardi all’anno per queste pensioni d’oro. Per questo hanno paura di noi. Perché attacchiamo i privilegi. E pubblicheremo tutto su internet!
Bene, benissimo. Quanti disoccupati riusciremo a sostenere con questi tagli e quante agevolazioni fiscali riusciremo a dare alle imprese? La direzione è giusta, ma servono numeri più precisi.
Volete ridurre anche i compensi dei manager?
Sì, i top manager non dovrebbero guadagnare più di dodici volte rispetto ai loro lavoratori. E sulle remunerazioni dovrebbero poter decidere anche i piccoli azionisti, non solo qualche commissione interna.
I piccoli azionisti in realtà possono già decidere. Dalla stagione assembleare 2012 anche in Italia vige la regola del “say on pay” grazie alla delibera Consob n. 18049 del 23 dicembre 2011. Gli azionisti possono dire la loro sulle paghe dei manager in assemblea. E’ un voto consultivo, ma se si è in tanti a votare contro si può fare pressione. L’anno scorso per conto della Fondazione Culturale Responsabilità Etica ho votato contro i piani di remunerazione di Eni ed Enel e ho fatto domande precise sul piano agli amministratori delegati e ai consiglieri di amministrazione. Anche altri azionisti hanno votato contro. Ma eravamo in quattro gatti. Perché non ci facciamo sentire con più decisione? Basta comprare anche una sola azione, pochi giorni prima delle assemblee.
Si considererebbe anti-europeo?
Ho solo detto che abbiamo bisogno di un piano B. Dobbiamo domandarci: cos’è diventata l’Europa? Perché non abbiamo una politica fiscale comune, una politica comune sull’immigrazione? Perché si è arricchita solo la Germania?
Conferma quanto detto sopra. La frecciatina alla Germania viene compensata dalle dichiarazioni successive.
E l’Italia?
L’Italia non crescerà nei prossimi 5-10 anni. Dobbiamo ripensare completamente l’approccio che abbiamo. Per questo parliamo di sviluppo e non di crescita. E lì mi ispiro anche a voi tedeschi: dal sociologo Wolfgang Sachs del Wuppertal Institut. Anche in altri settori la Germania è un esempio per noi.
Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institut. I primi a parlare con cognizione di causa di sostenibilità ambientale e sviluppo in Europa. Ecco, uno uno con il profilo di Sachs andrebbe benissimo al ministero dell’ambiente o dello sviluppo economico. Parliamone.
In che modo la Germania è un esempio?
La Germania ha aumentato di dodici volte il proprio prodotto interno lordo negli ultimi decenni. Ma oggi i tedeschi nel complesso non lavorano più ore, anche se la popolazione è notevolmente aumentata. Questo dipende dalla produttività, che è importante. Anche noi dobbiamo migliorarla, farla crescere. E si può fare solo con lo sviluppo.
Modello tedesco, quindi. Anche per l’Italia. A partire dalla riforma del mercato del lavoro alla Schröder di cui sta beneficiando il governo Merkel? O una riforma della formazione sul modello tedesco dell’Ausbildung? Parliamone. Valutiamo, caso per caso. Ma facciamolo, please, in parlamento, con un governo.
Che ruolo giocano le energie alternative?
E’ un punto centrale del nostro programma. E anche qui prendiamo ad esempio i tedeschi. E siamo inoltre in contatto con lo studioso e scrittore americano Jeremy Rifkin. Anche per l’energia vogliamo puntare sulla rete. I singoli produttori privati di energia dovrebbero vendere l’energia che producono in eccesso (con i pannelli solari sui propri tetti) alla rete.
Qui si sfondano porte apertissime. Produzione decentrata contro il modello Enel (che proprio oggi pubblica i dati sull’utile 2012 in calo del 79%, ma per l’impresa è colpa del “contesto economico sfavorevole”, non di un modello di produzione dell’energia obsoleto).
L’Italia ce la può ancora fare?
Credo che sia possibile un nuovo inizio per questo paese. Abbiamo imprenditori e ingegneri che il mondo ci invidia. I nostri ricercatori sono in tutto il mondo. Voglio che tornino indietro, così che il nostro paese abbia di nuovo speranza. E questa speranza siamo noi.
Una chiusa ottimista, con una visione chiara e un tono pacato, senza insulti. Ripartiamo da qui.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Gaza, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - "Il rapporto delle Nazioni Unite sugli atti di genocidio contro il popolo palestinese conferma ciò che è accaduto sul terreno: un genocidio e la violazione di tutti i principi umanitari e legali". Lo ha detto all'Afp il portavoce del movimento islamico, Hazem Qassem.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Premio Film Impresa è pronto a tornare per il terzo anno consecutivo. La conferenza stampa di presentazione avrà luogo il 17 marzo, alle 11, alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese. Il Premio - la cui terza edizione si terrà il 9, 10 e 11 aprile sempre alla Casa del Cinema - è un’iniziativa ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria. Divenuto ormai un vero hub culturale e luogo d’incontro di riferimento, il Premio ha l’obiettivo di valorizzare, esaltare e comunicare i valori dell’impresa e delle persone che vi lavorano. Creatività, visione, coraggio, tradizione, appartenenza al territorio, innovazione e sostenibilità sono i protagonisti dei prodotti audiovisivi, dei cortometraggi e dei mediometraggi candidati che saranno selezionati da una giuria presieduta quest’anno da Caterina Caselli.
Alla conferenza stampa di lancio, che annuncerà i nomi di tutti i componenti della giuria e anche il dettaglio del programma degli eventi del Pfi, prenderanno parte il presidente del Premio Film Impresa Giampaolo Letta, il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo, il direttore artistico del Premio Mario Sesti e la presidente di Giuria Caterina Caselli.
Parteciperanno inoltre i rappresentanti delle aziende partner, e interverrà anche Lorenza Lei, responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. La terza edizione del Premio Film Impresa si avvale del patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale e Rai Teche, e della collaborazione di Confindustria, Anica, Una e Fondazione Cinema per Roma. L'iniziativa è realizzata in partnership con Almaviva, Edison Next, Umana e UniCredit, e con il supporto tecnico di Spencer & Lewis, D-Hub Studios, Ega e Tecnoconference Europe. Media partner dell'evento sono Il Messaggero, Prima Comunicazione e Adnkronos.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano afferma di aver colpito un "centro di comando appartenente alla Jihad islamica palestinese" a Damasco. L'attacco dimostra che Israele "non permetterà che la Siria diventi una minaccia per lo Stato di Israele", ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, aggiungendo che nella lotta "al terrorismo islamico contro Israele, non sarà dispensato né Damasco né altri".