Paolo Carfì è membro togato del Consiglio superiore della magistratura. Da giudice ha presieduto a Milano il collegio del processo Imi Sir-Lodo Mondadori. È amareggiato, alcuni passaggi del comunicato del presidente Giorgio Napolitano non gli sono andati giù.
“A livello personale sono deluso: non condivido il richiamo al rispetto reciproco perché è la magistratura che non viene rispettata. Né, personalmente, trovo condivisibile l’aver messo sullo stesso piano le condotte di coloro che hanno invaso il Palazzo di Giustizia di Milano e la conduzione corretta dei processi da parte dei magistrati. Non c’è stata alcuna contrapposizione ma una manifestazione che lo stesso presidente Napolitano ritiene senza precedenti”.
Lei come la descrive?
È veramente un fatto senza precedenti: una forza politica al completo invade il Palazzo di Giustizia di Milano con un processo in corso. Assistiamo, dopo le elezioni, a una escalation senza fine a danno della dignità della funzione giurisdizionale. I magistrati hanno il diritto e il dovere di poter svolgere il loro compito in piena autonomia. Atti come quelli commessi a Milano sono finalizzati proprio a ledere quella autonomia e indipendenza posta a garanzia di tutti i cittadini.
Il capo dello Stato ha chiesto che non ci siano “interferenze tra le vicende processuali e le vicende politiche”. Cosa ne pensa?
Il calendario dei processi spetta ai magistrati e c’è pure stata la sospensione elettorale . Dal 1994, tra leggi ad personam e prescrizione, si fa una gran fatica a celebrare i processi al presidente Berlusconi.
Il comunicato firmato dai consiglieri togati del Csm e dai laici di centrosinistra è una presa di distanza dal documento del Quirinale?
Ma no. Su spinta di noi consiglieri di Area, con l’adesione di tutti gli altri, a eccezione dei laici del Pdl, abbiamo voluto esplicitare che l’applicazione della legge spetta ai magistrati e quelli di Milano e di Napoli l’hanno applicata con rigore. Ho sentito dire, anche da esponenti politici di rilievo, che aver disposto la visita fiscale è una violazione di legge. In realtà, è un atto ordinario applicato dai giudici ogniqualvolta si debba verificare se un legittimo impedimento sia, o meno, assoluto.
Da Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2013