“L’Italia in pratica è già fuori dall’Euro”, “Siamo la rivoluzione francese ma senza ghigliottina”, “I paesi del nord Europa ci lasceranno cadere come una patata bollente”, “Tra quindici giorni nessuno parlerà più di Bersani”. L’intervista a Beppe Grillo pubblicata oggi dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt è piena di titoli ad effetto, già confezionati. Le agenzie e i giornali ringraziano e rilanciano.
Ma nell’intervista c’è molto di più. Un Grillo più istituzionale, conciliante e pragmatico che cerca di placare le preoccupazioni d’oltralpe e loda la Germania e i tedeschi. Vediamo cosa ha detto, cercando di valutare dichiarazione per dichiarazione, senza dare alcuna fiducia, ma votando a favore di tutto quello che si può condividere.

M5S garante della democrazia
“L’Europa deve avere paura del Movimento 5 Stelle?”, chiede la corrispondente del quotidiano in Italia Katharina Kort. “No, nessuna paura. Anzi, l’Europa dovrebbe essere contenta che ci siamo noi. Provate a guardare cosa succede in Grecia con Alba Dorata. Il nostro movimento sta facendo un grosso favore alla democrazia”, spiega Grillo.

Un tema già sviscerato, con altre conclusioni, anche dall’analisi di Wu Ming.

E’ vero che volete uscire dall’euro?
“Una cosa del genere non la decidiamo da soli”, spiega Grillo. “Vorrei fare un referendum online sull’euro, ma anche sulla direttiva Bolkestein, sul trattato di Lisbona, su tutti temi riguardo ai quali la nostra costituzione non è stata tenuta in considerazione”.

La prospettiva si allarga, non è solo euro sì o euro no, ma quale Europa vogliamo. Questo il vero problema. Una volta usciti dal polverone mediatico del “Grillo contro la moneta unica”, si può ragionare. Chi non è d’accordo sul fatto che l’attuale progetto europeo sia da rivedere, magari con tempi più rapidi e una più decisa volontà politica?

Siete sulla stessa lunghezza d’onda del partito anti-euro in Germania?
“Non so cosa dicono. Ma de facto l’Italia è già fuori dall’euro. Il paese è a terra. I paesi del nordeuropea ci tengono fintanto che gli investimenti delle loro banche nei nostri titoli di Stato non saranno stati recuperati. Poi ci lasceranno cadere come una patata bollente”.

In Germania c’è un partito anti-euro. Si chiama “Freie Wähler” (liberi elettori). Composto da transfughi della CDU-CSU, industriali e da uno dei 25 nipoti di Adenauer. Sono degli sfigati e nessuno se li calcola. Grillo non sa cosa dicono e la cosa non può che tranquillizzarci. M5S non è un movimento contro l’euro.

Che ne pensa della decisione di Fitch?
Chi è Fitch? Noi stiamo pensando ad azioni legali contro Fitch. I partiti e i media italiani usano Fitch per darci la colpa dei problemi che hanno creato loro. Ma guardate come reagiscono in modo tranquillo i mercati: non abbiamo un Papa e nemmeno un governo e lo spread rimane tranquillo. Rimane ai livelli di prima, prima della decisione di Fitch.

Infatti. Chi è Fitch? Che autorità ha la terza sorella del rating? Per metà in mano a un nobile finanziere francese che, per gli amanti del genere, ama frequentare i salotti della Bilderberg. Fitch ha sanzionato l’Italia del dopo voto con il suo rating che si allinea a Moody’s e Standard & Poor’s, che ci avevano pensato prima, molto prima. Fitch arriva in ritardo e non porta nemmeno la giustificazione. Aggiungerei: chi sono Standard & Poor’s e Moody’s? E che credibilità hanno dopo aver toppato disastrosamente su Lehman Brothers e i subprime?

Voi però ostacolate la formazione di un governo
Non la ostacoliamo. Noi andiamo avanti. Decideremo legge per legge se voteremo a favore o no. Ma non daremo un voto di fiducia ai partiti.

Qui non se ne esce. Per decidere legge per legge bisogna prima che un governo abbia la fiducia. Forse può esserci la fiducia a un governo tecnico, come hanno fatto intuire le dichiarazioni di Casaleggio e Crimi. Un governo dove i tecnici sono per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Non solo a parole. Ci può stare? Forse è ora di parlarne seriamente, perché il tempo stringe, il paese soffre e nuove elezioni potrebbero costare al M5S in termini di consensi e al paese in termini di soldi gettati al vento.

In cosa siete diversi dagli altri?
Noi siamo onesti, non rubiamo. I nostri parlamentari sono più giovani degli altri. Il 90 per cento di loro hanno una laurea, la metà sono donne. Politici che non rubano. E’ un sogno per gli italiani.

Su questo milioni di elettori vi hanno dato fiducia. Ora però dimostratelo con i fatti: nelle commissioni parlamentari, nel noioso ma fondamentale lavoro di tutti i giorni.

Come sarebbe la vostra politica economica?
Prima di tutto avremmo bisogno di un piano d’emergenza. Dobbiamo aiutare i disoccupati e le piccole e medie imprese. Con un sostegno ai disoccupati ma anche con agevolazioni fiscali per quelle imprese che investono in ricerca o danno lavoro ai giovani sotto i 35 anni.

Sacrosanto.

Come finanzierete il piano?
Riducendo i costi della politica. Ritirandoci dall’Afghanistan, che costa da solo un miliardo di euro. Tassando i videopoker, tagliando circa un miliardo di contributi statali ai giornali. Accorpando i comuni, cancellando le province, riducendo le pensioni dei parlamentari e di chi percepisce più di 10.000 euro al mese. Noi paghiamo 13 miliardi all’anno per queste pensioni d’oro. Per questo hanno paura di noi. Perché attacchiamo i privilegi. E pubblicheremo tutto su internet!

Bene, benissimo. Quanti disoccupati riusciremo a sostenere con questi tagli e quante agevolazioni fiscali riusciremo a dare alle imprese? La direzione è giusta, ma servono numeri più precisi.

Volete ridurre anche i compensi dei manager?
Sì, i top manager non dovrebbero guadagnare più di dodici volte rispetto ai loro lavoratori. E sulle remunerazioni dovrebbero poter decidere anche i piccoli azionisti, non solo qualche commissione interna.

I piccoli azionisti in realtà possono già decidere. Dalla stagione assembleare 2012 anche in Italia vige la regola del “say on pay” grazie alla delibera Consob n. 18049 del 23 dicembre 2011. Gli azionisti possono dire la loro sulle paghe dei manager in assemblea. E’ un voto consultivo, ma se si è in tanti a votare contro si può fare pressione. L’anno scorso per conto della Fondazione Culturale Responsabilità Etica ho votato contro i piani di remunerazione di Eni ed Enel e ho fatto domande precise sul piano agli amministratori delegati e ai consiglieri di amministrazione. Anche altri azionisti hanno votato contro. Ma eravamo in quattro gatti. Perché non ci facciamo sentire con più decisione? Basta comprare anche una sola azione, pochi giorni prima delle assemblee.

Si considererebbe anti-europeo?
Ho solo detto che abbiamo bisogno di un piano B. Dobbiamo domandarci: cos’è diventata l’Europa? Perché non abbiamo una politica fiscale comune, una politica comune sull’immigrazione? Perché si è arricchita solo la Germania?

Conferma quanto detto sopra. La frecciatina alla Germania viene compensata dalle dichiarazioni successive.

E l’Italia?
L’Italia non crescerà nei prossimi 5-10 anni. Dobbiamo ripensare completamente l’approccio che abbiamo. Per questo parliamo di sviluppo e non di crescita. E lì mi ispiro anche a voi tedeschi: dal sociologo Wolfgang Sachs del Wuppertal Institut. Anche in altri settori la Germania è un esempio per noi.

Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institut. I primi a parlare con cognizione di causa di sostenibilità ambientale e sviluppo in Europa. Ecco, uno uno con il profilo di Sachs andrebbe benissimo al ministero dell’ambiente o dello sviluppo economico. Parliamone.

In che modo la Germania è un esempio?
La Germania ha aumentato di dodici volte il proprio prodotto interno lordo negli ultimi decenni. Ma oggi i tedeschi nel complesso non lavorano più ore, anche se la popolazione è notevolmente aumentata. Questo dipende dalla produttività, che è importante. Anche noi dobbiamo migliorarla, farla crescere. E si può fare solo con lo sviluppo.

Modello tedesco, quindi. Anche per l’Italia. A partire dalla riforma del mercato del lavoro alla Schröder di cui sta beneficiando il governo Merkel? O una riforma della formazione sul modello tedesco dell’Ausbildung? Parliamone. Valutiamo, caso per caso. Ma facciamolo, please, in parlamento, con un governo.

Che ruolo giocano le energie alternative?
E’ un punto centrale del nostro programma. E anche qui prendiamo ad esempio i tedeschi. E siamo inoltre in contatto con lo studioso e scrittore americano Jeremy Rifkin. Anche per l’energia vogliamo puntare sulla rete. I singoli produttori privati di energia dovrebbero vendere l’energia che producono in eccesso (con i pannelli solari sui propri tetti) alla rete.

Qui si sfondano porte apertissime. Produzione decentrata contro il modello Enel (che proprio oggi pubblica i dati sull’utile 2012 in calo del 79%, ma per l’impresa è colpa del “contesto economico sfavorevole”, non di un modello di produzione dell’energia obsoleto).

L’Italia ce la può ancora fare?
Credo che sia possibile un nuovo inizio per questo paese. Abbiamo imprenditori e ingegneri che il mondo ci invidia. I nostri ricercatori sono in tutto il mondo. Voglio che tornino indietro, così che il nostro paese abbia di nuovo speranza. E questa speranza siamo noi.

Una chiusa ottimista, con una visione chiara e un tono pacato, senza insulti. Ripartiamo da qui.

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